PUBBLICITÁ

Il Recovery team. Tutti gli uomini del presidente

Carmelo Caruso

Mosse, ironia, astuzie. Whatsapp e sigarette. Amendola, Benassi, Massari. Chi sono gli italiani che in Europa hanno scortato Conte e ottenuto il successo

PUBBLICITÁ

La chiamano “squadretta” perché nessuna parola descrive meglio il passo compatto e perché chi “vince non deve mai ingigantirsi ma sempre rimpicciolirsi”. Giuseppe Conte li ha schierati così: “Pietro (Benassi), infaticabile, porta la palla a tutto campo, mentre sulle fasce tedesche e francesi ci protegge Maurizio (Massari). Roberto (Gualtieri) chiude in difesa e triangola con David (Sassoli) e Paolo (Gentiloni). Io ed Enzo (Amendola) andiamo avanti. Ce la facciamo. Vedrete”.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La chiamano “squadretta” perché nessuna parola descrive meglio il passo compatto e perché chi “vince non deve mai ingigantirsi ma sempre rimpicciolirsi”. Giuseppe Conte li ha schierati così: “Pietro (Benassi), infaticabile, porta la palla a tutto campo, mentre sulle fasce tedesche e francesi ci protegge Maurizio (Massari). Roberto (Gualtieri) chiude in difesa e triangola con David (Sassoli) e Paolo (Gentiloni). Io ed Enzo (Amendola) andiamo avanti. Ce la facciamo. Vedrete”.

PUBBLICITÁ

E così, alla quinta notte di negoziazione, quando davvero Giuseppe Conte e la sua “squadretta affiatatissima” ce l’hanno fatta, quando i “frugali” si sono piegati e si poteva finalmente tornare a casa (“abbiamo spostato i biglietti aerei per ben quattro volte. Ogni sera pensavamo di tornare e invece eravamo costretti a rimanere” raccontava il ministro Amendola a un amico), sulla chat speciale, creata per l’occasione, dal nome “Consiglio europeo 18-19”, l’ultimo messaggio è stato quello di Massari, rappresentante permanente dell’Italia presso la Ue: “Grazie. Sarà difficile dimenticare questa chat. Adesso sì che possiamo andare a dormire”. Ieri mattina, a mezzogiorno, riposavano ancora.

 

PUBBLICITÁ

E’ stata una finalissima e non è retorica. Lo conferma la parlamentare europea e presidente Econ, Irene Tinagli: “Poteva saltare tutto. Ho temuto di svegliarmi senza più Europa. E invece…”. L’Italia riceve il denaro che chiedeva, 209 miliardi di euro, e la confidenza di Angela Merkel che a Conte si dice abbia sussurrato queste parole malinconiche: “Ognuno sceglie il proprio posto, ma con te è stato più facile trovarlo”. 

La Germania si è opposta ai paesi frugali e Conte, che gli altri compagni definiscono “un abile torturatore”, “un trattativista eccellente”, ha mostrato che pure gli italiani, se vogliono, possono essere zelanti e rigidi. Durante la riunione plenaria ha esordito in questo modo: “Pretendo un parere legale. Chiedo di revisionare il punto 19 che riguarda la governance. Non può essere il Consiglio a decidere sui piani”. E, malgrado fosse solo e senza Amendola, fedelissimo scudiero, che lo attendeva fuori dalla stanza, il premier ha pazientemente spiegato che non difendeva solo l’Italia ma addirittura l’impianto europeo: “Quello che state introducendo è un diritto di veto pericolosissimo. Si scavalca la Commissione. Non ha validità giuridica. Vi avverto”.

 

PUBBLICITÁ

Li ha insomma storditi con i suoi strumenti migliori e ha continuato massacrando gli avverbi che gli proponeva il premier olandese Rutte (“No. Qui si deve cambiare con satisfactory”). Poi ha trattato sui miliardi. Gli olandesi ne offrivano trecento. Conte si stava per alzare. “350?” hanno replicato loro. Si poteva chiudere a 375 – e sarebbe stato un successo garantiscono da Roma – ma è lì che Conte ha avuto la “zampata” che è cosa diversa dal “cucchiaio”, il gesto dell’irrisione. “Chiudiamo a 390”. L’ha spuntata lui.

