PUBBLICITÁ

Cercasi disperatamente classe dirigente

Claudio Cerasa

Il rimbalzo è possibile, ma per rimbalzare l’Italia ha bisogno non di soldi ma di un partito in grado di togliersi i pantaloncini corti (ehi, Zinga) e di una élite decisa a non combattere inutili battaglie di retroguardia. Tre svolte urgenti per il governo

PUBBLICITÁ

Nella storia di un governo, arriva sempre un momento in cui i contraenti di un patto si ritrovano di fronte a un rischio ricorrente, ben riassunto da un vecchio detto popolare che suona grosso modo così: la via dell’inferno è costantemente lastricata di buone intenzioni. Nel caso specifico, la strada lastricata di buone intenzioni è quella impegnativa che si presenta oggi di fronte al governo e coincide con un percorso che l’Italia di Giuseppe Conte sembra voler percorrere senza avere in mente alcuna direzione concreta. La direzione in questione è quella che il governo dovrebbe tracciare urgentemente sul terreno di gioco per dimostrare di volere affrontare la fase 3 della pandemia, la convivenza con il virus, non con la pigra logica del galleggiamento ma con quella ambiziosa della navigazione. Ieri mattina, nel corso di un’audizione tenuta alle commissioni Bilancio e Politiche dell’Unione europea della Camera, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha avuto il coraggio di lanciare un messaggio al governo e ha suggerito alla maggioranza di abbandonare le titubanze e prendere atto che la stagione che stiamo vivendo non può più essere governata da una politica interessata solo a occuparsi di come compilare “il catalogo delle spese” ma deve essere governata da una politica in grado di costruire il futuro attraverso quello che Gentiloni chiama giustamente “il coraggio dello scegliere”. In questo contesto, avere il coraggio di scegliere, per il governo, significa prendere atto di alcune urgenti verità. La prima riguarda la necessità di mettere da parte ogni sciocca ideologia anti europeista e rendersi conto che se un governo decide di decretare lo stato d’emergenza quel governo ha il dovere di affrontare l’emergenza con tutte le forze a disposizione, smettendola dunque di tenere una mano dietro alla schiena. Il riferimento esplicito fatto da Gentiloni ieri in commissione è ovviamente al Mes e il commissario non si è limitato soltanto a ricordare che la linea di credito per le spese sanitarie non presenta condizionalità (“le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla Sanità”), ma ha aggiunto due dettagli solo apparentemente tecnici.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Nella storia di un governo, arriva sempre un momento in cui i contraenti di un patto si ritrovano di fronte a un rischio ricorrente, ben riassunto da un vecchio detto popolare che suona grosso modo così: la via dell’inferno è costantemente lastricata di buone intenzioni. Nel caso specifico, la strada lastricata di buone intenzioni è quella impegnativa che si presenta oggi di fronte al governo e coincide con un percorso che l’Italia di Giuseppe Conte sembra voler percorrere senza avere in mente alcuna direzione concreta. La direzione in questione è quella che il governo dovrebbe tracciare urgentemente sul terreno di gioco per dimostrare di volere affrontare la fase 3 della pandemia, la convivenza con il virus, non con la pigra logica del galleggiamento ma con quella ambiziosa della navigazione. Ieri mattina, nel corso di un’audizione tenuta alle commissioni Bilancio e Politiche dell’Unione europea della Camera, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha avuto il coraggio di lanciare un messaggio al governo e ha suggerito alla maggioranza di abbandonare le titubanze e prendere atto che la stagione che stiamo vivendo non può più essere governata da una politica interessata solo a occuparsi di come compilare “il catalogo delle spese” ma deve essere governata da una politica in grado di costruire il futuro attraverso quello che Gentiloni chiama giustamente “il coraggio dello scegliere”. In questo contesto, avere il coraggio di scegliere, per il governo, significa prendere atto di alcune urgenti verità. La prima riguarda la necessità di mettere da parte ogni sciocca ideologia anti europeista e rendersi conto che se un governo decide di decretare lo stato d’emergenza quel governo ha il dovere di affrontare l’emergenza con tutte le forze a disposizione, smettendola dunque di tenere una mano dietro alla schiena. Il riferimento esplicito fatto da Gentiloni ieri in commissione è ovviamente al Mes e il commissario non si è limitato soltanto a ricordare che la linea di credito per le spese sanitarie non presenta condizionalità (“le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla Sanità”), ma ha aggiunto due dettagli solo apparentemente tecnici.

