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Chi è stato lo dica. La caccia al furbetto sembra un episodio del tenente Colombo

Valerio Valentini

La concitazione dei partiti alla ricerca dei loro deputati col bonus Inps. Messaggini, teatro e confusione

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L’imbarazzo può palesarsi anche così, nel silenzio perdurante e irreale, delle chat dei deputati. Simona Bordonali, delegata d’Aula della Lega, domenica pomeriggio s’è vista costretta a postare per due volte, a distanza di due ore, lo stesso messaggio: “Sono a richiedervi di verificare se per un disguido i vostri commercialisti hanno fatto richiesta del bonus Inps e conseguentemente vi sono stati accreditati i 600 euro”.

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L’imbarazzo può palesarsi anche così, nel silenzio perdurante e irreale, delle chat dei deputati. Simona Bordonali, delegata d’Aula della Lega, domenica pomeriggio s’è vista costretta a postare per due volte, a distanza di due ore, lo stesso messaggio: “Sono a richiedervi di verificare se per un disguido i vostri commercialisti hanno fatto richiesta del bonus Inps e conseguentemente vi sono stati accreditati i 600 euro”.

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Lo ha inviato la prima volta che mancavano pochi minuti alle sei. Alle otto, non avendo avuto alcun riscontro, ha ribadito il concetto. Di lì in poi, nulla. Se non l’irreprensibile Iva Garibaldi, sovrintendente suprema alla comunicazione del salvinismo, che per due volte, ieri, ha sollecitato i deputati ad astenersi dal rilasciare interviste: “La vicenda è poco chiara”, li ha catechizzati alle sette di sera. “Anche le voci che girano potrebbero essere senza fondamento”. Una raccomandazione alla prudenza comprensibile, visto che nella nebulosa di indiscrezioni, soffiate e pettegolezzi, di chiaro c’è ben poco. 

 

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E infatti Ettore Rosato, di buon mattino, si ritrova a fare l’appello come con gli studenti indisciplinati. E un po’ tenente Colombo, un po’ agente delle Entrate, prende il telefono e chiama uno per uno i suoi deputati, per capire chi sia quel renziano manigoldo di cui l’Inps dice di aver contezza. E allora Francesco Scoma s’affretta a precisare che lui la partita Iva non ce l’ha. Giuseppina Occhionero verso alla cassa degli avvocati, Camillo D’Alessandro a quella dei commercialisti. Insospettabili pure loro. E insomma ne viene fuori una ridda di giustificazioni, finché Gelsomina Vono, senatrice ex grillina e ora in Iv, dalla difesa passa all’attacco: “Tridico sta infangando un’intera categoria di professionisti per puri motivi politici”, dice in riferimento al suo corregionale calabrese, presidente dell’Inps.

 

Le fa eco allora Luciano Nobili: “Non c’è dubbio che questa sia la vendetta di Tridico”. E insomma d’improvviso l’inerzia della narrazione di giornata, quella sceneggiatura sbracata scritta a posta per rinfocolare la furia dell’antipolitica, quel canovaccio imbastito dai commentatori che, un po’ come il Dottor Stranamore, hanno il braccio che gli scappa automatico a guidare l’avanzata contro la Casta ogni volta che sentono parlare di fatture e di scontrini, tutto sembra sul punto di capovolgersi: e sul banco degli imputati rischia di finirci proprio quel Tridico che, in piena sintonia con gli umori del partito che lo ha messo a dirigere l’Inps, viene considerato da tutti il regista neanche tanto occulto dell’operazione. Perché forse allo stato maggiore del M5s s’erano preoccupati per il parziale rinculo della schiera del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari; perché forse Luigi Di Maio non sapeva bene come guadagnarsi i titoli dei giornali a Ferragosto; sta di fatto che le veline contro i deputati presunti manigoldi escono con un tempismo inquietante e perfetto, dal quartiere generale dell’Eur.

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Tridico si difende come può, allora. Dice che la fuga di notizie non è certo dipesa da lui, e che anzi appena troverà la gola profonda dell’Inps lo punirà con una sanzione disciplinare, e che già quando ci fu la rivelazione dei dati riservati (e farlocchi, peraltro) sulla riduzione della povertà grazie al reddito di cittadinanza, s’era visto costretto a prendere provvedimenti. Ma il risultato, in ogni caso, è che le mezze notizie che fuoriescono dall’Inps scatenano una canea che risulta sospetta perfino ai grillini.

 

Ché a Vito Crimi non gli pareva vero di trovarsi finalmente tra le mani una grana che sapeva bene come gestire. Un lavoro facile, pulito, ordinaria amministrazione per chi è entrato in Parlamento con l’apriscatole in mano. “Vi chiedo cortesemente di autorizzarmi a chiedere una informazione collettiva all’Inps – scrive ai parlamentari – per sapere se, dai loro archivi, il vostro nominativo risulta essere beneficiario del bonus . Non si tratta di una rinuncia alla privacy, in quanto diamo per scontato che ciascuno di voi non ha fatto istanza per quel bonus quindi la risposta sarà sicuramente negativa”.

 

E invece niente: pure questa gli va storta. Perché il clima, nel M5s, è quello che è, e non basta lo slancio giacobino delle origini a sanare le fratture del gruppo. Così la deputata siciliana Azzurra Cancelleri si mette di traverso: “Con questa mossa stiamo facendo credere che siamo noi i colpevoli”, contesta. Subito seguita da Emanuela Corda: “Il capo politico dovrebbe chiedere la stessa dichiarazione anche ai consiglieri regionali e comunali, sennò così diventa una caccia al parlamentare”.

 

E infatti c’è perfino chi, come Federica Dieni, la decisione di Crimi la contesta in punto di diritto: “La richiesta che lui ci fa – ci dice –non è sostenibile dal punto di vista giuridico. Piuttosto che alimentare questa caccia alle streghe, dovremmo interrogarci sul perché abbiamo scritto così male la legge, consentendo anche a chi ha redditi elevati di ricevere il bonus”.

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