PUBBLICITÁ

 

Chi ha partecipato a questo Consiglio europeo dice che ieri si è ottenuta una vittoria, ma dice pure che si è sperimentato un nuovo modo di fare diplomazia. “Siamo di fronte alla prima grande negoziazione europea via WhatsApp. Un inedito”. Una partita tecnicamente complessa ha coinvolto il meglio della nostra amministrazione. Nella chat (venti partecipanti) sono stati inseriti i tecnici del Mef, del Maeci. L’uomo dei numeri si è rivelato essere Luigi Di Santo, direttore dei Rapporti finanziari europei, stimato da Gualtieri: “Di lui mi fido”.

PUBBLICITÁ

 

 

In tempo reale, a ogni offerta, partiva un messaggio: “Ci conviene?”. Da Roma si processavano allora i numeri in tempi strettissimi. Venticinque minuti per formulare le risposte. La “squadretta”, da Bruxelles, era così nelle condizioni di valutare, e accettare, quelli che potevano apparire tagli e che invece erano vantaggi. Per cinque giorni la delegazione italiana è rimasta nella sede di rappresentanza ed era accerchiata non solo come modo di dire, pigrizia giornalistica. “I nostri uffici stanno in mezzo. A destra ci sono gli olandesi e a sinistra gli austriaci. Se non fosse stato per Pietro e per la sua ironia…”.

 

E quando al governo dicono Pietro intendono Benassi, consigliere diplomatico del presidente Conte, uno che ha avuto il coraggio di dire che i tedeschi sono lenti: “Noi abbiamo l’Alta velocità e voi no. Impiegate sei ore per andare da Monaco a Berlino. Noi da Roma a Milano ne impieghiamo tre”. E’ romano ed è stato ambasciatore a L’Avana, Varsavia e poi Berlino, capo di gabinetto di Emma Bonino al ministero degli Esteri. Conte non apprezza solo la sua competenza. “Mi piacciono gli uomini che hanno il gusto per l’aforisma, la freddura. Uno come Pietro” dice Conte di Benassi. E Benassi di Conte: “Quasi quasi, presidente, sei più simpatico di me”.

 

Benassi è capace di citare a memoria tutte le battute della commedia italiana e di Vittorio Gassman. Nelle trattative prima seduce, poi si fa serio. Ha sempre vinto così. Nei momenti più tesi del confronto è stato visto correre insieme ad Amendola, compagno di sigaretta (solo Winston Blu) e rifugiarsi nelle cabine riservate a questo piccolo ma necessario vizio. Entrambi, sorridendo, si chiedevano: “Quante ne hai fumate?”. Ma cosa si poteva fare? Come sa essere infatti crudele l’Europa… Pochissimi ristoranti aperti e dunque sia Conte che Amendola, Benassi e Massari hanno mangiato “voracemente” frutta e senza mai togliersi la camicia. “Siamo professionisti. La camicia non si apre neppure dopo tante ore” istruiva Massari.

 

Lo dichiarava come se fosse questa la vera cifra che li distingue insieme alla geografia. Conte, Amendola, Benassi, Massari, Gualtieri sanno prendere le misure in Europa perché sanno come vestirsi che è un’altra competenza. Massari non può rinunciare ai suoi completi di sartoria napoletana e come Amendola non transige sulla lunghezza dei pantaloni che non deve mai sfiorare la scarpa. Entrambi sono nati a Napoli.

 

E’ forse un caso se nel mondo gli ambasciatori di rilievo sono campani? A Mosca c’è Pasquale Terracciano. A Melbourne è console Pierluigi Trombetta. A Nuova Delhi ambasciatore è Vincenzo De Luca. Non è altro che la diplomazia meridionale, una scuola che in Giorgio Napolitano ha un caposcuola e che leggendo i libri di Raffaele La Capria ha annusato il cosmopolitismo. E’ la capacità speciale di risultare simpatici ma senza guasconate, di rimanere lucidi nella confusione, di sottrarsi anche ai complimenti. Ieri, a Palazzo Chigi, premier e ministri erano felici non solo, e non tanto, di avercela fatta, ma di aver dimostrato che “esiste un’Italia tosta che non sbatte i pugni, ma che sa sbattere proposte”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