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I guai della maggioranza oltre il virus

Valerio Valentini

Critiche sulla comunicazione e truppe schierate. Il vento sta cambiando nel governo. Scenari

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Roma. L’accanimento su quell’annuncio scippato (“Evidentemente qualcuno ha scavalcato la ministra Azzolina…”) è sembrato così fuori luogo che a un certo qualcuno è ricorso all’ironia: “Presidente, rimandiamo questo annuncio alla ricreazione?”. Segno, però, che a Giuseppe Conte il cortocircuito comunicativo sulla chiusura delle scuole aveva provocato un’irritazione notevole. E infatti pochi minuti dopo, il premier si alza e, con un cenno, chiama anche Luigi Di Maio e Dario Franceschini fuori dalla sala di Palazzo Chigi dov’è in corso la riunione con le parti sociali e i governatori collegati in videoconferenza. E lì, nel ballatoio del primo piano, mostra a Rocco Casalino il monitor del suo smartphone: “Ha visto i titoli dei giornali online? Sembra che c’abbiamo ripensato. Ma è possibile che dobbiamo fare una figura del genere, in un momento come questo?”. E quindi, concluso lo sfogo, giù per le scale verso la sala stampa, per una comunicazione immediata ai giornalisti insieme al ministro dell’Istruzione: “Sì, le scuole si chiudono”. E con esse, si spera, pure la schizofrenia comunicativa del governo. 

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Roma. L’accanimento su quell’annuncio scippato (“Evidentemente qualcuno ha scavalcato la ministra Azzolina…”) è sembrato così fuori luogo che a un certo qualcuno è ricorso all’ironia: “Presidente, rimandiamo questo annuncio alla ricreazione?”. Segno, però, che a Giuseppe Conte il cortocircuito comunicativo sulla chiusura delle scuole aveva provocato un’irritazione notevole. E infatti pochi minuti dopo, il premier si alza e, con un cenno, chiama anche Luigi Di Maio e Dario Franceschini fuori dalla sala di Palazzo Chigi dov’è in corso la riunione con le parti sociali e i governatori collegati in videoconferenza. E lì, nel ballatoio del primo piano, mostra a Rocco Casalino il monitor del suo smartphone: “Ha visto i titoli dei giornali online? Sembra che c’abbiamo ripensato. Ma è possibile che dobbiamo fare una figura del genere, in un momento come questo?”. E quindi, concluso lo sfogo, giù per le scale verso la sala stampa, per una comunicazione immediata ai giornalisti insieme al ministro dell’Istruzione: “Sì, le scuole si chiudono”. E con esse, si spera, pure la schizofrenia comunicativa del governo. 

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Si apriva invece, in quel pomeriggio di mercoledì, una frattura non proprio superficiale tra il premier e il Pd: uno sbrego, ecco, sotto cui però s’intravede tutto un coacervo d’insofferenza e di fatica. E non c’entra solo il fatto che, a perdere la pazienza e forse pure le staffe, sulla vicenda delle scuole è stato il più serafico di tutta la squadra dei ministri dem, quel Dario Franceschini che la titubanza di Conte sull’urgenza di adottare decisioni drastiche non l’ha proprio capita, sentendo poi quelle voci, diffuse tra lo staff del premier, che lo descrivevano come “ipocondriaco”. “E’ chiaramente al limite della sopportazione”, racconta, con fintà imparzialità, Gian Marco Centinaio, il colonnello leghista che da Franceschini è stato ricevuto lunedì scorso per discutere di alcune proposte del Carroccio in tema di sostegno al turismo. “S’è sfogato un po’. Ha confessato – racconta Centinaio – che è circondato da incompetenti, che non riesce a far capire agli altri la necessità di agire con fermezza”. E certo, ci sta che ai leghisti faccia piacere, e anche comodo, esagerare un po’, nel resoconto. Però è innegabile che, sulla gestione di questi giorni di crisi del covid19, i continui sbandamenti del premier non sono piaciuti. “Ha gridato l’allarme quando c’era da stare da calmi, e ha tentennato quando c’era da essere risoluti”, ragionano tra loro i dirigenti dem, rimasti sorpresi dai timori che il premier mostrava sulle ricadute economiche e in termini d’immagine del paese legate alla chiusura delle scuole. E infatti alla fine se l’è presa Roberto Gualtieri la briga di rassicurare Conte, e insieme a lui anche i rappresentanti di sindacati e imprese, sulla necessità di alzare la guardia contro il virus: “Dobbiamo essere consapevoli – ha ragionato il ministro col premier – che oggi la misura più efficace di sostegno all’economia è il contenimento dell’epidemia. Perché quanto più il contenimento sarà efficace, tanto più breve sarà la sofferenza del sistema produttivo”.

