PUBBLICITÁ

I gemelli diversi/2

L’opzione Di Maio: “Da solo valgo il 10 per cento”

Salvatore Merlo

Conte si preoccupa per il governo, Zingaretti per la segreteria. Il ministro degli Esteri invece ha un piano. E lo confessa agli amici: se le regionali vanno male...

PUBBLICITÁ

Roma. In Veneto non ci va, punta sul sud, gira la Puglia e la Campania, e quando i suoi gli chiedono della Liguria, lui fa spallucce: “Ma l’avete letta l’intervista di Sansa al Foglio?”, chiede, riferendosi al candidato del M5s in Liguria, Ferruccio Sansa, che si è schierato per il No al referendum sul taglio dei parlamentari, cioè contro la posizione del M5s. Così, Luigi Di Maio, raccolte a tulipano le cinque dita della mano destra, altalena il pugno nella ipotiposi digito-interrogativa tanto in uso presso noi italiani: “Io ve l’avevo detto che Sansa non andava bene. Non ne voglio sapere nulla”. E sarà anche vero che non gli piace il candidato giornalista scelto assieme al Pd e per questo non va in Liguria a fare campagna elettorale, ma Luigi in realtà ha un suo piano B, anzi D come Di Maio. “Comunque vada io da solo valgo il 10 per cento”. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. In Veneto non ci va, punta sul sud, gira la Puglia e la Campania, e quando i suoi gli chiedono della Liguria, lui fa spallucce: “Ma l’avete letta l’intervista di Sansa al Foglio?”, chiede, riferendosi al candidato del M5s in Liguria, Ferruccio Sansa, che si è schierato per il No al referendum sul taglio dei parlamentari, cioè contro la posizione del M5s. Così, Luigi Di Maio, raccolte a tulipano le cinque dita della mano destra, altalena il pugno nella ipotiposi digito-interrogativa tanto in uso presso noi italiani: “Io ve l’avevo detto che Sansa non andava bene. Non ne voglio sapere nulla”. E sarà anche vero che non gli piace il candidato giornalista scelto assieme al Pd e per questo non va in Liguria a fare campagna elettorale, ma Luigi in realtà ha un suo piano B, anzi D come Di Maio. “Comunque vada io da solo valgo il 10 per cento”. 

PUBBLICITÁ

    

Gli altri si chiedono preoccupati cosa accadrà il 22, il giorno dopo le elezioni regionali. Se lo chiede Giuseppe Conte, che un po’ teme per il suo governo. Se lo chiede Nicola Zingaretti, che vede agitarsi ombre minacciose tutt’intorno alla sua segreteria. Ci sono tutti gli altri, insomma, e poi c’è Luigi Di Maio, il meno preoccupato, anzi, uno che preoccupato non lo sembra per niente, al punto da aver confessato nei giorni scorsi tutta la propria sicumera a un serie di interlocutori: “Io da solo, o con un mio partito, valgo il 10 per cento”. Qualsiasi cosa succeda. E il giovane ministro ha una sua strategia, una sua idea, che sempre più viene coltivata nell’ambito delle ambizioni personali: il sud come fortino. Di Maio sa di essere un protagonista ormai, inamovibile. E in questa sua certezza lo conforta la mediocrità diffusa tra i grillini, ragione per la quale, quando mesi fa architettò le dimissioni da capo politico, era finito col dire: “Ora vediamo come se la cavano ‘quelli’, verranno a chiedermi in ginocchio di tornare”. E infatti il grillino dimissionario si è in realtà rilanciato, questa era d’altra parte la sua intenzione: dimettersi per re-immettersi.

   

PUBBLICITÁ

I rapporti interni e internazionali, la Cina e l’America, il presenzialismo da palco, le foto al mare con la fidanzata bionda, l’intesa con Zingaretti e Franceschini, tutto un collier di piccoli dispetti a Conte (a marzo gli scippò addirittura l’annuncio del lockdown e due giorni fa Di Maio si è immischiato in un mezzo complotto sul voto di fiducia alla riforma dei servizi segreti fortemente voluta dal premier). E’ infatti lui l’unico politicamente sopravvissuto, l’unico rimasto intero in quello scatolone di nani da giardino finiti per sbaglio in Parlamento che va sotto il nome di Movimento 5 stelle. Ed è per questo che Di Maio si è convinto, forse non a torto, che la sua sola presenza valga “il 10 per cento”, abbastanza da sopravvivere a qualsiasi infausta eventualità travolga i compagni grillini, quelli che intanto al contrario di lui sono spariti dal proscenio. Da Paola Taverna a Vito Crimi, un gruppo di persone talmente disorganizzato da non aver nemmeno cominciato a fare campagna elettorale per quel referendum, bandiera grillina, che solo Luigi ha furbamente – e tempestivamente – imbracciato in solitudine. Sarà lui, poi, a raccogliere i frutti del prevedibile successo. Una figura sempre più autonoma, definitivamente emancipato non solo da Casaleggio, con il quale ha ormai rotto, ma pure da Grillo. E allora eccolo, sembra di vederlo mentre fa spallucce quando gli chiedono della Liguria, ché non gli interessa affatto, come non gli interessa il Veneto. Lui la campagna elettorale la farà tutta nel sud d’Italia, che considera un piccolo granaio personale. “Valgo il 10 per cento” è un programma politico e una minaccia per Conte, che infatti se lo chiede cosa accadrà dopo le regionali, dovessero andare male. Luigi premier? A Palazzo Chigi non ci credono. O forse sì.

PUBBLICITÁ