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La Lega gotica

Stefano Cingolani

C’è una ragione storica dietro le resistenze di alcuni paesi all’ultimo Consiglio europeo. Quando l’Hansa contrastò il Sacro romano impero

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“Gli affari come l’amore si prendono gioco delle leggi”.

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“Gli affari come l’amore si prendono gioco delle leggi”.

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David Landes, “Ricchezza e povertà delle nazioni”


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Italiani, sempre italiani, li troviamo dappertutto, in Europa, nel Mediterraneo, in occidente come in oriente. La conquista commerciale italiana si spingerà fin sulle sponde del Mar Nero: mercanti, marinai, notai italiani stanno in quei paesi come a casa loro. Ancor più straordinaria la loro conquista dell’occidente, lenta, plurisecolare. Fin dal 1127 li troviamo alle fiere di Ypres. Nella seconda metà del XII secolo già coprono la Francia con le loro potenti case che sono succursali delle compagnie di Firenze, di Piacenza, di Milano, di Roma, di Venezia. Li troviamo stabiliti in Bretagna fin al 1272. Hanno portato a nuova vita di volta in volta le fiere di Champagne, i traffici di Bruges, più tardi le fiere di Ginevra e di Lione; hanno creato la prima grandezza di Siviglia e di Lisbona; parteciperanno alla fondazione di Anversa, al primo sviluppo di Francoforte, saranno i padroni delle fiere genovesi dette di Besançon. Intelligenti, vivaci, insopportabili agli altri, odiati non meno che invidiati, si trovano dappertutto. Nei mari del Nord, a Bruges, a Southampton, a Londra, i marinai delle mastodontiche navi mediterranee invadono le città. Sarà stato per caso se il grande terreno di scontro tra protestanti e cattolici è stato l’Atlantico? I marinai del Nord nemici dei marinai del Sud. E’ un passato che può spiegare molte collere tenaci”. Il brano di Fernand Braudel, preso dalla sua monumentale opera “Civiltà materiale, economia e capitalismo”, può servire a spiegare quel che è successo all’ultimo consiglio dell’Unione europea, quel che è accaduto prima, durante e quel che accadrà dopo?


L’accordo sul Fondo per la ripresa rappresenta un passo avanti: per la prima volta viene condiviso il nuovo debito


 

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Si è parlato di evento storico. Poche altre volte la storia è stata evocata con tale enfasi. Non c’è dubbio che l’accordo sul fondo per la ripresa rappresenti un passo avanti: per la prima volta viene condiviso il nuovo debito, è una tappa cruciale nell’incerto cammino federalista ricco di ponti tibetani gettati sull’abisso. “C’erano versioni diverse dell’Europa”, ha commentato Emmanuel Macron. C’erano e ci sono ancora. Non si tratta solo di interessi, né soltanto di giochi politici visto che accomunano destra e sinistra, popolari e socialisti, sovranisti e liberali. E qui davvero si apre il grande libro della storia. Che cosa ha da insegnare la mitica magistra vitae? L’Europa emersa dalla più lunga, dura, estenuante trattativa mai condotta dalla nascita del trattato di Maastricht in poi, appare divisa in quattro grandi aree: quella renana (Germania e Francia) che resta più che mai centrale, quella mediterranea, quella orientale e poi c’è l’asse nordico. Quest’ultimo attraversa, e non a caso, i luoghi, le città, le regioni, gli stati, che per secoli hanno unito la Lega Anseatica. Sono realtà per molti aspetti disomogenee, ma quel che le tiene insieme è più forte di quel che le divide: è il collante della cultura, della religione, non solo degli interessi immediati i quali, pure, hanno un ruolo determinante.

