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Referendum, Macaluso ci spiega perché voterà no

Annalisa Chirico

“L’istituzione parlamentare perderà capacità di rappresentanza senza guadagnare efficienza”, dice il senatore. E per la nuova fase del Pd consiglia due nomi su cui puntare

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Roma. “Sì, l’ho letta”, risponde stringato Emanuele Macaluso quando gli chiediamo un parere sulla missiva del segretario Pd Nicola Zingaretti, pubblicata qualche giorno fa da Rep. “Non mi ha impressionato granché: contiene qualche lamentela, qualche preoccupazione, ma non indica una prospettiva per questo partito-non-partito, io lo chiamo così. Il Pd è un animale strano, non ha una struttura territorialmente diffusa, non tiene congressi, non seleziona classe dirigente. E’, al più, un partito-movimento, un’organizzazione inedita in occidente”. Alle prese con un malcontento crescente, anche interno al Pd, per l’alleanza giallorossa, Zingaretti dice: basta ipocrisie, se qualcuno reputa finita l’alleanza con il M5s indichi la strada delle elezioni. “Il segretario rivendica l’alleanza strategica con i grillini salvo poi non chiudere nessun accordo a livello regionale. Lei scorge una logica in tutto questo?”. L’alleanza strutturale è il sogno di Goffredo Bettini. “Bettini è stato un amministratore romano, ora è diventato capo ideologo…”. In che senso? “E’ romano, proprio del partito romano, non ha mai avuto un’esperienza più vasta. Adesso, quando parla lui, sembra l’oracolo di Delfi”. Senatore, sta ridendo? “Beh, mi viene un po’ da ridere, sì. Che dirle? Bettini spunta come il protettore di Zingaretti, lo considera suo figlio politico, ma queste cose affettive non costruiscono un partito. Nel Pd deve aprirsi un dibattito vero su che cos’è e che cosa dovrebbe essere questo partito. Deve scorrere il sangue della lotta politica, del confronto tra mozioni opposte, sennò si diventa anemici”. Insomma, serve il congresso. “Nei partiti veri si fanno i congressi, certo. Mi domando, per esempio, se esista e quale sia la posizione ufficiale in materia di immigrazione: che cosa si aspetta ad intervenire su quella vergogna nazionale che sono i decreti sicurezza? Lo ha chiesto persino il capo dello stato Mattarella. E che dire della riduzione del numero dei parlamentari? Un partito che vota per tre volte no e alla quarta sì non ha una linea. Zingaretti ha sottovalutato il carattere antiparlamentare dei 5 stelle che identificano il Parlamento con le poltrone. Il Pd dovrebbe essere un pungolo per far maturare questi ragazzi privi della benché minima cultura politica, invece non succede nulla”.

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Roma. “Sì, l’ho letta”, risponde stringato Emanuele Macaluso quando gli chiediamo un parere sulla missiva del segretario Pd Nicola Zingaretti, pubblicata qualche giorno fa da Rep. “Non mi ha impressionato granché: contiene qualche lamentela, qualche preoccupazione, ma non indica una prospettiva per questo partito-non-partito, io lo chiamo così. Il Pd è un animale strano, non ha una struttura territorialmente diffusa, non tiene congressi, non seleziona classe dirigente. E’, al più, un partito-movimento, un’organizzazione inedita in occidente”. Alle prese con un malcontento crescente, anche interno al Pd, per l’alleanza giallorossa, Zingaretti dice: basta ipocrisie, se qualcuno reputa finita l’alleanza con il M5s indichi la strada delle elezioni. “Il segretario rivendica l’alleanza strategica con i grillini salvo poi non chiudere nessun accordo a livello regionale. Lei scorge una logica in tutto questo?”. L’alleanza strutturale è il sogno di Goffredo Bettini. “Bettini è stato un amministratore romano, ora è diventato capo ideologo…”. In che senso? “E’ romano, proprio del partito romano, non ha mai avuto un’esperienza più vasta. Adesso, quando parla lui, sembra l’oracolo di Delfi”. Senatore, sta ridendo? “Beh, mi viene un po’ da ridere, sì. Che dirle? Bettini spunta come il protettore di Zingaretti, lo considera suo figlio politico, ma queste cose affettive non costruiscono un partito. Nel Pd deve aprirsi un dibattito vero su che cos’è e che cosa dovrebbe essere questo partito. Deve scorrere il sangue della lotta politica, del confronto tra mozioni opposte, sennò si diventa anemici”. Insomma, serve il congresso. “Nei partiti veri si fanno i congressi, certo. Mi domando, per esempio, se esista e quale sia la posizione ufficiale in materia di immigrazione: che cosa si aspetta ad intervenire su quella vergogna nazionale che sono i decreti sicurezza? Lo ha chiesto persino il capo dello stato Mattarella. E che dire della riduzione del numero dei parlamentari? Un partito che vota per tre volte no e alla quarta sì non ha una linea. Zingaretti ha sottovalutato il carattere antiparlamentare dei 5 stelle che identificano il Parlamento con le poltrone. Il Pd dovrebbe essere un pungolo per far maturare questi ragazzi privi della benché minima cultura politica, invece non succede nulla”.

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Il Pd incassa e basta. “Su alcuni argomenti bisogna tenere il punto, farne motivo di battaglia politica e culturale, non si può ammainare ogni bandiera per la paura di andare al voto. Il governo deve essere giudicato per ciò che non fa o non fa, il suo destino non va legato al dibattito interno dei singoli partiti che lo sostengono. Il governo è degli italiani, è di tutti. E poi questo presidente del Consiglio era un avvocato fino ad un paio di anni fa, non ha un retroterra politico, il Pd dovrebbe aiutarlo a colmare questa lacuna. Tutti sappiamo che il momento richiederebbe un governo ben più forte ma oggi non si scorgono alternative”. Antonio Polito ha detto che voterà sì al referendum perché “il meglio è nemico del bene”. “Stavolta non sono d’accordo con lui. Non si può intervenire con un taglio pasticciato senza un progetto più ampio di revisione costituzionale. L’istituzione parlamentare perderà capacità di rappresentanza senza guadagnare efficienza. Ho sentito dire ai grillini che ogni italiano risparmierà un caffè all’anno, allora io suggerirei al ministro Luigi Di Maio di tagliare piuttosto metà del suo staff. Ormai ognuno di loro ha quindici collaboratori che affollano i ministeri, un apparato inutile che un tempo sarebbe stato impensabile”. Tra i dem cinquantenni spiccano l’ex guardasigilli Andrea Orlando e l’attuale ministro Vincenzo Amendola, ufficiale di collegamento con l’Europa in una fase delicata per la ripresa nazionale. I due possono essere gli iniziatori di una nuova classe dirigente? “Lo spero fortemente. Entrambi hanno qualità ben note, vantano esperienze consolidate, ma pure loro non fanno lotta politica, non prospettano alternative. E’ giunto il momento di farsi avanti”. Stefano Bonaccini, che ha ottenuto la riconferma alla guida dell’Emilia-Romagna senza i voti pentastellati, potrebbe essere il frontman di una fase nuova? “E’ un ottimo amministratore, un politico strutturato, ma anche lui deve superare la preoccupazione che la lotta politica indebolisca il Pd. Io penso il contrario, che il confronto, anche aspro, possa dare una qualità a questo partito”. Con la Lega al governo, i 5 Stelle avevano dimezzato i consensi, adesso s’intesteranno pure la vittoria del sì al referendum. “Gliel’ho detto: il Pd non ha una linea. Orlando e gli altri devono aprire una discussione polemica con il segretario. La lotta politica è sangue che scorre nelle vene di un partito”.

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