PUBBLICITÁ

L'intervista

Volpi (Copasir): "Non solo gli italiani schedati, sulla Cina ci sarà un'indagine molto ampia"

L'esponente della Lega, capo del comitato che vigila sui servizi segreti parla degli interessi cinesi in Italia

Giulia Pompili

Dopo gli Zhenhua leaks il Copasir ha richiesto all'intelligence un'informativa sul dossieraggio della società cinese, ma non solo. L'attenzione è puntata anche su Difesa, aerospazio, infrastrutture, imprese (ex Ilva) e 5G

PUBBLICITÁ

Il dossieraggio à la cinese che ha coinvolto la società tech Zhenhua di Shenzhen, più che un problema tecnico o di sicurezza, è un problema politico. E' l'ennesimo tassello di una Cina ormai uscita dai suoi confini, che da anni, mentre l'occidente guardava dall'altra parte, costruiva la sua influenza. Il Comitato parlamentare per la sicurezza, l'organo del Parlamento che esercita il controllo sui servizi segreti, due giorni fa ha chiesto un'informativa al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza sul caso dei Zhenhua leaks e dei quasi cinquemila italiani schedati nel database. Entro un paio di settimane, ascoltate le altre agenzie d'intelligence, potrebbe arrivare la risposta. “Ma non c'è solo questo”, dice al Foglio il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi. “L'indagine che stiamo portando avanti sulla Cina in Italia è più ampia”. L'analisi sul 5G e le aziende di telecomunicazione cinesi risale alla presidenza precedente di Lorenzo Guerini: “Noi abbiamo continuato le audizioni, siamo arrivati a delle conclusioni e abbiamo fatto rapporto al Parlamento (nel dicembre del 2019, ndr). A fine settembre dovremmo chiudere l'altra indagine che riguarda le interferenze straniere sul sistema bancario e assicurativo: abbiamo ritenuto che ci fossero aspetti da approfondire, senza naturalmente intervenire sul mercato. Quello che faremo dopo”, spiega Volpi, “è un'altra indagine sulla sicurezza delle infrastrutture: abbiamo chiesto un breve rapporto sul porto di Taranto e sull'Ilva, e penso che già dal prossimo mese partiremo, più in generale, con la parte delle infrastrutture, le industrie e i siti strategici”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Il dossieraggio à la cinese che ha coinvolto la società tech Zhenhua di Shenzhen, più che un problema tecnico o di sicurezza, è un problema politico. E' l'ennesimo tassello di una Cina ormai uscita dai suoi confini, che da anni, mentre l'occidente guardava dall'altra parte, costruiva la sua influenza. Il Comitato parlamentare per la sicurezza, l'organo del Parlamento che esercita il controllo sui servizi segreti, due giorni fa ha chiesto un'informativa al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza sul caso dei Zhenhua leaks e dei quasi cinquemila italiani schedati nel database. Entro un paio di settimane, ascoltate le altre agenzie d'intelligence, potrebbe arrivare la risposta. “Ma non c'è solo questo”, dice al Foglio il presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi. “L'indagine che stiamo portando avanti sulla Cina in Italia è più ampia”. L'analisi sul 5G e le aziende di telecomunicazione cinesi risale alla presidenza precedente di Lorenzo Guerini: “Noi abbiamo continuato le audizioni, siamo arrivati a delle conclusioni e abbiamo fatto rapporto al Parlamento (nel dicembre del 2019, ndr). A fine settembre dovremmo chiudere l'altra indagine che riguarda le interferenze straniere sul sistema bancario e assicurativo: abbiamo ritenuto che ci fossero aspetti da approfondire, senza naturalmente intervenire sul mercato. Quello che faremo dopo”, spiega Volpi, “è un'altra indagine sulla sicurezza delle infrastrutture: abbiamo chiesto un breve rapporto sul porto di Taranto e sull'Ilva, e penso che già dal prossimo mese partiremo, più in generale, con la parte delle infrastrutture, le industrie e i siti strategici”.

PUBBLICITÁ

 

Pechino ha interessi in tutta Europa, e il database di Zhenhua, che scheda esponenti del mondo del business e della ricerca, è solo la dimostrazione di quanto questa attenzione sia particolareggiata: “Lo è. Per esempio se pensiamo al settore della Difesa e dell'aerospazio, dove sicuramente non c'è solo la Cina da tenere d'occhio”, dice Volpi. Nel 2017 l'Italia aveva firmato un accordo con Pechino per costruire una parte della Stazione spaziale cinese, accordo che è stato stralciato all'improvviso sempre alla fine dello scorso anno: “Il settore aerospaziale è in grande evoluzione, e in Italia abbiamo eccellenze non solo nel campo dell'industria ma anche in quello della ricerca. Sarà un ambito importante, centrale, in futuro, soprattutto perché molte tecnologie sono condivise a livello internazionale, con gli alleati”. Vuol dire: vendere componenti strategici che condividiamo con i nostri amici tradizionali a quelli che Volpi chiama “competitor” potrebbe essere visto come un problema. “Bisogna semplicemente usare delle cautele, e ci viene richiesto in modo palese. E' almeno da un anno che gli alleati ci dicono che il problema è serio”. Ma parliamo solo di Cina? “E' chiaro che guardando alla situazione generale, l'attore cinese è il più importante. Tendiamo a guardare solo gli aspetti più grandi e strategici, come le infrastrutture, i porti e il 5G. Ma non c'è dubbio che il proattivismo cinese non si limita a questo, ma anche a quelle aziende che apparentemente non sembrano strategiche”. Eppure già da qualche anno la Cina ha un ruolo proattivo, ­ per usare un'espressione cara alla diplomazia giapponese,­ soprattutto in Asia orientale, per non parlare dell'Africa. Non pensa che ci siamo svegliati un po' tardi? “Anche io sono stupito. Del resto si parla ben poco di politica estera, anche in Parlamento. E' un dato innegabile: manca un dibattito parlamentare, e non parlo della mezz'ora di comunicazioni dei presidenti del Consiglio. Il mondo sta cambiando velocemente e il nostro Parlamento non discute di questo”.

PUBBLICITÁ

 

Però, Volpi, nel marzo del 2019 c'era la Lega al governo quando l'Italia ha deciso di aderire al grande progetto di influenza strategica della Cina, la Via della Seta: “Non ho mai nascosto la mia divergenza per quell'accordo. Però i rapporti con la Cina non vanno negati, è un grande attore mondiale. Negli ultimi giorni mi sono accorto di una cosa: i rappresentanti cinesi in Italia non parlano più molto spesso di Via della Seta. Forse perché, è una mia idea, nella percezione mondiale è ormai avvertita come una forma di colonizzazione economica”. E Michele Geraci, l'ex sottosegretario leghista che propagandava la Via della Seta come un funzionario cinese? “L'ho visto due volte in vita mia”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