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Il futuro del governo in una fune d’acciaio

Claudio Cerasa

La maggioranza sbagliata nata per una causa giusta festeggia un anno e si ritrova a fare un bilancio che va al di là del contenimento di Salvini. Cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato e cosa manca ora per passare dal sufficiente al necessario

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Un anno dopo il giuramento del secondo governo Conte (era il settembre del 2019) ci sono molte cose che si potrebbero dire su questa pazza esperienza di governo. Ma il modo forse più efficace per fotografare la traiettoria imboccata dall’Italia all’indomani della fine ufficiale dell’esecutivo più pericoloso mai avuto dal Dopoguerra a oggi dal nostro paese (quello gialloverde) è usare un’immagine che ci può aiutare a capire se l’espressione che abbiamo usato un anno fa sul nostro giornale per sintetizzare il senso di questo esecutivo sia ancora valida oppure no (una maggioranza molto sbagliata nata per portare avanti una causa molto giusta, restare ancorati all’Europa): quella del parco avventura. Generalmente, lo saprete di certo, i parchi avventura sono percorsi immersi tra gli alberi di montagna, dove ragazzi e non ragazzi si divertono ad affrontare percorsi più o meno impegnativi, fra travi mobili, corde oscillanti, pedane traballanti, arrampicate sui tronchi, altalene scorrevoli, passerelle pericolanti e piccoli o grandi salti nel vuoto. I parchi avventura sono di due tipi: ci sono quelli non omologati, eccitanti ma senza protezioni, e ci sono poi quelli omologati, che costringono ogni piccolo avventuriero a indossare, oltre al casco, un’imbracatura legata, tramite funi di sicurezza dotate di moschettoni, a funi metalliche di acciaio inossidabile.

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Un anno dopo il giuramento del secondo governo Conte (era il settembre del 2019) ci sono molte cose che si potrebbero dire su questa pazza esperienza di governo. Ma il modo forse più efficace per fotografare la traiettoria imboccata dall’Italia all’indomani della fine ufficiale dell’esecutivo più pericoloso mai avuto dal Dopoguerra a oggi dal nostro paese (quello gialloverde) è usare un’immagine che ci può aiutare a capire se l’espressione che abbiamo usato un anno fa sul nostro giornale per sintetizzare il senso di questo esecutivo sia ancora valida oppure no (una maggioranza molto sbagliata nata per portare avanti una causa molto giusta, restare ancorati all’Europa): quella del parco avventura. Generalmente, lo saprete di certo, i parchi avventura sono percorsi immersi tra gli alberi di montagna, dove ragazzi e non ragazzi si divertono ad affrontare percorsi più o meno impegnativi, fra travi mobili, corde oscillanti, pedane traballanti, arrampicate sui tronchi, altalene scorrevoli, passerelle pericolanti e piccoli o grandi salti nel vuoto. I parchi avventura sono di due tipi: ci sono quelli non omologati, eccitanti ma senza protezioni, e ci sono poi quelli omologati, che costringono ogni piccolo avventuriero a indossare, oltre al casco, un’imbracatura legata, tramite funi di sicurezza dotate di moschettoni, a funi metalliche di acciaio inossidabile.

