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La linea Conte non è quella che voleva Conte

Chi ha pressato, forzato perché si imboccasse la strada del lockdown non è stato il premier ma Dario Franceschini

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Nell’epoca del coronavirus la vulgata imperante narra di un Giuseppe Conte al timone della barca Italia, un presidente del Consiglio scopertosi decisionista, c’è chi lo paragona a Winston Churchill, per esempio. Ma forse non tutti sanno che è lui stesso a fare questo paragone. E non da ora: è da ben prima dell’emergenza che il premier ha come riferimento il grande statista britannico e adesso che l’ora si è fatta effettivamente buia sogna di emularne le gesta. 

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Nell’epoca del coronavirus la vulgata imperante narra di un Giuseppe Conte al timone della barca Italia, un presidente del Consiglio scopertosi decisionista, c’è chi lo paragona a Winston Churchill, per esempio. Ma forse non tutti sanno che è lui stesso a fare questo paragone. E non da ora: è da ben prima dell’emergenza che il premier ha come riferimento il grande statista britannico e adesso che l’ora si è fatta effettivamente buia sogna di emularne le gesta. 

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Poi c’è chi, senza arrivare a paragonare Giuseppe Conte a Churchill, lo dipinge comunque come un uomo trasformato dagli eventi, che si è guadagnato sul campo la leadership del paese. Ma è veramente così? Nei palazzi della politica raccontano un’altra storia. E dicono che al Partito democratico si siano un po’ stufati di questo presidente del Consiglio che agli occhi del Nazareno non appare così decisionista come invece appare all’esterno. Dicono anche che nel Partito democratico si stia facendo strada l’idea di sostituirlo, una volta finita l’emergenza Coronavirus. E raccontano pure che l’opzione elezioni anticipate dopo che si uscirà da questa fase così difficile non sia poi così tanto peregrina. Al Nazareno come al governo, infatti, sanno bene che l’Europa che ora appare madre più in là si trasformerà in matrigna. Che la Germania chiederà al nostro Paese il conto – salatissimo – dello sforamento attuale e futuro. E allora chiunque starà al governo dovrà far pagare ai cittadini lacrime e sangue. Una prospettiva, questa, che non piace affatto al Pd. Meglio andare alle elezioni, allora. Anche perché in questa fase la stella di Matteo Salvini appare un po’ appannata (per utilizzare un eufemismo) e il nemico interno, ovvero sia Matteo Renzi, traballa nei sondaggi, al contrario del Pd.

 

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In questi giorni, anzi, in queste settimane difficili per il nostro paese, c’è stato chi nel governo ha dettato la linea. Chi ha pressato, forzato perché si imboccasse la strada del lockdown (tutto chiuso, o quasi). E non è stato Giuseppe Conte che, anzi, aveva parecchi dubbi. Per esempio, quando si è trattato di decidere se chiudere le scuole, il premier aveva più di una perplessità. E chi gli ha forzato la mano? Dario Franceschini. Non solo, il ministro della Cultura è stato anche il più acceso fautore della “chiusura” dell’Italia, ancora prima che il premier e il suo stesso partito si fossero convinti che non vi era altra via da intraprendere. Ma non è nel carattere di Franceshini mettersi in mostra e capo della delegazione del Partito democratico al governo ha preferito lavorare pazientemente dietro le quinte per arrivare all’attuale soluzione. Questo è il suo stile e questa è la sua indole. Non voleva nessuna medaglietta sul petto, Franceschini. Ma nei palazzi della politica, dove, nonostante siano ormai semi deserti, le voci continuano a rincorrersi, sanno tutti che si deve al ministro della Cultura la linea adottata dal governo italiano e poi emulata dagli altri paesi dell’Unione europea.

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