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L'intesa impossibile

Così Raggi uccide le residue tentazioni di un'alleanza rossogialla a Torino (e non solo)

Valerio Valentini

Le ripercussioni sotto la Mole della fuga in avanti della sindaca di Roma. Le trame di Chiamparino, la solitudine di Appendino. Dispaccio sabaudo al Nazareno: se andiamo col M5s un pezzo dei nostri fugge al centro

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Più che un inciampo su un sentiero accidentato, la conferma che quel tracciato non è proprio percorribile. "A Torino il Pd è contrario, a prescindere, a qualsiasi ipotesi di accordo col M5s", sentenzia Stefano Lo Russo, capogruppo dem in Consiglio comunale. Come a derubricare la fuga in avanti della sindaca di Roma – che in un pomeriggio d'agosto inoltrato, a un anno dalle elezioni, senza consultare neppure per sbaglio lo stato maggiore del Nazareno, ha pensato bene di annunciare la sua ricandidatura – ad accidente collaterale, di fatto ininfluente rispetto a una scelta che i vertici del Pd piemontese hanno maturato da tempo.

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Più che un inciampo su un sentiero accidentato, la conferma che quel tracciato non è proprio percorribile. "A Torino il Pd è contrario, a prescindere, a qualsiasi ipotesi di accordo col M5s", sentenzia Stefano Lo Russo, capogruppo dem in Consiglio comunale. Come a derubricare la fuga in avanti della sindaca di Roma – che in un pomeriggio d'agosto inoltrato, a un anno dalle elezioni, senza consultare neppure per sbaglio lo stato maggiore del Nazareno, ha pensato bene di annunciare la sua ricandidatura – ad accidente collaterale, di fatto ininfluente rispetto a una scelta che i vertici del Pd piemontese hanno maturato da tempo.

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"Già a inizio luglio la nostra direzione provinciale e regionale ha ribadito la necessità di costruire un'alternativa chiara sia alla destra sia al disastro grillino", spiega Mimmo Carretta, carismatico segretario del Pd cittadino. "E siamo arrivati a questa scelta – prosegue – nel modo più lineare possibile, con un documento approvato all'unanimità dei presenti". Dettaglio non banale, questo, perché quella compattezza di visioni, quell'unità d'intenti, è servita in fondo anche a sbregare la tela giallorossa che l'instancabile tessitore Sergio Chiamparino stava imbastendo (e lo sta ancora facendo, malignano sotto la Mole) per tornare centrale nelle dinamiche cittadine dopo la sua sconfitta alle regionali del 2019. Un'intesa, quella che l'ex sindaco va costruendo, che precipiterebbe sulla candidatura di Guido Saracco, rettore del Politecnico assai gradito anche a Chiara Appendino, con cui il Chiampa ha mantenuto rapporti di buona cordialità, a differenza della stragrande maggioranza del Pd torinese che la considera "l'artefice di un disastro", per dirla con Carretta. Al punto che anche gli esponenti dem che pure si spendono, per volontà o per necessità, in favore di un dialogo col grillismo, hanno dovuto ammettere che "no, con la Appendino non è pensabile alcun accordo". E' il caso di Andrea Giorgis, sottosegretario alla Giustizia di rito cuperliano, che nelle ultime settimane, forse anche per diradare quelle maldicenze che lo descrivevano come interessato a filare la lana col M5s in città, ha assunto i toni più categorici di condanna dell'operato della sindaca e della sua squadra. 

 

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"Qui a Torino non c'è alcuna possibilità che si faccia un accordo elettorale tra noi e il M5s", ribadisce Mauro Laus, senatore del Pd che gli umori del capoluogo sabaudo li conosce bene, essendo stato per quattro anni presidente del Consiglio regionale, e ancor meglio conosce i mugugni interni al suo partito. "E di fronte a un'eventuale alleanza imposta da Roma sulle comunali dell'anno prossimo, la nostra, e anche un pezzo del nostro gruppo dirigente, insorgerebbe". Formula intarsiata nella cautela, che però in Via Masserano, quartier generale del Pd in città, qualcuno colora con parole più avventate, come "libertà di voto" o "scissione". Troppo, forse, chissà. Ma di certo, a fronte di una candidatura civica da individuare insieme al M5s, un pezzo del Pd locale s'ammutinerebbe, e magari guarderebbe con interesse a quel polo centrista che in città, per vecchia vocazione sabauda e per i buoni rapporti che qui corrono – horribile dictu – tra renziani di Italia viva e calendiani di Azione, si sta dando da fare. "Noi, in caso di una qualsiasi forma di accordo tra Pd e M5s, ci sposteremmo nel centrodestra", annuncia Giacomo Portas, deputato di Iv ma che a Torino gioca in proprio, guidando quella strana creatura che sono i "Moderati", e che in città valgono tra il 6 e il 9 per cento. Non poco.

 

Ed è anche per scongiurare la diaspora centrista, dunque, che il segretario del Pd Carretta traccia confini molto ampi, quando gli si chiede di descrivere la coalizione che ha in mente: "Pensiamo a un centrosinistra ampio – dice – che accolga anche quelle liste civiche e quelle forze moderate e riformiste indispensabili per sottrarre voti al centrodestra". La ricerca del nome giusto è in corso. "E nel caso non si trovasse una sintesi prima, comunque a novembre faremmo le primarie di coalizione". E a quel punto, la tentazione giallorossa, sotto la Mole, svanirebbe del tutto. 

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