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Guerra politica e legale

Perché i nuovi equilibri del governo passano dal futuro di Autostrade

Luciano Capone

Il “paradosso” della gestione del Ponte e il populismo alla prova della realtà. Dopo le abiure di Tav e Tap, il M5s farà di tutto per ottenere una revoca spericolata. Il Pd sarà in grado di disinnescare il grillismo?

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La concessione non è caducata e quindi va applicata”. Con una rima, e facendo il verso alla famosa procedura di “caducazione” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, un esperto della materia sintetizza i termini della questione alla base dello psicodramma grillino sul fronte Autostrade. Tutto parte dalla lettera, inviata al commissario straordinario Marco Bucci, con cui il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli specifica che la gestione del nuovo ponte di Genova tornerà ad Aspi in quanto “la consegna dell’infrastruttura al concessionario deve risultare coerente con l’assetto normativo, anche al fine di prevenire potenziali contenziosi con l’amministrazione”. In pratica, come spiega poi più chiaramente la De Micheli, “la gestione del Ponte di Genova andrà al concessionario. In questa fase il concessionario è Aspi che è soggetto all’ultima fase del percorso di revoca”.

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La concessione non è caducata e quindi va applicata”. Con una rima, e facendo il verso alla famosa procedura di “caducazione” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, un esperto della materia sintetizza i termini della questione alla base dello psicodramma grillino sul fronte Autostrade. Tutto parte dalla lettera, inviata al commissario straordinario Marco Bucci, con cui il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli specifica che la gestione del nuovo ponte di Genova tornerà ad Aspi in quanto “la consegna dell’infrastruttura al concessionario deve risultare coerente con l’assetto normativo, anche al fine di prevenire potenziali contenziosi con l’amministrazione”. In pratica, come spiega poi più chiaramente la De Micheli, “la gestione del Ponte di Genova andrà al concessionario. In questa fase il concessionario è Aspi che è soggetto all’ultima fase del percorso di revoca”.

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Il M5s non sembra però dello stesso avviso: “Il Ponte di Genova non deve essere riconsegnato nelle mani di Benetton. Non possiamo permetterlo. Questi irresponsabili devono ancora rendere conto di quanto è successo e non dovrebbero più gestire le autostrade” ha detto il reggente del M5s Vito Crimi, seguito da dichiarazioni dello stesso tenore di colleghi di partito. Ma a confermare l’impostazione della De Micheli (e del nostro esperto) arriva il premier Conte: “La situazione è paradossale e rischia di diventare assurda – ha dichiarato –. Fino a quando il concessionario è Autostrade, il ponte non può che automaticamente essere nella concessione di Autostrade. Chiuderò il dossier ad horas, entro la settimana”.

 

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Conte commenta la questione come se fosse uno spettatore. Come se il paradosso non fosse l’esito di come i suoi governi, quello gialloverde e quello giallorosso, hanno maneggiato la vicenda. Sembra passata un’eternità da quando il 16 agosto 2018, subito dopo il crollo del Ponte Morandi, il governo annunciava la revoca della concessione al gruppo controllato da Atlantia. “Non possiamo attendere i tempi della giustizia penale”, disse l’allora Avvocato del popolo, in mezzo ai suoi vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio (a sua volta affiancato dal ministro Danilo Toninelli). “Chi non vuole revocare le concessioni deve passare sul mio cadavere”, disse in maniera più esplicita Di Maio.

 

Da allora sono passati quasi due anni e molte cose sono cambiate: Salvini non è più al governo, Toninelli non è più ministro, Di Maio non è più capo politico del M5s. Conte è sempre premier, ma con un’altra maggioranza, e però si sorprende per una situazione “assurda” dovuta al fatto che nulla è stato deciso. Di buono c’è stato sicuramente la ricostruzione del ponte, avvenuta a tempi record tanto da diventare un esempio di come realizzare le infrastrutture: il “modello Genova”. Ma questa buona prova si è intrecciata con la pessima gestione della revoca, che è partita sull’onda del furore politico e si è impigliata nelle maglie dei limiti giuridici. Così la rapidità della ricostruzione è entrata in collisione con la lentezza della “caducazione”, producendo il paradosso: per inaugurare presto il ponte di Genova bisogna riaffidarne la gestione ad Autostrade; per evitare che il ponte finisca in mano ai Benetton si dovrebbe ritardare l’apertura, vanificando la ricostruzione-lampo. Questo dilemma, sul quale si misurerà anche la capacità del Pd di cambiare gli equilibri all’interno della maggioranza, rischia di far avvitare la coalizione di governo spingendo il M5s – che ha già perso la faccia su diversi dossier, dalla Tav al Tap – a chiedere la revoca della concessione a ogni costo. Anche a rischio di esporre lo stato a un maxi risarcimento. Una soluzione intermedia potrebbe essere una revoca parziale, con l’affidamento dell’A10 all’Anas come previsto dal Milleproroghe. Ma, dato che la concessione è unica, è necessario un accordo-compromesso con Atlantia.

 

La battaglia politico-legale sarà lunga, ma ieri il governo ha incassato una vittoria. La Corte costituzionale ha confermato la legittimità dell’esclusione di Aspi dalla procedura di demolizione e ricostruzione del ponte prevista dal “decreto Genova”: la scelta di estromettere “in via precauzionale” la concessionaria è giustificata dalla “eccezionale gravità della situazione”.

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