 

Il pasticcio in commissione

Ma non tutto, del malumore che monta nel Pd, lo si deve alla gestione della crisi. Perché ad essere sempre più logora è anche la tenuta dei rapporti parlamentari con gli alleati del M5s. E così, la riunione che mercoledì sera il capogruppo Graziano Delrio ha indetto per aggiornare i suoi deputati sugli sviluppi della crisi epidemica, s’è trasformata in un mezzo sfogatoio contro l’inaffidabilità grillina. Del resto, solo poche ore prima in commissione Finanze s’era consumato l’ennesimo pasticcio. Perché l’accordo di maggioranza, stipulato da tempo, sull’elezione del grillino Nicola Grimaldi come nuovo presidente, non ha retto. Il suo collega Raffaele Trano, rimasto già scottato nelle estenuante corsa interna per la scelta del capogruppo nella quale era stato costretto a ritirarsi tra non pochi malumori, da giorni brigava coi colleghi di commissione leghisti per ribaltare l’esito della votazione. E Giulio Centemero e Massimo Bitonci, colonnelli salviniani, a loro volta preparavano il blitz col resto della commissione, coinvolgendo anche gli ex grillini Angiola e Aprile intanto finiti nel Misto. “Del resto Trano sono un dottore commercialista, Grimaldi è un medico”, se la ridevano un po’ tutti. Risultato: 20 a 19 per le opposizioni. Ne è seguito un trambusto non indifferente, e una riunione assai agitata del direttivo del M5s che di fatto chiedeva a Trano di valutare un eventuale passo indietro. E lui, la voglia che ha di farla, questa rinuncia, l’ha dimostrata ieri, incontrando nella sua nuova veste di presidente di commissione i rappresentanti di Confindustria nautica e di Confcommercio, con tanto di post celebrativi sui social. “Valutino loro il da farsi. Quello che è certo – sbotta Enrico Borghi, deputato dem – è che non esistono maggioranze prêt-à-porter. Per noi il trasformismo grillino è inaccettabile. Se vogliono i voti della destra, tornino a cuccia da Salvini. Altrimenti chiarezza e lealtà. Noi abbiamo donato il sangue su questa alleanza”. Insomma, Trano dovrà dimettersi: questa è la richiesta che arriverà dal Pd.

 

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Le critiche al reddito di cittadinanza

E d’altronde, che il vento stia cambiando nelle relazioni di maggioranza, lo dimostra anche la determinazione con cui, non proprio col piglio degli alleati cordiali, Chiara Gribaudo ieri ha incalzato il sottosegretario grillino Steni Di Piazza sulla vicenda di Anpal, quelle strane spese di viaggio non rendicontate da Mimmo Parisi, il sedicente luminare del lavoro giunto dal Mississipi a offrire all’Italia la meraviglia dei “navigator”. “Loro che sono gli anti-casta – dice la deputata del Pd, riferendosi ai grillini, “hanno nominato un presidente di Anpal nel precedente governo che si è comportato come un boiardo di stato”. ma a l di là delle spese tutt’altro che austere, al di là della mancata trasparenza, è chiaro che l’interpellanza della Gribaudo, d’intesa col senatore Tommaso Nannicini, segna l’inizio di un confronto che vuole mettere in discussione ciò su cui finora solo i renziani avevano osato sollevare dubbi: il mantenimento del reddito di cittadinanza e di quota 100 così come sono oggi. “La bontà delle riforme – spiega la Gribaudo – la si misura col tempo. E siccome la crisi del covid19 ci spingerà a utilizzare tutte le risorse nella maniera più intelligente per sostenere, davvero, il lavoro e la crescita, non possiamo certo permetterci di mantenere delle voci di spesa che si stanno rivelando non esattamente produttive”.

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