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Fare del Parlamento un bivacco di contagiati, parlano gli ex presidenti

Salvatore Merlo

"Le camere non chiusero neanche in tempo di guerra. Neanche con l’influenza asiatica”, dice Marcello Pera. E Fausto Bertinotti: “Sarebbe da dementi”

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Roma. “Neanche in tempo di guerra si chiude il Parlamento”, dice Marcello Pera. E Fausto Bertinotti: “La democrazia non è una variabile, non può essere sospesa dalla paura del contagio”. Ma l’Italia politica, e le sue istituzioni, sono alle prese con una questione gigantesca, che in queste ore viene soppesata alla Camera e al Senato. “Chiudere il Parlamento” è un’espressione di per sé spaventosa, evocativa d’un passato tragico, e che pure viene maneggiata ormai senza cautela. Verrebbe da dire senza mascherina. L’attività d’Aula a Montecitorio ieri è stata ridotta a un solo giorno alla settimana, il mercoledì. E le commissioni si riuniranno soltanto per i provvedimenti più urgenti. “La chiusura del Parlamento avanza come se fosse una cosa normale”, sbuffa l’ex presidente del Senato, Pera. E Bertinotti, ex presidente della Camera: “Lo trovo demenziale”.

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Roma. “Neanche in tempo di guerra si chiude il Parlamento”, dice Marcello Pera. E Fausto Bertinotti: “La democrazia non è una variabile, non può essere sospesa dalla paura del contagio”. Ma l’Italia politica, e le sue istituzioni, sono alle prese con una questione gigantesca, che in queste ore viene soppesata alla Camera e al Senato. “Chiudere il Parlamento” è un’espressione di per sé spaventosa, evocativa d’un passato tragico, e che pure viene maneggiata ormai senza cautela. Verrebbe da dire senza mascherina. L’attività d’Aula a Montecitorio ieri è stata ridotta a un solo giorno alla settimana, il mercoledì. E le commissioni si riuniranno soltanto per i provvedimenti più urgenti. “La chiusura del Parlamento avanza come se fosse una cosa normale”, sbuffa l’ex presidente del Senato, Pera. E Bertinotti, ex presidente della Camera: “Lo trovo demenziale”.

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Sui divani del Transatlantico non c’è forse mai stato angoscioso problema cui mezzoretta di chiacchiere non trovasse adeguata soluzione, fosse la legge elettorale o la crisi economica, lo svaccamento da dopocena o il fritto misto del Pd, le turbe di Salvini o i guai di Silvio Berlusconi. E perciò si capisce bene come il Covid19, il coronavirus, stia invece precipitando sulle istituzioni assembleari della Repubblica alla stregua di un meteorite, uno di quegli avvenimenti imprevedibili, anomali – l’invasione degli alieni? Lo sbarco degli spagnoli tra i nativi d’America? – che modificano ogni cosa, pongono gli uomini di fronte a domande che mai prima erano state poste: il Parlamento può chiudere, può interrompere la sua attività? E cos’è una Repubblica parlamentare senza Parlamento? “Spero proprio non si arrivi a tanto, perché sarebbe devastante”, dice allora Marcello Pera. “Ero bambino ai tempi dell’influenza asiatica, che fece migliaia di morti in Italia. Allora mica chiuse il Parlamento. Ma forse era un’altra Italia. Eravamo forti, avevamo il futuro ai nostri piedi, non avevamo paura di nulla, volevamo conquistare il benessere. Adesso il benessere l’abbiamo conquistato, anche se declina, e ci restano solo i difetti tipici dei ‘bene abituati’. Ma pensateci un attimo. Quale sarebbe il messaggio dei presidenti di Camera e Senato agli italiani se chiudesse il Parlamento: ‘Noi intanto scappiamo, voi arrangiatevi come potete. Spero che anche il presidente della Repubblica non abbia in mente una gita a Brindisi”.

 

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E c’è dell’ironia, un po’, ma pure della serissima malinconia. Anche Fausto Bertinotti allude all’8 settembre, “credo non esista una regola per chiudere il Parlamento, c’è solo la diserzione”, dice. E poi aggiunge: “E’ certamente fuori tempo attribuire una qualche sacralità al Parlamento, bistrattato, mortificato, insultato da decenni. Però da qui alla sua totale scomparsa ce ne passa… La parabola parlamentare italiana si potrebbe sintetizzare, dalla Prima Repubblica a oggi, attraverso i titoli della famosa trilogia di Italo Calvino. Il Parlamento è passato da ‘Barone rampante’, a ‘Visconte dimezzato’ e infine a ‘Cavaliere inesistente’. Così inesistente che oggi se ne può anche teorizzare la chiusura, senza dramma. Senza strepiti. D’altra parte questa è un’idea che ormai si è fatta strada, appunto. Non ci sono forse quelli che propugnano la democrazia diretta virtuale? Non è forse vero che in tanti pensano che il sistema possa funzionare anche senza politica e anche senza le sue istituzioni? Mi chiedo che ne pensa il presidente della Repubblica. Chiederselo è una domanda legittima, rispettosamente”.

 

Ed entrambi i due ex presidenti, Pera e Bertinotti, finiscono con il ricordare la legge con la quale il Parlamento, senza introdurre alcuna modifica ai meccanismi di funzionamento delle istituzioni, ha stabilito il taglio del numero dei parlamentari. Valutandoli a peso. Un costo quasi parassitario. Ieri il referendum confermativo, previsto per fine mese, è stato rinviato. “Se chiudono il Parlamento non c’è più bisogno di referendum”, dice Pera con un sorriso che è quasi una smorfia. Quindi tutto torna? “Il Parlamento si può amputare, con la legge che taglia il numero dei suoi eletti e dunque di conseguenza lo si può anche sospendere”, conclude Bertinotti. “Evidentemente è un accessorio. E’ come se fosse diventato parte dell’amministrazione pubblica. Ma non è così. O meglio, non dovrebbe essere così”. Chissà come andrà a finire. Potrebbe anche darsi che, senza precauzioni, il prepotente Covid19 faccia di quell’Aula sorda e grigia un bivacco di contagiati. E anche questo sarebbe un guaio per la democrazia. E allora la questione resta forse insolvibile: che fare?

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