PUBBLICITÁ

L’estate del nostro talento

Claudio Cerasa

Oltre Genova. Una narrazione farlocca vorrebbe descriverci come immobili e indisciplinati. Ma l’Italia maggioritaria oggi è quella che si sta reinventando, dalla moda alle Pmi, alle startup che continuano ad assumere. Raccontatela con noi

PUBBLICITÁ

Non bisogna certo essere degli scienziati dell’economia per capire che l’estate che sta vivendo il nostro paese sarà un’estate fatta in buona parte di sofferenza, di paura, di angoscia, di ansia, di terrore e di preoccupazione verso un futuro che nessuno oggi sa quanto potrà essere migliore rispetto agli ultimi mesi vissuti dall’Italia. Non bisogna certo essere degli scienziati dell’economia per capire che quando un paese molto fragile come il nostro incrocia sulla sua strada un traumatico evento imprevisto, come il Covid, quel paese, che già prima del Covid non era riuscito a tornare ai livelli di crescita che aveva raggiunto prima dell’ultima crisi economica, avrà certamente più difficoltà di molti altri a riportare la sua testa sopra la superficie dell’acqua. Ma per quanto si possa essere giustamente preoccupati per le condizioni dell’Italia – e c’è da essere preoccupati visto il crollo storico del pil previsto a fine anno, circa meno 12 per cento, e visti i numeri da urlo sulla disoccupazione fotografati dalla Bce, che ha stimato per l’Italia un tasso di disoccupazione del 25 per cento includendo anche i lavoratori in Cig a zero ore – c’è un dato caratteriale che sta emergendo da questa estate italiana e che riguarda una narrazione farlocca che vorrebbe descrivere il nostro paese come un insieme di individui depressi, immobili, rancorosi, isterici, indisciplinati, irresponsabili e semplicemente incapaci di reagire.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non bisogna certo essere degli scienziati dell’economia per capire che l’estate che sta vivendo il nostro paese sarà un’estate fatta in buona parte di sofferenza, di paura, di angoscia, di ansia, di terrore e di preoccupazione verso un futuro che nessuno oggi sa quanto potrà essere migliore rispetto agli ultimi mesi vissuti dall’Italia. Non bisogna certo essere degli scienziati dell’economia per capire che quando un paese molto fragile come il nostro incrocia sulla sua strada un traumatico evento imprevisto, come il Covid, quel paese, che già prima del Covid non era riuscito a tornare ai livelli di crescita che aveva raggiunto prima dell’ultima crisi economica, avrà certamente più difficoltà di molti altri a riportare la sua testa sopra la superficie dell’acqua. Ma per quanto si possa essere giustamente preoccupati per le condizioni dell’Italia – e c’è da essere preoccupati visto il crollo storico del pil previsto a fine anno, circa meno 12 per cento, e visti i numeri da urlo sulla disoccupazione fotografati dalla Bce, che ha stimato per l’Italia un tasso di disoccupazione del 25 per cento includendo anche i lavoratori in Cig a zero ore – c’è un dato caratteriale che sta emergendo da questa estate italiana e che riguarda una narrazione farlocca che vorrebbe descrivere il nostro paese come un insieme di individui depressi, immobili, rancorosi, isterici, indisciplinati, irresponsabili e semplicemente incapaci di reagire.

PUBBLICITÁ

   

