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Il corsivo

Passeggiata spensierata tra i pazzi trasversalismi innescati dal referendum

Alleanze improbabili, foto imbarazzanti, nemici a fianco

Salvatore Merlo

Che ci fanno insieme le sardine e Silvio Berlusconi? Maria Giovanna Maglie e Walter Veltroni? Il direttore di Rep. e quello del Giornale? Il referendum sul taglio dei parlamentari quasi rivoluziona la storia degli ultimi trent’anni, fa impazzire la logica dello scontro, rimescola le carte, affratella il Caimano e quelli che un tempo così lo battezzarono, mette insieme gli scombiccherati con i compassati, gli ex manettari e gli ammanettati

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Che ci fanno insieme Silvio Berlusconi e il direttore dell’Espresso? Le sardine e Matteo Renzi? Maria Giovanna Maglie  e Walter Veltroni?

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Che ci fanno insieme Silvio Berlusconi e il direttore dell’Espresso? Le sardine e Matteo Renzi? Maria Giovanna Maglie  e Walter Veltroni?

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Com’è ormai chiaro da tempo la battaglia referendaria sta decomponendo e ricomponendo la politica e il giornalismo italiani in gruppi, insiemi e sott’insiemi dalla formula (almeno in apparenza) stordente. Al punto da poter dichiarare che il referendum sul taglio dei parlamentari quasi rivoluziona la storia degli ultimi trent’anni,  fa impazzire la logica dello scontro, rimescola le carte, affratella il Caimano e quelli che un tempo così lo battezzarono, mette insieme gli scombiccherati con i compassati, gli ex manettari e gli ammanettati. Addirittura, ieri, il prolifico Renato Brunetta si spingeva a pubblicare sui social (e senza alcuna intenzione satirica) le foto appaiate, in pratica siamesi, di Alessandro Sallusti e Maurizio Molinari, cioè del direttore del Giornale e del direttore di Repubblica. Entrambi per il No, Molinari e Sallusti, sulla stessa linea d’opinione, quasi consanguinei.  

Miscele, queste rivoluzionate dal referendum, che comunque vada a finire, sia che vinca il Sì o che prevalga il No, dal 22 settembre potrebbero anche diventare materia di studio politologico per la posterità, visto che con le decomposizioni e le ricomposizioni com’è noto si fa la storia, si chiudono i conti con il passato e si aprono nuove epoche. E allora anche il Sì mette insieme grillini e riformisti, sguaiati vaffanculotti e misurati democratici alla Paolo Gentiloni, in quella strana o forse pazza alchimia che già governa il paese (e non si sa bene se sia un composto esplosivo, sul genere della nitroglicerina, o se invece sia quel kaos germinale che i greci antichi ponevano all’inizio della creazione). Certo, osservare Mattia Santori, la sardina col cerchietto, e Luciano Nobili, il possente leader dei renziani romani, insieme, schierati per il medesimo No, fa uno strano effetto. Basta provare a immaginarseli, l’uno al fianco dell’altro, come fossero figurine dei calciatori. Forse non un’accozzaglia,  parola brutta, ma  un’ Armata Brancaleone, termine con il suo retrogusto di affetto e senza indicazione di deformità: Giancarlo Giorgetti, il Richelieu di Salvini, insieme a Gianni Cuperlo, il garbato intellettuale triestino. Insomma il primo figlio della Fgci e l’ultimo erede di Bossi.  

Gruppo, mucchio, coacervo, fritto misto e macedonia. Lo stesso effetto che ieri un po’ facevano, alla presentazione di un pamphlet a favore del No, Claudio Martelli, Marco Damilano e Simone Baldelli, cioè il delfino di Craxi, il  grande giornalista di sinistra e il più simpatico tra i deputati berlusconiani. E un po’, come capita per il Sì, anche (e forse soprattutto) nel No s’intuisce la difficoltà dello stare insieme che precipita nell’assenza di un linguaggio comune, forse a riprova che, in parte, l’effetto caravanserraglio è anche dovuto alla miriade di ragioni tutte diverse  che spingono persone incompatibili tra loro a stringersi a coorte. Per alcuni infatti il No è lo strumento per scardinare il governo, ma ad altri serve per attaccare il Pd da sinistra o addirittura dall’interno (entrismo). E persino nella Lega quelli che votano No lasciano intendere di avere o voler regolare qualche conto con Salvini che invece vota Sì, tanto che – a riprova di quanto i grandi princìpi costituzionali siano materia instabile e opinabile  – pure Giorgia Meloni è passata dal Sì al No nello spazio di un mattino. Per non citare poi la gran maggioranza dei peones parlamentari che dice di votare Sì, ma poi mormora  un No sommesso e imbarazzato,  nella speranza di prolungare per un po’ condizione, status e stile di vita.

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E allora   ecco il mondo rovesciato,  almeno per come lo abbiamo conosciuto fin qui. Il sottosopra che mette insieme fascisti e partigiani, preti e peccatori, e che sta forse capovolgendo il senso della storia degli ultimi anni, salvo che poi in realtà non si tratti solo di piccoli calcoli personali. E che insomma alla fine tutto tornerà al posto suo. 

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