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Le buone ragioni di Sala

Redazione

Tante critiche, ma in effetti nella parità salariale c’è qualcosa che non funziona

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Beppe Sala ha osservato, parlando in una diretta su Facebook rivolta ai giovani del Pd, che “se un dipendente pubblico, a parità di ruolo, guadagna gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria, è intrinsecamente sbagliato, perché il costo della vita in quelle due realtà è diverso”. Le reazioni a questa opinione sono state immediate e persino paradossali: il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà chiede le scuse immediate del suo collega milanese, che avrebbe “preso un abbaglio” e sostiene che invece, a causa dei disagi ambientali e delle carenze di servizi, i lavoratori del sud dovrebbero essere “pagati il doppio”. Anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha voluto marcare il dissenso netto dall’“amico” Sala. All’ondata di proteste ha partecipato anche l’arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, e, naturalmente, tutta la nomenklatura sindacale, oltre ai ministri Giuseppe Provenzano, titolare della Coesione territoriale ed Enzo Amendola, titolare degli Affari europei. Questa unanimità di critiche però non basta a convincere che l’argomento accennato da Sala non sia fondato.

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Beppe Sala ha osservato, parlando in una diretta su Facebook rivolta ai giovani del Pd, che “se un dipendente pubblico, a parità di ruolo, guadagna gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria, è intrinsecamente sbagliato, perché il costo della vita in quelle due realtà è diverso”. Le reazioni a questa opinione sono state immediate e persino paradossali: il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà chiede le scuse immediate del suo collega milanese, che avrebbe “preso un abbaglio” e sostiene che invece, a causa dei disagi ambientali e delle carenze di servizi, i lavoratori del sud dovrebbero essere “pagati il doppio”. Anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha voluto marcare il dissenso netto dall’“amico” Sala. All’ondata di proteste ha partecipato anche l’arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, e, naturalmente, tutta la nomenklatura sindacale, oltre ai ministri Giuseppe Provenzano, titolare della Coesione territoriale ed Enzo Amendola, titolare degli Affari europei. Questa unanimità di critiche però non basta a convincere che l’argomento accennato da Sala non sia fondato.

 

Da quando, nel 1975, sono state abolite le differenziazioni salariali tra le diverse zone del paese, le condizioni relative del Mezzogiorno rispetto al resto dell’Italia non sono certo migliorate. Si è tentato varie volte di realizzare una contrattazione su base territoriale, come accade per esempio in Germania (dove i salari dell’est sono ancora di circa il 20 per cento più bassi di quelli dell’ovest), ma i tentativi sono sempre falliti. Legare i salari alla produttività non è una bizzarria paraleghista, ma un banale per porre le condizioni di una crescita sostenibile e legata ai fondamentali economici di un territorio. Si può convenire che un problema così complesso non possa essere affrontato con una frase, ma naturalmente Sala voleva aprire una discussione, e invece ha ricevuto solo rifiuti sdegnosi di chi è partito dal presupposto che si debbano tagliare gli stipendi al sud e non aumentare quelli al nord. Un riflesso condizionato tipico di chi ha la coda di paglia.

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