La narrazione prevalente della nostra estate è una narrazione che tende ogni giorno a descrivere l’Italia come un paese sull’orlo di una guerra civile ed è una narrazione che tende costantemente a ricordarci che le cose che oggi vanno male potrebbero andare ancora peggio. Questa narrazione apocalittica non è sempre esagerata ma è una narrazione che fotografa solo un pezzo di paese ignorando in modo colpevole un pezzo maggioritario di Italia che di fronte alla crisi ha fatto quello che in pochi si sarebbero aspettati: si è messo in gioco, si è fatto in quattro, si è reinventato, si è adattato e ha scelto per quanto possibile di dare sfogo alla propria creatività provando a trasformare questa stagione sospesa in una opportunità per riprogettare il proprio futuro. Il risultato è quello che ciascuno di noi osserva nella propria esperienza quotidiana che mai come oggi è distante rispetto a quella rappresentata da una buona parte della politica e da un pezzo significativo dell’opinione pubblica del paese. L’Italia spaventata esiste, eccome, ma accanto a questa ce n’è una altrettanto consistente e decisamente trasversale che piuttosto che cercare di individuare ogni giorno il pelo nell’uovo, e cioè ciò che tutto poteva andare meglio in questi mesi, si fa ogni giorno in quattro per cercare di essere padrona del proprio destino. E’ l’Italia delle oltre 400 ditte di moda che nella fase post lockdown si sono riconvertite per arrivare a fabbricare ogni giorno due milioni di mascherine tessili e chirurgiche. E’ l’Italia delle piccole e medie imprese che in tre casi su dieci è riuscita a sfruttare la stagione del lockdown per accelerare la sua trasformazione digitale. E’ l’Italia delle così dette startup innovative che, come raccontato da uno studio di Vc Hub Italia e Ey, in sei casi su dieci ha continuato ad assumere personale durante i mesi della pandemia.

    

PUBBLICITÁ

E’ l’Italia del turismo che nonostante il dramma di questi mesi è riuscita a creare le condizioni per non disincentivare eccessivamente le vacanze, con il risultato che a Ferragosto, nella settimana che va dal 10 al 16 agosto, il settore del turismo, contro ogni previsione, vedrà esaurito il 79 per cento della sua offerta ricettiva. E’ l’Italia della Sanità pubblica e della farmaceutica privata che in questi mesi è riuscita a mettere in mostra il meglio del suo Sistema sanitario pubblico (che con tutti i suoi difetti ha dimostrato di essere ancora una volta uno dei migliori del mondo) e anche il meglio del suo sistema farmaceutico (il principale progetto europeo di vaccino anti Covid viaggia tra Pomezia, Oxford e Anagni). E’ l’Italia che per forza di cose ha costretto il tessuto produttivo del paese ad accelerare il suo processo di digitalizzazione e la sua alfabetizzazione tecnologica (l’e-commerce ha riscontrato un aumento significativo delle vendite, un più 81 per cento rispetto al 2019, secondo i dati indicati da Nielsen, con l’85 per cento di coloro che hanno fatto acquisti in marzo e aprile che non avevano mai fatto acquisti online in vita loro). E’ l’Italia dei freelance, dei dipendenti privati, delle partite Iva che sanno che differenza c’è tra usare lo smart working per stare sul divano e rendere il proprio lavoro più agile ed efficiente. E’ l’Italia della responsabilità e della resilienza che può permettersi di osservare con un pessimismo non eccessivo i prossimi mesi non solo grazie alla gestione non fuori di senno della pandemia da parte delle istituzioni ma anche grazie alla responsabilità dei cittadini il cui profilo anche durante l’estate somiglia poco a quello macchiettistico e irresponsabile offerto in questi giorni da molti giornali (provate a entrare in un supermercato, provate a entrare in un centro commerciale, provate a entrare in un ristorante, provate a entrare in un’azienda, provate a osservare la disciplina dei vostri vicini in treno, provate a far caso a quante volte durante il giorno incontrate sulla vostra strada un igienizzante, provate a misurare durante il giorno quanto l’Italia della pandemia sia più vicina a chi invita a usare me mascherine che a chi invita a considerare il virus un complotto dei poteri forti). Essere ottimisti, e lo diciamo da talebani dell’ottimismo, oggi rischia ovviamente di essere fuori luogo e persino fuorviante. Ma non capire che l’Italia maggioritaria oggi è quella che si sta reinventando, che si riconosce nel miracolo del ponte di Genova e si sta rimboccando le maniche, soffrendo e reagendo, significa non essere in grado di mettere a fuoco la rivoluzione che sta attraversando un pezzo non minoritario del paese. Un pezzo d’Italia che il Foglio vuole fotografare nei prossimi giorni e che chiunque voglia farlo con noi può segnalarci qui la sua storia: talento@ilfoglio.it. Perché l’estate che stiamo vivendo non è solo quella del nostro scontento ma è anche quella del nostro talento. Ed è ora di raccontarlo.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