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Il personaggio

Zingaretti s'è svegliato e detta l'agenda a Conte: dal Mes ai decreti sicurezza

Il segretario del Pd commenta le regionali e manda messaggi al premier: basta pigrizia. Ma sul rimpasto fa un passo indietro. Il congresso? Non se ne parla

Simone Canettieri

Conferenza stampa fiume al Nazareno con Orlando che attacca Di Maio sul taglio degli stipendi: "Luigi aggiorni il suo repertorio"

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"Ora basta pigrizia”. Nicola Zingaretti ripete il concetto più e più volte. Accade nel corso di una conferenza stampa lunghissima in cui si concede a una raffica di domande sull’universo mondo (“E che ne pensa del caso Suàrez?”).  Il segretario detta l’agenda del governo, del Pd, del M5s, a proposito di alleanze. “Basta con la pigrizia”.

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"Ora basta pigrizia”. Nicola Zingaretti ripete il concetto più e più volte. Accade nel corso di una conferenza stampa lunghissima in cui si concede a una raffica di domande sull’universo mondo (“E che ne pensa del caso Suàrez?”).  Il segretario detta l’agenda del governo, del Pd, del M5s, a proposito di alleanze. “Basta con la pigrizia”.

E allora  si potrebbe pensare che stia suonando la sveglia a un ipotetico club degli addormentati, degli apatici, degli indolenti: Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, i ministri pd? Ma forse ce l’ha anche con se stesso. Insomma, s’è svejato. Un po’ Marchese del Grillo, un po’ MaZinga.  

Il segretario è ringalluzzito: non ha perso le regionali perché ha retto, e vinto, in Toscana e in Puglia e alla fine s’è schierato sulla metà giusta del referendum. Pur preservando le minoranze etniche e i vecchi capitribù che hanno fatto il tifo per il No. “Segno che nel Pd si può discutere e ci può essere il confronto”. Niente caserma. E’ dunque il giorno dell’orgoglio e dei muscoli al Nazareno. Ma senza mostrare troppo i denti. Perché la parte del poliziotto cattivo spetta ad Andrea Orlando, che si alza e si abbassa la mascherina solo per menar fendenti. Tipo quello su Di Maio che propone, dopo aver rivendicato il taglio dei parlamentari, anche la riduzione degli onorevoli stipendi. “La retorica dell’anticasta incomincia a stufare e Di Maio dovrebbe se non rinnovare, almeno integrare il repertorio”, sillaba il vicesegretario prima di tornare a coprirsi la bocca. 
Ma è Zingaretti, con il suo appello antipigrizia, il protagonista. Con una lista di cose da fare manda a dire a Conte che, passato lo spavento del voto, adesso deve correre e con lui tutta la squadra. L’attuale, certo. Perché “non vogliamo posti, ma vogliamo incidere”, glossa ancora Orlando, diretto e senza balbettii. “E comunque spetta al presidente qualsiasi tipo di valutazione”, aggiunge Zingaretti. 
Da dove si comincia? “Da un patto per le riforme: una nuova agenda nel nome del fare e della concretezza”. E dunque: superamento del bicameralismo paritario, legge elettorale, sistema delle autonomie locali. Senza cincischiare, ma belli spediti.  Fin qui la cornice. Poi c’è il succo:  rilancio dell’agenda di governo, idee chiare sul Recovery fund, ma anche sul Mes “affinché l’Italia abbia la migliore sanità del mondo e non si tratta di aver posizioni ideologiche”. Visto che il Pd è vivo e lotta insieme a Conte, ci sarebbero anche i decreti sicurezza di Salvini. “Che vanno approvati, perché quelli dell’ex ministro non si occupavano di sicurezza”. E dunque, dice ancora Zingaretti, al primo Consiglio dei ministri utile si può, anzi si deve procedere. Nel giorno della scossa ci sono segnali per tutti: anche per il suggestivo ritorno di Matteo Renzi, evocato da Stefano Bonaccini. “Ormai il vaso non c’è più, inutile cercarlo”, dice ancora il segretario. Che non ne vuole sapere di convocare un congresso, nemmeno a tesi, ma aprirà una stagione di tavoli tematici “sul ruolo dei democratici nella società”.  Ecco, il finale non è proprio rock.

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