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le regionali in veneto

Così Salvini ordina di boicottare la lista di Zaia, ma i leghisti veneti se ne infischiano

Valerio Valentini

"Fate campagna elettorale solo per la lista Lega", impone il segretario, che prova ad arginare il trionfo del governatore. Le tensioni con Lorenzo Fontana e quel giudizio sprezzante di Zaia sui fedelissimi del Capitano

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Roma. A leggerla così, alla lettera, pare un’indicazione perfino banale. “Si ribadisce che tutte le sezioni devono fare campagna elettorale solo per la lista Lega”, è stato il dispaccio che Matteo Salvini ha fatto pervenire a tutti i presìdi del Carroccio in giro per il Veneto. E però nessuno degli iscritti tra Venezia e Belluno, nessuno dei militanti impegnati nella campagna elettorale in vista del 20 settembre, quella raccomandazione diramata dal commissario regionale Lorenzo Fontana ha ritenuto di leggerla solo così, alla lettera. “E’ la dimostrazione che Salvini ha una gran paura che la lista di Zaia surclassi quella della Lega”, dice un vecchio colonnello della Liga, fedelissimo del governatore. 

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Roma. A leggerla così, alla lettera, pare un’indicazione perfino banale. “Si ribadisce che tutte le sezioni devono fare campagna elettorale solo per la lista Lega”, è stato il dispaccio che Matteo Salvini ha fatto pervenire a tutti i presìdi del Carroccio in giro per il Veneto. E però nessuno degli iscritti tra Venezia e Belluno, nessuno dei militanti impegnati nella campagna elettorale in vista del 20 settembre, quella raccomandazione diramata dal commissario regionale Lorenzo Fontana ha ritenuto di leggerla solo così, alla lettera. “E’ la dimostrazione che Salvini ha una gran paura che la lista di Zaia surclassi quella della Lega”, dice un vecchio colonnello della Liga, fedelissimo del governatore. 

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E così in molte sezioni del Carroccio s’è subito diffuso un certo scetticismo. Perché, al di là dei tatticismi, un po’ dovunque diventa davvero arduo discernere, e se anche lo si facesse davvero si finirebbe per esasperare quelle tensioni che Salvini e Fontana vorrebbero sopire. A Venezia e dintorni, per esempio, sarebbe ben difficile per tanti militanti non fare campagna per Francesco Calzavara, dieci anni sindaco di Jesolo per la Liga ed eletto in Consiglio regionale con la lista Zaia già cinque anni fa, figura storica del partito in laguna. A Treviso, dove Zaia ha infarcito la sua lista con parecchi di quegli assessori e consiglieri che lo accompagnarono nella sua ascesa ai tempi della presidenza della provincia, saranno pochi gli iscritti che non si spenderanno, in queste settimane, per Marzio Favero e Paolo Speranzon, leghisti della prima ora e sindaci di Montebelluna e Motta di Livenza, o Stefano Busolin, altro volto noto del Carroccio.

 

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E d’altronde c’è chi, come il deputato Alberto Stefani, sindaco di Borgoricco e giovane scalpitante della Liga, l’insostenibilità di questa divisione di ruoli e di campagne elettorali l’ha denunciata chiaramente, ribadendo il suo pubblico sostegno a Giulio Centenaro, schierato con la lista Zaia. Senza contare che poi, sotto il peso del paradosso, c’è finito pure lo stesso Fontana, colui che vieta di far campagna per la lista Zaia e che però sabato scorso, proprio nella sua Verona, ha presentato la candidatura di Filippo Rigo, imprenditore locale che corre, manco a dirlo, sotto le insegne del governador.
Apologo grottesco che testimonia della difficoltà che vive chi, come Fontana, da mesi sbriga un mandato che rasenta il titanico, e cioè tenere testa a Zaia in quel Veneto in cui Zaia è padrone assoluto, rispettato perfino da chi lo detesta, temuto anche da chi non lo stima.

 

E così dapprima l’ex ministro della Famiglia, fedelissimo di Salvini, ha provato a contendere al presidente il controllo sulla composizione delle liste (che Zaia ha comunque tenuto), poi ha tentato di impedirgli di fare una terza lista in suo sostegno (che Zaia ha comunque fatto), dunque ha preteso che gli assessori regionali uscenti si candidassero tutti nella lista della Lega. Salvo poi accorgersi che così si correva il rischio opposto: quello, cioè, di far eleggere a Palazzo Ferro Fini una maggioranza che risponde direttamente al governatore, che s’avvia a ricevere il terzo plebiscito con percentuali che manco in Bielorussia. E infine, comprendendo che ogni ulteriore manovra per limitare Zaia sarebbe stata patetica, oltreché velleitaria, Fontana s’è visto costretto a un atto d’imperio che tradisce semmai una certa debolezza: “Fate campagna solo per la lista della Lega”.

 

Che, in ogni caso, resterà ben al di sotto della lista Zaia, in termini di consenso: e pure di parecchio, stando ai sondaggi che circolano. E a quel punto, il Doge potrà rivendicare quel che, per ora, soltanto gli interessa. E cioè una piena libertà d’azione nella sua piccola patria, la facoltà di agire in assoluta indipendenza dalle indicazioni di Via Bellerio (chiedendo semmai una ridefinizione degli equilibri dentro il Consiglio federale, dove il peso dei lumbàrd è ritenuto eccessivo dai cugini veneti), e magari puntando alla presidenza della Conferenza stato regioni, se davvero Stefano Bonaccini, com’è di prassi, rimetterà il suo mandato dopo le elezioni del 20 settembre (con un pezzo del Pd che ben volentieri concederebbe questa promozione al rivale interno di Salvini, per mettere quest’ultimo nell’ombra dell’odiato amico).

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Come che sia, Zaia non avrà più alcun riguardo per le supposte strategie dei fedelissimi di Salvini, quella truppa che si agita intorno alla Bestia di Morisi e Paganella, e di cui Zaia ha una considerazione tale che l’ultima volta che li ha incontrati, a Roma, una manciata di settimane fa, li ha poi descritti ai suoi assessori come “gli orchestranti del Titanic che suonano mentre la nave affonda, senza accorgersi di nulla”. Poi, però, da buon democristiano, si guarderà bene dal dichiarare ostilità – per ora almeno – verso Salvini. Col quale si vedrà a Treviso, sabato, per un evento elettorale. E saranno sorrisi e abbracci, ovviamente. Come sempre.

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