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Migliaia di italiani schedati da Pechino

Zingaretti al Foglio: "Bisogna pretendere assoluta chiarezza e verità”

Chiamati in causa Conte e Di Maio (oltre ai nostri servizi segreti)

Salvatore Merlo

“Tutto questo sarà materia anche del prossimo Consiglio europeo”, dice il ministro degli Affari europei Enzo Amendola. “Oggi il perimetro della ‘sicurezza’ non passa più solo dalle basi missilistiche e dagli armamenti. La sicurezza passa sottoterra, dal cavi, dal digitale, dalla capacità di proteggere le informazioni”. Il Pd ha presentato un'interrogazione parlamentare. Copasir allertato

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Il Pd ha presentato un'interrogazione parlamentare, il Copasir si è allertato e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, dice al Foglio: “Bisogna pretendere assoluta chiarezza e verità”. Tocca a Conte e Di Maio battere un colpo, il giorno dopo la notizia data in esclusiva dal Foglio sul mega dossier cinese. Oltre quattromila italiani schedati: ex presidenti del Consiglio, imprenditori, vescovi, deputati e segretari di partito.

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Il Pd ha presentato un'interrogazione parlamentare, il Copasir si è allertato e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, dice al Foglio: “Bisogna pretendere assoluta chiarezza e verità”. Tocca a Conte e Di Maio battere un colpo, il giorno dopo la notizia data in esclusiva dal Foglio sul mega dossier cinese. Oltre quattromila italiani schedati: ex presidenti del Consiglio, imprenditori, vescovi, deputati e segretari di partito.

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   Al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il presidente Raffaele Volpi (Lega) ha iniziato ieri un giro di consultazioni con i membri della commissione per decidere quando riunire il comitato e quali richieste eventualmente fare ai nostri servizi segreti. La macchina parlamentare si è messa in moto. “Ci attendiamo che il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri facciano un passo ufficiale nei confronti della Cina”, racconta Enrico Borghi, capogruppo del Pd nel Copasir. “Una vicenda di questa natura non può passare sotto silenzio, perché ha in tutta evidenza un profilo di gravità piuttosto marcato. Ci sono elementi di fondatezza che in altre circostanze, apparentemente simili, non c’erano. Questa non è una bufala”. Il Copasir può attivare le agenzie di intelligence, Aisi e Aise, e può chiedere un’informativa o un’audizione dei vertici. Ma la questione del dossier cinese, che come raccontato ancora oggi in prima pagina sul Foglio rivela cosa e chi interessa ai servizi segreti di Pechino, adesso investe direttamente la presidenza del Consiglio. Eventuali azioni diplomatiche, che riguardano la sfera di competenza di Luigi Di Maio, dovrebbero in caso arrivare soltanto dopo le verifiche dei servizi. E allora: cosa farà Palazzo Chigi?   E’ al presidente Giuseppe Conte che si rivolge un’interrogazione parlamentare depositata oggi (15 settembre) dai deputati del Pd Andrea Romano e Lia Quartapelle. Lo stesso segretario del partito, Nicola Zingaretti, interrogato dal Foglio rende l’idea di una preoccupazione diffusa: “Le tecnologie della comunicazione ormai rendono possibili cose fino a qualche anno fa inimmaginabili. Il tema stesso della difesa della sicurezza nazionale è cambiato totalmente. Per questo ora l’Italia deve investire in questo campo: per essere libera, sicura e autonoma. Quando vengono fuori notizie così gravi si deve pretendere assoluta chiarezza e verità”. 


La storia raccontata dal Foglio, e da altri quotidiani internazionali, tra cui il Daily Telegraph, apre ancora una volta uno squarcio sui rapporti con la Cina e sull’importanza strategica dei dati. “Tutto questo sarà materia anche del prossimo Consiglio europeo”, dice infatti al Foglio il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola. “Si tratta di una grande questione non solo nazionale ma che riguarda l’intera Unione. Non si tratta di una guerra fredda tra Cina e Stati Uniti della quale l’Europa è uno spettatore terzo. Qua è in gioco la supremazia tecnologica. Oggi il perimetro della ‘sicurezza’ non passa più solo dalle basi missilistiche e dagli armamenti. La sicurezza passa sottoterra, dal cavi, dal digitale, dalla capacità di proteggere le informazioni”. E allora, dice Amendola: “Non ne faccio una questione anti-cinese. E’ una questione di sovranità tecnologica nazionale”. E il ministro lascia capire che, vicende come quella raccontata da Giulia Pompili sul Foglio, dovranno spingere subito il governo a misurarsi con contromisure difensive che non siano contingenti ma strutturali. “E’ stato deciso che investiremo una parte dei soldi del Recovery fund per implementare la fibra ottica”, dice Amendola. “Ebbene dovremmo anche decidere chi si occupa della sicurezza di questa rete”. Già. Chi?


Si tratta di scelte  di lungo periodo che inevitabilmente dovranno coinvolgere anche l’Unione europea. E come ben si capisce, allora, la storia del mega dossier cinese dovrà avere due tipi di reazione: una immediata e una di lungo respiro. La prima investe i servizi segreti italiani e gli apparati di sicurezza nazionale che dovranno valutare – e chissà che già non lo stiano facendo – la reale gravità della minaccia. A questo primo livello, una volta completate le verifiche, dovrebbe corrispondere una reazione diplomatica nei confronti della Cina che, a questo punto, deve riguardare il ministero degli Esteri. La seconda reazione è di tipo politico-strategico: cosa fare per mettere in sicurezza la trasmissione dei dati in futuro. “Questo caso raccontato dal Foglio”, conclude il ministro Amendola, “è la dimostrazione di quanto alcuni di noi dicono da tempo. Ovvero che la gestione dei dati non ha niente a che vedere con le questioni commerciali”. E, d’altra parte, quello che preoccupa del dossier cinese è il rapporto strettissimo che s’intuisce tra  le aziende private cinesi e lo stato cinese. Collaborazione e scambio continuo di informazioni. Già lo scorso 22 maggio, in un vertice tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il premier cinese Li Keqiana, i rappresentanti dell’Ue avevano puntato l’accento non solo sulla distanza tra sistemi politici ma anche sulla asimmetria tra le aziende europee e quelle cinesi che, non rispondono ad alcuna regola occidentale. “Credo che il nostro governo debba chiedere spiegazioni formali al governo cinese e poi prendere dei provvedimenti”, dice Emanuele Fiano, deputato e membro della segreteria del Pd. Inevitabile, in questo momento, non pensare agli  incontri riservati di Beppe Grillo con l’ambasciatore cinese a Roma, alla campagna pro Huawei nel 5G italiano. Difficile non ricordare la  retorica, alimentata dal M5s, sugli aiuti cinesi durante il periodo più difficile dell’emergenza coronavirus in Italia.

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