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A Tomaso Montanari non piacciono i forestieri: non possiamo accoglierli tutti!

David Allegranti

Lo storico dell'arte, autoimprestato ma senza grandi risultati alla politica, è contento di Firenze città vuota: anche il coronavirus ha fatto cose buone

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Scrive Tomaso Montanari sul Fatto quotidiano che il coronavirus ha fatto anche cose buone. Poi, la prossima settimana, dirà pure che salutava sempre. “Anche dal pessimo coronavirus abbiamo il modo di ricavare qualcosa di buono” si lancia lo storico dell’arte, autoimprestato ma senza grandi risultati alla politica, in un articolo in cui mischia argomenti vari – la sanità, il turismo, il cambiamento climatico – per dire in un colpo solo che la decrescita è bella e che dobbiamo fare il culo alla globalizzazione. “La decrescita obbligata da virus dovrebbe darci la forza di capire che è tempo di consumare di meno, di far viaggiare di meno le merci, di lavorare per un numero minore di ore e così via. Di rinunciare, insomma, a questo devastante modello di crescita infinita” scrive Montanari, docente all’Università per Stranieri di Siena, che non vedeva l’ora di usare il coronavirus per ripetere ancora una volta quanto troppo turismo c’è a Firenze e che stavolta però è arrivata fortunatamente la grande livella a svuotare le strade del centro storico: “C’è poi un risvolto tutto italiano di questa lezione: quello che riguarda la decisa frenata della turistificazione di città come Venezia o Firenze, che hanno improvvisamente perso circa la metà delle prenotazioni, e che in questi giorni appaiono belle e accoglienti come non lo erano da trent’anni almeno. Una tragedia economica, un paradiso civile e sociale: possibile che questa clamorosa contraddizione non ci dica qualcosa sulla follia di un modello che distrugge inesorabilmente la ‘bellezza’ che vende?”.

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Scrive Tomaso Montanari sul Fatto quotidiano che il coronavirus ha fatto anche cose buone. Poi, la prossima settimana, dirà pure che salutava sempre. “Anche dal pessimo coronavirus abbiamo il modo di ricavare qualcosa di buono” si lancia lo storico dell’arte, autoimprestato ma senza grandi risultati alla politica, in un articolo in cui mischia argomenti vari – la sanità, il turismo, il cambiamento climatico – per dire in un colpo solo che la decrescita è bella e che dobbiamo fare il culo alla globalizzazione. “La decrescita obbligata da virus dovrebbe darci la forza di capire che è tempo di consumare di meno, di far viaggiare di meno le merci, di lavorare per un numero minore di ore e così via. Di rinunciare, insomma, a questo devastante modello di crescita infinita” scrive Montanari, docente all’Università per Stranieri di Siena, che non vedeva l’ora di usare il coronavirus per ripetere ancora una volta quanto troppo turismo c’è a Firenze e che stavolta però è arrivata fortunatamente la grande livella a svuotare le strade del centro storico: “C’è poi un risvolto tutto italiano di questa lezione: quello che riguarda la decisa frenata della turistificazione di città come Venezia o Firenze, che hanno improvvisamente perso circa la metà delle prenotazioni, e che in questi giorni appaiono belle e accoglienti come non lo erano da trent’anni almeno. Una tragedia economica, un paradiso civile e sociale: possibile che questa clamorosa contraddizione non ci dica qualcosa sulla follia di un modello che distrugge inesorabilmente la ‘bellezza’ che vende?”.

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Dunque, Montanari è contento che a Venezia e a Firenze si siano ridotte drasticamente le prenotazioni, poi chissenefrega se il pil si contrae, se la gente che con il turismo lavora e dà da mangiare alla propria famiglia perderà clienti e quindi guadagni. Chissenefrega se i ristoranti si svuotano, magari pure quelli in cui Montanari va a mangiare il brodino, e qualche cameriere ci rimetterà lo stipendio. Vuoi mettere poter andare in giro per via Calzaiuoli o agli Uffizi senza rotture di scatole? “Insomma, mi pare irrispettoso per chi lavora in quei settori. Sarebbe un po’ come se gli imprenditori fossero contenti che l’università è chiusa perché così diminuisce l’inquinamento intellettuale prodotto da alcuni professori non all’altezza del titolo”, dice al Foglio Mario Curia, fondatore della casa editrice Mandragora e responsabile cultura di Confindustria Firenze e della Camera di Commercio Firenze.

 

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Sicché, per dirla con Montanari, c’è troppo turismo nel capoluogo toscano, turismo becero e mordi e fuggi? Benissimo, c’è un solo modo per chiudere l’ingresso: alzare i prezzi per scoraggiare gli sbarchi di forestieri – non possiamo accoglierli tutti! – oppure mettere un ticket e dichiarare Firenze città chiusa (come i porti) e riservata ai residenti: prima i fiorentini! Trasformiamo per davvero Firenze in un grande museo in cui può accedere solo chi è in grado di permetterselo e il problema della gente che va e viene è risolto. La città sarà “bella e accogliente” e Montanari potrà mettersi il golfino per andare in piazza dei Ciompi a mangiare il gelato senza dover assistere a spettacoli indecenti come il turista che cammina in calzoni corti e ciabatte a febbraio.

 

Sarebbe interessante, comunque, sperimentare per una volta una città a misura di Montanari, che dice essere di sinistra ma disprezza il popolo quando se lo trova tra i piedi. Una Firenze in cui le opere degli Uffizi non si possono cedere temporaneamente, come accaduto con il “Ritratto di Leone X” di Raffaello, contro il cui prestito s’è dimesso il comitato scientifico capeggiato da Montanari dopo la decisione di Eike Schmidt, e in cui la gente non può temporaneamente recarsi in visita, perché la “bellezza” non si svende ma si conserva. Sarebbe interessante svegliarsi una mattina e scoprire che la Firenze di Montanari è un sarcofago.

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