PUBBLICITÁ

Non trasformiamo la riapertura della scuola in un delitto Cogne. Una lettera

Claudio Cerasa

Perché politici, genitori e talk tv dovrebbero andare a lezione dai nostri presidi

PUBBLICITÁ

La verità è semplice: nessuno lo sa. La rivista Science è uno dei prodotti editoriali dedicati alla scienza più importanti del mondo, vanta circa 130 mila abbonati, ha un bacino di lettori che viene stimato intorno alle 570 mila persone e in uno degli ultimi numeri dati alle stampe, dedicato naturalmente alla pandemia, ha affrontato il tema della riapertura delle scuole ponendosi alcune domande che in queste ore sono comuni a molti genitori, molti presidi e molti insegnanti del nostro paese. Una di queste, incorniciata in un colonnino a pagina 244, è forse la domanda chiave alla quale tutti, in queste ore di riapertura delle scuole, cercano una risposta chiara e definitiva. E la domanda, secca, è questa: cosa dovrebbe fare una scuola quando si ritrova di fronte a un caso di positività? Science non ci gira attorno e offre una risposta tanto sincera quanto sintetica: “Short answer: no one knows”. No one knows: nessuno lo sa. Proprio così: nessuno lo sa. Nessuno sa cosa capiterà quando in qualche scuola verrà rintracciato un caso di positività. Ma al contrario tutti sappiamo che il successo della riapertura delle scuole dipenderà da alcuni elementi più facili da preventivare. Primo: la capacità di ciascuno di noi di non politicizzare il ritorno nelle aule – e speriamo che i talk-show, di ritorno dalla pausa estiva, sappiano resistere alla tentazione di trasformare in un nuovo delitto di Cogne ogni caso di singola infezione registrata a scuola. Secondo: dalla capacità di ciascuno di noi di entrare nello spirito della fase che dovremmo vivere nei prossimi mesi, facendo una volta per tutte quello che molti papà e molte mamme si sono sempre rifiutati di fare, ovverosia mettersi nell’ottica che a dover imparare qualcosa dalle nostre scuole oggi non sono soltanto i nostri figli ma siamo anche noi genitori. E prima ancora che riaprano tutte le aule d’Italia, un modo utile per imparare qualcosa, dalle nostre scuole, è quello di fare tesoro delle formidabili lettere che stanno inviando in questi giorni alle famiglie gli eroi della fase che vivremo nei prossimi mesi: i presidi. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La verità è semplice: nessuno lo sa. La rivista Science è uno dei prodotti editoriali dedicati alla scienza più importanti del mondo, vanta circa 130 mila abbonati, ha un bacino di lettori che viene stimato intorno alle 570 mila persone e in uno degli ultimi numeri dati alle stampe, dedicato naturalmente alla pandemia, ha affrontato il tema della riapertura delle scuole ponendosi alcune domande che in queste ore sono comuni a molti genitori, molti presidi e molti insegnanti del nostro paese. Una di queste, incorniciata in un colonnino a pagina 244, è forse la domanda chiave alla quale tutti, in queste ore di riapertura delle scuole, cercano una risposta chiara e definitiva. E la domanda, secca, è questa: cosa dovrebbe fare una scuola quando si ritrova di fronte a un caso di positività? Science non ci gira attorno e offre una risposta tanto sincera quanto sintetica: “Short answer: no one knows”. No one knows: nessuno lo sa. Proprio così: nessuno lo sa. Nessuno sa cosa capiterà quando in qualche scuola verrà rintracciato un caso di positività. Ma al contrario tutti sappiamo che il successo della riapertura delle scuole dipenderà da alcuni elementi più facili da preventivare. Primo: la capacità di ciascuno di noi di non politicizzare il ritorno nelle aule – e speriamo che i talk-show, di ritorno dalla pausa estiva, sappiano resistere alla tentazione di trasformare in un nuovo delitto di Cogne ogni caso di singola infezione registrata a scuola. Secondo: dalla capacità di ciascuno di noi di entrare nello spirito della fase che dovremmo vivere nei prossimi mesi, facendo una volta per tutte quello che molti papà e molte mamme si sono sempre rifiutati di fare, ovverosia mettersi nell’ottica che a dover imparare qualcosa dalle nostre scuole oggi non sono soltanto i nostri figli ma siamo anche noi genitori. E prima ancora che riaprano tutte le aule d’Italia, un modo utile per imparare qualcosa, dalle nostre scuole, è quello di fare tesoro delle formidabili lettere che stanno inviando in questi giorni alle famiglie gli eroi della fase che vivremo nei prossimi mesi: i presidi. 