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Dal passato, insomma, rispunta con chiarezza la Hansa bund. Che cosa è stata e perché sopravvive ancora? “Le aringhe dalla Scania, il merluzzo da Bergen, il miele e le pellicce dalla Russia, la birra da Amburgo, il sale da Luneburgo, oltre al grano e al legname da Danzica e da Koenisberg venivano spediti verso occidente ai magazzini e alla contabilità di Bruges e di Londra. Verso oriente le imbarcazioni della Lega anseatica portavano soprattutto il sale dal Portogallo e della Francia, per conservare le aringhe e il merluzzo, le pezze di lana da Bruges e i metalli da Londra. Prima del XIII secolo e per un certo periodo anche dopo, il Mare del Nord e il Baltico costituirono un sistema commerciale diverso e in parte distinto da quello del Mediterraneo. La più grossa organizzazione alla quale facevano capo le città del Nord era la Lega anseatica, unione generale e informale di molte città tedesche come Lubecca, Colonia, Amburgo e Rostock che commerciavano da Bruges a Novgorod mentre avevano scambi continui a nord con Bergen in Norvegia”. Così scrive lo storico dell’Economia Charles Kindleberger nel suo libro “I primi del mondo”, sottolineando che “le pratiche commerciali anseatiche erano primitive. Non accettavano le cambiali ottenibili dalle città stato dell’Italia centro-settentrionale e le navi che attraccavano in un certo porto vendevano in moneta locale e compravano quel che potevano con la stessa, le differenze venivano colmate in natura. La Hansa si oppose all’intrusione dei banchieri italiani, ma allo stesso tempo non riuscì a sviluppare una propria adeguata struttura bancaria. I suoi mercanti credevano fermamente in un sistema commerciale bilanciato bilateralmente”. Ancora oggi l’insistenza sulla reciprocità rappresenta questa visione dell’economia che porta con sé anche una concezione dei rapporti tra i paesi e in definitiva della stessa politica estera. Non solo nell’Europa del Nord, sia chiaro, tutti i nemici della globalizzazione innalzano la reciprocità come bandiera, in realtà è una concezione che resta dipendente dalla cultura del baratto. Nel commercio con la Russia le merci venivano vendute contro pelli di martora che servivano quasi da unità monetaria. Un italiano aggirò le norme che vietavano la residenza agli stranieri sposando la figlia del borgomastro di Lubecca e organizzò una banca nel 1410 che fu però liquidata alla sua morte. Italiani ed ebrei erano il bersaglio degli anseatici per la loro maggiore velocità e intraprendenza (dote che condividevano con portoghesi e armeni), ma anche, anzi soprattutto, per l’approccio senza dubbio più sofisticato ai “giochi dello scambio” come li ha chiamati Braudel.

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Il progetto di una Nuova lega esiste e se ne è fatta promotrice l’Olanda nel 2018 con una lettera firmata anche da altri ministri delle Finanze


 

La Lega era anche particolare per la sua organizzazione politica, con responsabilità ampie e molto diffuse: il Sacro romano impero da una parte e dall’altra i nascenti stati nazionali erano i suoi veri avversari politici. Il primo, per quanto tollerante e con una struttura molto decentrata, imponeva comunque un’autorità superiore eletta dalla nobiltà germanica; i secondi con il loro sovranismo rampante volevano imporre dazi, gabelle, confini destinati a distruggere l’idea aperta e trasversale di commercio condivisa dall’Olanda alla Finlandia. Anche questo versante politico ha impressionanti richiami all’attualità, e molti storici, soprattutto britannici, hanno messo in evidenza le analogie tra l’Unione europea e l’Impero, il consiglio dei capi di governo e la dieta di Ratisbona. Un’altra impronta fondamentale che si imprimerà sulla mezzaluna anseatica anche quando ormai la Lega avrà smesso di funzionare: l’adesione al protestantesimo. Lutero e Calvino conquisteranno le menti, gli animi e poi anche le istituzioni nei Paesi Bassi, nella Germania settentrionale, nella Prussia, in Scandinavia fino ai confini con la Russia. Con in tasca il capitale e in mano la Bibbia luterana, lo spirito del capitalismo lassù soffiava più forte che non sulle sponde del Mediterraneo. Almeno così sosteneva Max Weber anche se si sbagliava, perché il capitalismo, a cominciare da quello finanziario, nacque proprio nel cuore del cattolicesimo, nell’Italia dei comuni e delle città stato. E’ vero, il termine “Borsa” deriva dal mondo anseatico, esattamente dalle riunioni di mercanti che si tenevano a Bruges nel Trecento e nel Quattrocento nel palazzo Ter Buerse (già taverna che radunava mercanti e specializzata nella loro consulenza) della famiglia Van der Bourse, tuttavia le piazze più importanti prima che nel XVII secolo si affermassero Amsterdam e Londra restarono per secoli Genova, Firenze e Venezia, soprattutto per determinare il valore delle merci in valute pregiate. Perché la prima rivoluzione finanziaria che aprì la strada al mondo nuovo tra il Trecento e il Quattrocento avvenne proprio in Italia. La competizione con il Mediterraneo e con l’Italia, che ne è sempre stata il centro di gravità, si trascina fin da allora, emerge e si sommerge come un fiume carsico attraverso le rocce dei secoli.

