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Il lunedì del M5S

La mossa di Di Maio: prendersi il referendum e lasciare tutte le grane a Crimi

Il ministro degli Esteri si intesterà il successo del sì, Dibba è pronto a ballare sulle macerie del M5S. E tutte le rogne politiche saranno dell'attuale capo politico (finché dura)

Simone Canettieri

Il dopo elezioni sarà una partita a scacchi nel Movimento. Le truppe parlamentari sono in rivolta contro Casaleggio: all'orizzonte nuove uscite dai gruppi di Camera e Senato

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Ancora una volta si candida a essere il più scaltro della compagnia, il dritto. Lunedì Luigi Di Maio è pronto a convocare una conferenza stampa-lampo sul referendum. Per brindare così in solitaria alla vittoria del sì e rivendicare la campagna chirurgica di queste settimane in giro per l’Italia. Una mossa, quella del ministro degli Esteri, che dovrebbe materializzarsi intorno alle 18. A dato consolidato.

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Ancora una volta si candida a essere il più scaltro della compagnia, il dritto. Lunedì Luigi Di Maio è pronto a convocare una conferenza stampa-lampo sul referendum. Per brindare così in solitaria alla vittoria del sì e rivendicare la campagna chirurgica di queste settimane in giro per l’Italia. Una mossa, quella del ministro degli Esteri, che dovrebbe materializzarsi intorno alle 18. A dato consolidato.

Un modo per  affermare, qualora ce ne fosse bisogno, un concetto chiaro a tutti i naviganti: “Il reuccio del M5s continuo a essere io”. E poco importa se nella tarda serata, con il favore delle tenebre, si scoprirà che il Movimento è diventato – nel migliore dei casi – una forza del 10 per cento. Di Maio già sarà scomparso dai radar. Puff. E inizierà così un altro lunedì: quello di Vito Crimi, costretto a raccattare i cocci delle regionali. Con una serie di dinamiche dagli effetti imponderabili, a partire dalla Puglia. “Finché c’è Vito, c’è speranza”, è il pensiero di Speedy Di Maio.  

E così, ancora una volta, forse per l’ultima volta, il capo politico, che nella vita fa anche il viceministro dell’Interno, si troverà a camminare sui carboni ardenti. Consapevole che sì, ce l’hanno tutti con lui, anche se lui, Crimi, potrà sempre dire: “Ma non è stata tutta colpa mia”. 
In questa settimana dagli orli così irregolari, c’è anche un altro personaggio di questa commedia che studierà alla lettera le mosse da dire e fare. E’ Alessandro Di Battista: questa sera, a Bari, dopo tanto tempo tornerà nel suo habitat naturale. Piazza, palco, microfono, battute, retorica, e poi le banche e poi l’Europa. Un espediente per sostenere, in compagnia di Barbara Lezzi, la corsa spericolata (per la maggioranza) di Antonella Laricchia, la grillina che fa paura a Michele Emiliano (e al premier Giuseppe Conte) e che fa sperare, ora dopo ora, Raffaele Fitto. 
Dibba, per non scivolare su bucce di banana, in questi giorni si è fatto un giro telefonico tra i ministeri del M5s: “Se mi chiedono di Azzolina cosa devo dire? E sulla Catalfo?”.  Ansia da prestazione e precauzioni lecite dopo un’estate da bis papà alle prese più con i cocktail che con i comizi. “Ah, che nostalgia: non vedevo l’ora, ma quanti siete? Ma quanto siete bbbelli?”. 
L’appuntamento di questa sera – ore 21.30 a piazza Diaz- sarà lo squilletto di tromba prima del ritorno in campo di Di Battista. Che però, in concreto, ancora non sa bene da dove partire – quando e come – per ritornare centrale nel M5s (“Ma alle mie condizioni”). E magari, ma questo sarà un problema, confidando sulla spalla (lussata) di Davide Casaleggio, il più ammaccato del caravanserraglio. Il figlio di Gianroberto è alle prese con una pioggia di granate che continuano a cadergli sull’elmetto da tutte le parti, soprattutto dopo la lettera “da gestore dell’Enel” con la quale ha avvisato i parlamentari morosi che d’ora in poi, cari utenti, si abbasserà il voltaggio dei servizi offerti da Rousseau. Un annuncio, ma doveva essere una minaccia, da alzate di spalle generale delle truppe. E che finora ha generato, più che il ritorno tra i ranghi, l’autosospensione di tre deputati dal M5s e pure la frustata di Roberta Lombardi, la faraona che una volta gli era amica. 
I gruppi parlamentari grillini sono pronti dalla prossima settimana a usare tutte le armi possibili per agitarsi e sbattere tra di loro come mosche dentro a un bicchiere. Chi ce l’ha con Casaleggio (“Deve aprire i codici di Rousseau”); chi sarà inferocito per il mancato accordo in Puglia e nelle Marche; chi contesterà la disfatta ligure, una storia sbagliata e dunque una storia mai nata; chi contesterà nel contesto per far carriera nel modo più lesto. 
In questo scenario, senza l’ausilio di palle di vetro, le uscite e gli strappi dal gruppo saranno all’ordine del giorno. Tutto dipenderà, però, ancora una volta dalle mosse di Luigi Di Maio e da come proverà a giocare su più tavoli: incassare il referendum, lasciare a Crimi la gestione delle conseguenze delle regionali, annusare l’aria su un possibile rimpasto di governo. Negare per confermare. Il tutto con il futuro del M5s tutto da decifrare. Sicché ieri sera, nel dubbio, per la chiusura della campagna elettorale un po’ tutti i big si sono accodati dietro al titolare della Farnesina a Napoli. A partire da Paola Taverna, l’ex pasionaria, che vuole contare ed è pronta a un patto con Di Maio pur di cambiare pelle al M5s, relegando in un cantuccio Casaleggio e Di Battista. Il quale, zitto zitto, sempre ieri sera per rasserenare gli animi, ha puntato l’indice “contro gli impresentabili di Emiliano”.  Commento delle truppe grilline a Napoli: “Ma Dibba vuol far cadere il governo?”. Chi lo sa. Lunedì sarà un altro giorno per tutti. O forse no.
Simone Canettieri

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