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

Lettere pragmatiche, creative, serene, consapevoli, persino ottimiste come quella ricevuta pochi giorni fa da alcuni genitori di una scuola elementare e media romana. Come si starà in classe? Rispettando la regola delle quattro M. M come mascherina, da usare “all’ingresso e ogni volta che ci si muove nella scuola. In classe, se è garantito il distanziamento di un metro la si può togliere altrimenti bisogna tenerla”. M come metro, “la distanza minima da mantenere, per evitare gli assembramenti e il contatto fisico con i compagni”. M come mani, “da lavare frequentemente usando gli appositi dispenser per tenerle pulite e da tenere lontane dal viso e dalla mascherina”. M come mensa, “che da quest’anno avverrà in classe, dove il personale passerà con i carrelli per lo sporzionamento”. E cosa si farà con i banchi? Arriveranno. In ritardo, ma arriveranno: “La scuola ha acquistato con i propri fondi 150 banchi monoposto e il ministero dovrebbe consegnare la fornitura promessa entro la fine di settembre. Con l’arrivo dei banchi monoposto tutte le classi avranno il distanziamento richiesto: nelle more in qualche classe (poche in realtà) dovrà essere tenuta la mascherina. Nella individuazione delle classi si darà priorità ai bambini più piccoli”. E cosa si farà con gli ingressi? Facile: orario scaglionato di dieci minuti e ingressi da luoghi diversi: “Le medie inizieranno alle 7.50 le terze, 8.00 le seconde e 8.10 le prime. Le elementari dalle 8.20 a seguire”. Tutto questo, si dirà, per dire cosa? Che errori non ci sono stati? Certo che ci sono stati oggettivamente non si capisce per quale ragione banchi che dovevano arrivare alla riapertura delle scuole non arriveranno alla riapertura delle scuole. 

 

 

Ma, banchi a parte, la verità è che la scuola italiana si prepara a riaprire in condizioni di sicurezza non inferiori rispetto a quelle offerte dagli altri paesi in cui le scuole sono state già riaperte (in Germania, le scuole hanno riaperto a inizio agosto e a Berlino, nelle prime due settimane di riapertura, ci sono state appena 42 scuole chiuse su 825 riaperte; in Scozia, durante la settimana del 23 agosto, sono state testate nelle scuole circa 17.500 persone di età compresa tra 2 e 17 anni e di queste solo 49 sono state trovate positive). E alla fine come dice il professor Giuseppe Remuzzi – e come lascia intendere il professor Franco Locatelli in una bella intervista che trovate sul Foglio di oggi – l’Italia ha in fondo tutto quello che gli serve per riaprire: c’è il distanziamento, ci sono le mascherine, ci sono i comportamenti da adottare, ci sono i professori indottrinati, c'è il sistema sanitario rafforzato. Si dirà: ci saranno contagi? Certo che ci saranno. Ci saranno chiusure? Certo che ci saranno. Ci saranno problemi? Certo che ci saranno. Ma, a oggi, ci sono anche buone ragioni per pensare che i prossimi mesi contribuiranno a mostrare ancora una volta il profilo di un’Italia disciplinata, creativa, attenta, responsabile, in cui gli insegnanti dimostreranno di essere migliori dei sindacati che li rappresentano, in cui genitori dimostreranno di essere meno litigiosi dei politici che li rappresentano e in cui i nostri figli troveranno occasione per dimostrare ai propri genitori che la scuola proprio a questo serve: semplicemente, a diventare grandi.

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