 

Ma torniamo alla nordica Hansa. Il nome, con buona pace di tutti conflitti di civiltà, viene dal latino medievale hanseaticus, aggettivo a sua volta derivato dall’antico tedesco Hanse che vuol dire raggruppamento, associazione. Le origini più lontane risalgono al XII secolo e il cuore resta Lubecca fondata nel 1143. Più o meno in quel periodo si sviluppano le prime informali intese tra mercanti e marinai tedeschi e fiamminghi che commerciano sul mare del Nord fino all’Inghilterra e sul Baltico fino alla Svezia e alla Finlandia. Gli accordi formali, invece, si resero necessari a causa di violenti conflitti, come la guerra commerciale che si trasformò in scontro armato tra tedeschi e svedesi per il controllo delle rotte baltiche attorno all’isola di Gotland collocata nel cuore del “Mediterraneo del nord”. Il duca Enrico il Leone nel 1161 impose la pace e fissò per iscritto i privilegi commerciali dei quali potevano godere i membri della compagnia. Fu il salto verso una esistenza codificata; il secondo balzo, quello che segnò l’accresciuta potenza della Lega, avvenne un secolo dopo, in un periodo in cui l’impero era lacerato e indebolito dai conflitti interni. I mercanti ottennero la conferma e l’estensione dei loro diritti grazie alla protezione delle città portuali. Il primo patto fu siglato tra Lubecca e Amburgo. A poco a poco si unì a est lo stato monastico dei Cavalieri Teutonici i quali, come ricompensa per il loro ruolo nelle crociate, avevano ottenuto la Prussia orientale fino alle attuali repubbliche baltiche, mentre a ovest aderirono molte città dei Paesi Bassi. Ogni municipio aveva un proprio consiglio guidato da un sindaco che rispondeva al governatore della Lega. Il primo Hansetag, il consiglio generale, risale al 1356, l’ultimo al 1669 al quale parteciparono solo poche città tedesche. Nel frattempo l’ordine teutonico era stato sconfitto dal nuovo regno di Polonia, i Paesi Bassi erano caduti sotto il dominio spagnolo, la Danimarca aveva condotto una guerra vittoriosa con la Lega, mentre la Svezia con la guerra dei trent’anni (1618-1648) era diventata la potenza egemone del nord protestante. La pace di Westfalia diede un nuovo ordine all’Europa dominata dalle nuove monarchie assolute, un ordine nel quale restava poco spazio alle autonomie mercantili, anche se Lubecca, Brema e Amburgo continuarono a farsi chiamare Freie und Hansestadt, libera città anseatica, un titolo rimosso dal Partito nazista dopo che il Senato di Lubecca ebbe negato il permesso ad Adolf Hitler di parlare durante la campagna elettorale, costringendolo a tenere il proprio discorso a Bad Schwartau, un villaggio dei dintorni. Da allora il dittatore, per riferirsi a Lubecca, usò sempre l’espressione “quella piccola città vicino a Bad Schwartau”. Oggi resta traccia della storia anseatica nelle targhe automobilistiche perché lettera H come Hansestadt precede la prima lettera della città: HL (Lübeck), HH (Hamburg), HRO (Rostock), HB (Bremen).