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Un anno dopo la nascita del secondo governo Conte, si può dire che il passaggio dal governo gialloverde a quello rossogiallo sia stato un passaggio che non ha certo portato il nostro paese lontano dai percorsi avventura ma che lo ha fatto passare da una condizione simile alle arrampicate sui tronchi senza moschettoni e senza casco a una condizione simile alle arrampicate con imbracature e funi d’acciaio. La fune in questione, naturalmente, coincide con la spessa fune dell’Europa e in questo senso i primi dodici mesi del governo Conte possono essere suddivisi in due parti schematiche. Nei primi sei mesi, l’Italia si è assicurata alla fune d’acciaio dell’Europa archiviando la stagione in cui ai leader di governo veniva permesso di farsi ispirare dai teorici dell’economia senza moschettoni (il 5 settembre, per chi non se ne fosse accorto, siamo passati dalla possibilità di avere un governo influenzato da Claudio Borghi a un governo influenzato da Paolo Gentiloni). Nei secondi sei mesi, l’Italia, dovendo affrontare la stagione pandemica, ha verificato sulla sua pelle che camminare su una pedana traballante con un’imbracatura è mille volte preferibile che farlo senza averne una. Basterebbe questo a spiegare perché, un anno fa, la scelta di far nascere, per una causa giusta, una maggioranza sbagliata, scelta per la quale bisogna ringraziare prima di tutto Matteo Renzi, sia stata una scelta saggia. Ma una volta esaurita la ragione del se, ovverosia se sia stato giusto o no fare ciò che è successo, occorre affrontare un’altra questione che riguarda il modo in cui il governo ha sfruttato l’imbracatura per muoversi in modo degno sulle altalene scorrevoli della politica. Non c’è dubbio che se si osservano con attenzione alcuni dettagli non secondari dell’approccio scelto dalla maggioranza rossogialla per affrontare il suo primo anno di vita (l’abolizione della prescrizione, la permanenza di quota 100, il disinteresse alle politiche attive, la messa in fuga degli investimenti su Ilva, la non correzione al Reddito di cittadinanza, la perdita di influenza del paese in un quadrante strategico come la Libia) non si può dire in nessun modo che quello che ci troviamo di fronte oggi sia il governo dei sogni. Ma se si cambia chiave di lettura e si passa dal ciò che poteva essere questa legislatura a ciò che invece è diventata (il 4 marzo del 2018 avreste mai scommesso che questo Parlamento avrebbe avuto la possibilità di eleggere un capo dello stato non populista?) il quadro cambia. E usando questa lente di ingrandimento non è poi così difficile riconoscere alcuni meriti dell’esperienza rossogialla. Meriti come l’aver gestito con una buona dose di responsabilità la stagione pandemica e la contestuale fase di gestione delle trattative sui fondi europei – chi avrebbe scommesso il 4 marzo del 2018 che la maggioranza espressione di questo Parlamento sarebbe diventata fan dei vaccini, del governo degli esperti e del governo Merkel? Meriti come l’aver rimesso in carreggiata una riforma cruciale per il paese come è stata Industria 4.0 – e per quanto si possa sperare che il governo si applichi di più nelle politiche finalizzate all'attrazione di investimenti dall’estero avere un governo capace di mantenere anche prima del bazooka europeo i rendimenti dei titoli di stato sotto controllo è preferibile rispetto ad avere un governo capace di generare continua sfiducia.

 

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Meriti come l’aver messo la gestione delle politiche migratorie nelle mani di un tecnico interessato a trovare più soluzioni che capri espiatori – e avere un ministro che non mette in discussione il diritto del mare è preferibile rispetto ad averne uno convinto che sia sufficiente avere molti voti per decidere come interpretare i trattati internazionali. Il quadro che vi abbiamo offerto non pretende di essere esaustivo e ovviamente ci sarebbero altri elementi che andrebbero considerati (a partire dal Mes). Ma a un anno dalla nascita del governo si può dire che le ragioni per considerare corretta la scelta di far nascere, per una causa giusta, una maggioranza sbagliata ci sono eccome. Così come non si può nascondere che la stagione che si presenta di fronte a questa maggioranza è una stagione in cui sarà necessario passare da ciò che è sufficiente per esistere a ciò che è necessario per guardare avanti. E naturalmente, nei prossimi sei mesi la sfida che conta è una e soltanto una: dimostrare che i molti miliardi di euro che verranno usati dall’Italia nella fase della convivenza con il virus verranno spesi per far crescere il paese e non per migliorare i sondaggi. E di fronte ai molti ponti traballanti che continueranno a presentarsi sulla traiettoria del nostro paese, per il governo non dovrebbe essere così difficile sapere a quale fune d’acciaio legarsi per trovare finalmente un pensiero capace di guidare il paese lontano dalla stagione della mediocrità.

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