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Beppe Sala triste, solitario (ma non ancora y final). Deciderà la bici

Maurizio Crippa

La linea d’ombra personale, il suo modello di Milano che non c’è più. E il problema della sinistra riformista sparita

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Milano. “Quando cadi dall’alto ti fai più male. Milano stava volando”, ha detto qualche tempo fa al Corriere della Sera. Perfetta sintesi (l’uomo sa comunicare) amara e pertinente su due fronti: il primo è la sua città, che certo non è schiantata ma che il Covid ha reso anatra zoppa, ci vorranno “uno o due anni di sofferenza”, ha detto ancora ieri. Il secondo è lui stesso. Beppe Sala, il sindaco con ambizioni (anche politiche) e visioni più ampie della semplice amministrazione (il suo ultimo libro, “Società per azioni”, ragiona di società civile da rendere protagonista, di nuovi socialismi, di città, dell’eredità di Aldo Moro che non fu raccolta da nessuno), e anche l’uomo privato Beppe Sala. L’ex manager pragmatico, l’ex Mr Expo ottimista vincente e in camicia bianca, il sindaco del “place to be” da qualche tempo appare triste, preoccupato, dubbioso. Non è ancora scritto che sia anche “y final” (ci sta solo pensando), ma di certo solitario sì. Perché le scelte – ricandidarsi o rinunciare alla seconda corsa – sono in ultima istanza sue, e questo sarebbe il meno. Il fatto più generale e complicato è che sa di non avere più un “modello” vincente, bisogna trovarne un altro, e dietro di sé avverte di non avere nemmeno una parte politica pronta a condividere la sua partita.

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Milano. “Quando cadi dall’alto ti fai più male. Milano stava volando”, ha detto qualche tempo fa al Corriere della Sera. Perfetta sintesi (l’uomo sa comunicare) amara e pertinente su due fronti: il primo è la sua città, che certo non è schiantata ma che il Covid ha reso anatra zoppa, ci vorranno “uno o due anni di sofferenza”, ha detto ancora ieri. Il secondo è lui stesso. Beppe Sala, il sindaco con ambizioni (anche politiche) e visioni più ampie della semplice amministrazione (il suo ultimo libro, “Società per azioni”, ragiona di società civile da rendere protagonista, di nuovi socialismi, di città, dell’eredità di Aldo Moro che non fu raccolta da nessuno), e anche l’uomo privato Beppe Sala. L’ex manager pragmatico, l’ex Mr Expo ottimista vincente e in camicia bianca, il sindaco del “place to be” da qualche tempo appare triste, preoccupato, dubbioso. Non è ancora scritto che sia anche “y final” (ci sta solo pensando), ma di certo solitario sì. Perché le scelte – ricandidarsi o rinunciare alla seconda corsa – sono in ultima istanza sue, e questo sarebbe il meno. Il fatto più generale e complicato è che sa di non avere più un “modello” vincente, bisogna trovarne un altro, e dietro di sé avverte di non avere nemmeno una parte politica pronta a condividere la sua partita.

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E’ un Beppe Sala malinconico, diverso dall’ottimismo per cui è conosciuto, il sindaco degli ultimi mesi. Certo, lo choc del Covid in una città molto colpita, il senso di impotenza, l’evidenza che la metropoli luccicante che attirava capitali, cervelli, studenti e bella gente in un attimo s’è ritrovata sola e in difficoltà. Certo, qualche uscita social infelice di cui s’è reso presto conto. Certo, la preoccupazione sincera per i prossimi mesi (lui dice anni) di crisi economica, di disoccupazione in città. Ma lo sportivo sessantenne gagliardo e progettuale, persino personalista e presenzialista, dà come l’impressione, e non fa molto per nasconderlo, di essere nei pressi di una sua personale linea d’ombra. “E’ la prima volta in vita mia in cui dormo male e soffro”, ha detto intervistato dal sito TPI. Nel libro, uscito nei giorni pandemici, ha raccontato la sua malattia, la stessa che portò via suo padre, e che è stata la sua prima linea d’ombra: “Senza la malattia non sarei qui. Mi ha cambiato profondamente. Avevo 39 anni ed ero molto concentrato su me stesso. Impiegarono tre mesi a diagnosticarmi un linfoma non Hodgkin”. Ora è alle prese con la decisione del secondo mandato e alterna scatti d’orgoglio, quando Salvini lo fa incazzare, a dubbi amletici che tengono sul chi vive la sinistra meneghina. Le montagne russe delle vecchie Varesine: “Ho già detto che non so se mi ricandiderò a sindaco e questa per me è una dichiarazione d’amore per Milano, perché io voglio il meglio per la città. Se questo meglio posso esserlo io perché ho la forza, le motivazioni, la salute per farlo, credo che, con un filo di arroganza, nessuno come me può farlo”. Alternato a momenti crepuscolari: “Quando cinque anni fa dovevo decidermi se candidarmi ho fatto il Cammino di Santiago. Ora non riesco. Allora mi sono comperato una bici da corsa e rifletterò in sella durante le mie vacanze liguri”. 

 

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Poi c’è la parte sistemica di questa inedita tristezza del sindaco. Milano è una città che da quindici anni almeno funziona da sola, senza nulla togliere al sindaco e ai sindaci bipartisan che l’hanno guidata. Sala ha messo nel motore il modello Expo, il modello week, la forza di un grande sviluppo immobiliare. Ma ieri persino Manfredi Catella ha parlato di uno sviluppo di ricchezza da grattacieli finito, o comunque da ripensare. La città green continuerà, ma nell’immediato non saranno monopattini e riforestazioni di medio e lungo termine a salvare posti di lavoro e richiamare un turismo perduto da 9 milioni all’anno. Quel “modello Milano” è finito, compreso certo sberluccichio culturale, e Sala è il primo a saperlo. E il più onesto ad ammettere che il piano B per ora non c’è, per ora ci sono lacrime e sangue. Sala si ritrova solitario, con un ex modello di cui a Roma il governo che pure dovrebbe essere il suo (ma “non ha una linea chiara”) non vuol sentire parlare. E solitario, last but not least, perché, ricandidato o no, a Milano al momento non esiste più un pacchetto di mischia riformista pronto a sostenerlo. C’è l’ombra del suo ex assessore Majorino, che ha in mente una politica per milano molto meno smart e business oriented. C’è un Pd che dal riformismo ambrosiano si è riallineato al conservatorismo zingarettiano. Un Sala final? Presto per dirlo, e a volte il dolore, la linea d’ombra, cambiano le persone in meglio, cambiano i destini politici. Non accade spesso, specie da noi, ma accade. Per ora c’è la bicicletta per pensare, la decisione davanti alla linea d’ombra è però vicina.

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