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Addio a Peppino Caldarola, critico intransigente e compagno di battaglie

Sergio Soave

Vicedirettore di Rinascita, direttore dell'Unità, ha a lungo collaboratore con Il Riformista di Macaluso. L'idiosincrasia per i tic della sinistra lo ha sempre accompagnato nel suo percorso politico, così come la ricerca costante di un rapporto forte con la realtà. Oggi il Foglio perde un amico 

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E’ mancato al Policlinico Umberto I di Roma, dopo una breve malattia, Peppino Caldarola, giornalista e uomo politico di sinistra. Peppino aveva una personalità spiccata, pensava con la sua testa e non si tirava indietro quando riteneva necessario dare battaglia anche all’interno dei partiti in cui militava. Da giovane era un socialista di sinistra, ben presto entrò nel Pci. E’ stato a lungo vicedirettore di Rinascita, la rivista fondata da Palmiro Togliatti, e gli è stata affidata la direzione dell’Unità negli ultimi anni ’90.

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E’ mancato al Policlinico Umberto I di Roma, dopo una breve malattia, Peppino Caldarola, giornalista e uomo politico di sinistra. Peppino aveva una personalità spiccata, pensava con la sua testa e non si tirava indietro quando riteneva necessario dare battaglia anche all’interno dei partiti in cui militava. Da giovane era un socialista di sinistra, ben presto entrò nel Pci. E’ stato a lungo vicedirettore di Rinascita, la rivista fondata da Palmiro Togliatti, e gli è stata affidata la direzione dell’Unità negli ultimi anni ’90.

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Il suo rapporto con i Ds è contrastato: prima critico, aderisce quando diventa segretario Walter Veltroni, ma ne esce in polemica con l’alleanza con Antonio Di Pietro. Uno dei suoi tratti caratteristici è stata l’idiosincrasia per i tic della sinistra, dal giustizialismo all’antisionismo, il che lo ha portato a presiedere l’associazione parlamentare degli amici di Israele. Ha collaborato con Il Riformista di Emanuele Macaluso pur mantenendo una simpatia per l’estrema sinistra, che lo ha portato a sostenere la lista di Liberi e uguali nelle ultime consultazioni politiche del 2018.

 

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Il suo percorso nervoso tra le varie case della sinistra italiana è il segno di una insoddisfazione e di una intelligenza critica, che ha trovato l’espressione più precisa nel saggio del 2012, scritto insieme a Franco Giordano, dal titolo “Nostalgia canaglia. Perché la politica torni passione. Gli errori che non dobbiamo ripetere”. Ha rappresentato una personalità scomoda, nonostante il suo tratto affabile e la capacità di essere accogliente con tutti gli interlocutori.

 

Questo Foglio perde un amico, un critico intransigente in qualche caso, un appassionato compagno di strada in tante battaglie condivise. Quello che lascia è un’idea della politica nutrita di profonde convinzioni e proprio per questo capace di superarle quando i fatti e i tempi lo richiedono, non per opportunismo o adeguamento subalterno ma per una ricerca costante di un rapporto forte con la realtà, che spesso criticava ma mai era disposto a ignorare. Una lezione utile oggi più che mai.

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