Tutti i nemici della globalizzazione innalzano la reciprocità come bandiera. La cultura del baratto


 

Un tentativo di far rinascere una Lega in chiave prettamente tedesca era stato compiuto ai primi del Novecento. Per rispondere alla forte influenza sul governo della Federazione degli agricoltori, le associazioni degli industriali e degli artigiani misero in piedi nel 1909 una lega con l’intento di sostenere il libero scambio contro il protezionismo agrario e opporsi anche politicamente alla destra conservatrice. Vicina alle formazioni liberali, voleva una collaborazione con i socialdemocratici, una sorta di “patto dei produttori” per usare una espressione in voga in Italia negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Ma lo spostamento a sinistra provocò una rottura con le associazioni degli industriali e la Lega perse peso. La Prima guerra mondiale e il collasso del Reich cambiarono tutto.

 

I paesi del nord, i cosiddetti frugali che oggi convergono su una linea comune, possono trovare anche una qualche formula organizzativa? In fondo a est è nato il blocco di Visegrád che esercita una influenza nient’affatto trascurabile sulla vita dell’Unione europea. Il progetto di una Nuova lega anseatica, in effetti, esiste e se ne è fatta promotrice proprio l’Olanda nel 2018 con una lettera firmata anche dai ministri delle Finanze di Danimarca, Svezia, Finlandia, i tre paesi baltici (Lettonia, Estonia e Lituania) più l’Irlanda, insomma il fronte rigorista che si è battuto strenuamente nell’ultimo consiglio europeo. L’obiettivo è resistere a ogni ulteriore passo avanti in senso federale; qualsiasi scelta che in qualche modo trasferisca le competenze verso la commissione viene ostacolata, osteggiata, combattuta dalla nuova coalizione.


Il nome, con buona pace di tutti i conflitti, viene dal latino medievale hanseaticus, aggettivo a sua volta derivato dall’antico tedesco 


 

E’ qui la chiave per capire la tenace resistenza al fondo per la ripresa o per lo meno a quella parte di esso che, attraverso sovvenzioni a fondo perduto, mette in comune il nuovo debito, pone il peso sulle spalle del bilancio europeo e ne affida la gestione a Bruxelles. Si potrebbe dire che, dopo l’uscita della Gran Bretagna, diventano loro gli alfieri di una Europa delle nazioni contro il progetto federale verso il quale spingono per necessità i paesi mediterranei, per ambizione la Francia che pure ha sempre fatto della sua sovranità nazionale una pietra miliare e per convinzione la Germania attuale. L’aggettivo attuale riferito alla Germania è indispensabile perché anche al suo interno hanno preso forza i partiti e i movimenti della destra nazionalista; sono minoranza, sono tenuti alla larga dal governo, tuttavia sono lo spettro che torna ad angosciare i sonni dei tedeschi che avrebbero voluto cancellare una volta per tutte le ombre del “secolo breve” come lo ha chiamato Eric Hobsbawm e della “guerra civile europea” secondo la definizione dello storico tedesco Ernst Nolte il quale la fa cominciare non con lo scoppio del Primo conflitto mondiale, ma con la Rivoluzione bolscevica che alimentò fascismo e nazismo.

 

In una Europa divisa in blocchi non esiste una lega latina né mediterranea anche se Italia, Spagna, Portogallo e Grecia si sono mossi una volta tanto in sintonia. La recessione e la lenta ripresa dalla pandemia potrebbero cambiare anche questo spazio geopolitico.

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