PUBBLICITÁ

 

Primo: “Il Mes è fondamentale per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari”. Secondo: considerando il fatto che le risorse stanziate per il Recovery fund non arriveranno prima del prossimo anno, dato che l’anticipo del 10 per cento sulle risorse a disposizione da parte di Bruxelles, al contrario di quanto scritto purtroppo due giorni fa da Repubblica secondo cui l’Italia avrebbe potuto avere accesso ai soldi del Recovery già nel 2020, non potrà essere anticipato a prima “dell’atto di approvazione del piano nazionale” da parte degli organismi europei, la verità è che quest’anno il nostro paese ha solo due possibilità per avere fondi sostanziosi: accedere al Mes e accedere al Sure. Al Sure, il fondo per la disoccupazione europeo, l’Italia ha fatto già richiesta di accesso, e sono 27,4 miliardi, mentre sul Mes l’Italia ancora tergiversa, e un partito con la testa sulle spalle, desideroso cioè di far fare una svolta a questo governo, piuttosto che indirizzare lettere ai giornali, parliamo ovviamente del Pd, spiegando cosa vorrebbe fare con la sua maggioranza, avrebbe il dovere di fare ciò che costantemente annuncia. E’ questa in fondo la seconda verità che meriterebbe di essere messa a fuoco: se il Pd è il vero partito adulto nel governo, più che annunciare le agende per il futuro avrebbe il dovere di mettere in pratica la sua agenda e di interpretare così la svolta europea non come un grande regalo dell’Europa, anvedi quanti soldi!, ma come una grande occasione per fare quei compiti a casa che da troppo tempo l’Italia si rifiuta di fare.

 

PUBBLICITÁ

L’impressione offerta in queste settimane dal governo è invece un’altra ed è quella di essere una maggioranza desiderosa di non smuovere le acque almeno fino a quando le regionali non mostreranno quali sono i nuovi rapporti di forza nel paese. Con il risultato paradossale che stiamo tutti osservando: l’Italia è uno dei paesi meglio attrezzati dal punto di vista sanitario per affrontare la fase della convivenza con l’ondata di ritorno del virus (incrociamo le dita) ma accanto a una strategia sanitaria forte non ha una strategia economica in grado di fare ancora chiarezza sul suo futuro. E a parte l’idea, sintetizzata l’altro ieri da Nicola Zingaretti in una lettera a Repubblica, di “creare lavoro e sviluppo, scommettere sulla rivoluzione verde, investire sulla scuola e l’università, semplificare la vita degli italiani” non è chiaro, eufemismo, in che modo il Pd voglia guidare la transizione del governo verso una stagione di maggiore produttività, maggiore sostegno alle imprese, maggiore interesse al lavoro che cambia, maggiore attenzione alla concorrenza, maggiore cura nel rendere la nostra giustizia meno ingiusta e più efficiente. Il nulla. Nel dibattito presente all’interno della maggioranza, le parole d’ordine della svolta tendono così a essere regolarmente nascoste. E anche per questa ragione mai come oggi l’Italia avrebbe urgente bisogno di un’élite e di una classe dirigente impegnata notte e giorno non a combattere battaglie di retroguardia ma a spiegare con quali atti concreti l’Italia potrebbe provare a trasformare la pandemia in una grande occasione per riscrivere il suo futuro. Il rimbalzo dell’Italia è possibile, ma per rimbalzare l’Italia non ha bisogno solo di soldi: ha bisogno prima di tutto di un pensiero capace finalmente di guidare il paese.

PUBBLICITÁ