Le preferenze, il M5s, la politica cabaret
Il M5s propone il sistema che ha contribuito a smantellare. Risate
Ci sarà, certo, quel che i grillini vogliono far vedere che ci sia, dietro alla contrarietà di grossa parte del Pd al ritorno alle preferenze: ci sarà, cioè, una certa ansia di conservazione del gruppo dirigente dem, la voglia di far sì che sia il bilancino tra le correnti a scegliere sommersi e salvati nelle liste elettorali. Ma è ben evidente che c’è una brutale constatazione della realtà dei fatti, a sconsigliare la riesumazione delle preferenze. Perché, rispetto alla supposta epoca aurea dei candidati del territorio che l’elettore conosce e di cui l’elettore si fida, rispetto alla retorica che a quest’epoca s’accompagna, ci sono due grossi problemi di cui non si può non tenere conto, quando si parla di competizioni elettorali in questa sgangherata Terza Repubblica.
Ci sarà, certo, quel che i grillini vogliono far vedere che ci sia, dietro alla contrarietà di grossa parte del Pd al ritorno alle preferenze: ci sarà, cioè, una certa ansia di conservazione del gruppo dirigente dem, la voglia di far sì che sia il bilancino tra le correnti a scegliere sommersi e salvati nelle liste elettorali. Ma è ben evidente che c’è una brutale constatazione della realtà dei fatti, a sconsigliare la riesumazione delle preferenze. Perché, rispetto alla supposta epoca aurea dei candidati del territorio che l’elettore conosce e di cui l’elettore si fida, rispetto alla retorica che a quest’epoca s’accompagna, ci sono due grossi problemi di cui non si può non tenere conto, quando si parla di competizioni elettorali in questa sgangherata Terza Repubblica.
Il primo ha a che vedere col famigerato reato d’influenze illecite, un reato introdotto nel 2012 dalla legge Severino (governo Monti) nella velleità di estirpare la corruzione, e che s’è andato sempre più configurando come uno spettro da usare nella caccia alle streghe: un garbuglio della ragione, prima ancora che del diritto, dentro al quale ogni politico che chiede voti e promette favori, che lusinga e maneggia, insomma ogni politico che s’esercita nell’arte ambigua della politica, diventa un faccendiere, e dunque va perseguito a norma di legge. Tanto più che da quando il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito nella sbornia paragrillista che ha preso chi voleva combattere i grillini sdoganando la loro stessa propaganda, recepire risorse per finanziare campagne elettorali e rafforzare candidature spinge gli aspiranti eletti a essere ancora più spregiudicati nel rapporto coi loro elettori. E insomma non si capisce come si possa stabilire un confine di civiltà tra il necessario brigare per accaparrarsi personalmente dei voti e il conseguente commettere reato di traffico d’influenze, tra l’affaccendarsi e l’essere un faccendiere. Finché non ci sarà la ragionevole certezza di poter evitare che siano le procure a stabilire l’esito delle campagne elettorali, è meglio non esagerare nel rimpianto dei bei tempi andati. Anche se la scena dei grillini che rimpiangono le preferenze è una di quelle per cui vale la pena pagare il biglietto.