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Basta partite, piscine e gite. I compatrioti si decidano a obbedire all’autorità

Giuliano Ferrara

Affidiamoci per una volta ai pieni poteri. Compresi quelli di Giuseppe Conte

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Il privilegio di servire il pubblico attraverso un giornale obbliga a dire la verità, non sempre, ovvio, guardatevi da chi è infettato dalla verità, ma nei periodi di pandemia sì, senz’altro. Bisogna che i compatrioti si decidano a obbedire all’autorità, al governo, e lasciamo stare la Costituzione e le riforme istituzionali e la legge elettorale. Autogoverno, quando gira come un pipistrello un virus di cui non si conoscono l’origine, la natura, il comportamento, la cura, non significa che ognuno fa quel che gli pare: significa che tutti obbediscono agli ordini del capo del governo, che è lì per volontà di autogoverno di un parlamento eletto dai cittadini e di un capo dello stato. Io so, altro che Pasolini, perché siamo il centro mondiale del contagio, altro che Wuhan, e ho le prove per di più: ci piace parlare, gesticoliamo, ci tocchiamo in continuazione da bravi meridionali del mondo, e parliamo, parliamo, parliamo, con tutte quelle goccioline che fuoriescono dalle nostre boccucce democratico-liberali e sovraniste. Se fossimo soli e malinconici come i personaggi di Edward Hopper, o silenziosi come nei bistrot di Ginevra e Parigi, dove anche gli innamorati teneramente si tacciono gli uni agli altri, e le famiglie pensano alla loro fede senza chiesa, il contagio sarebbe infinitamente minore. Ma quando arrivarono i telefonini, me lo ricordo come fosse ora, il vecchio Wall Street Journal si domandò perché in Italia avessero il triplo del successo che avevano altrove, gli apparecchi e le bollette, e si rispose con tono da dominazione imperiale umiliante: Italians love talking.

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Il privilegio di servire il pubblico attraverso un giornale obbliga a dire la verità, non sempre, ovvio, guardatevi da chi è infettato dalla verità, ma nei periodi di pandemia sì, senz’altro. Bisogna che i compatrioti si decidano a obbedire all’autorità, al governo, e lasciamo stare la Costituzione e le riforme istituzionali e la legge elettorale. Autogoverno, quando gira come un pipistrello un virus di cui non si conoscono l’origine, la natura, il comportamento, la cura, non significa che ognuno fa quel che gli pare: significa che tutti obbediscono agli ordini del capo del governo, che è lì per volontà di autogoverno di un parlamento eletto dai cittadini e di un capo dello stato. Io so, altro che Pasolini, perché siamo il centro mondiale del contagio, altro che Wuhan, e ho le prove per di più: ci piace parlare, gesticoliamo, ci tocchiamo in continuazione da bravi meridionali del mondo, e parliamo, parliamo, parliamo, con tutte quelle goccioline che fuoriescono dalle nostre boccucce democratico-liberali e sovraniste. Se fossimo soli e malinconici come i personaggi di Edward Hopper, o silenziosi come nei bistrot di Ginevra e Parigi, dove anche gli innamorati teneramente si tacciono gli uni agli altri, e le famiglie pensano alla loro fede senza chiesa, il contagio sarebbe infinitamente minore. Ma quando arrivarono i telefonini, me lo ricordo come fosse ora, il vecchio Wall Street Journal si domandò perché in Italia avessero il triplo del successo che avevano altrove, gli apparecchi e le bollette, e si rispose con tono da dominazione imperiale umiliante: Italians love talking.

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Ora basta. Basta partite, funerali, assembramenti, eventi, gite scolastiche, maratone, piscine, dopolavori, basta. Obbedire non sarà più una virtù, come disse quell’uomo autoritario che laici e credenti abbiamo fatto santo, il don Lorenzo di Barbiana, ma qui non si parla di ribellione, di insubordinazione, di rivolta di classe, di insurrezione di popolo, qui si parla di stupidità collettiva, che è obiettivamente un’altra cosa, come hanno dimostrato nel Salento creando di bel nuovo con gli abbracci a un funerale una specie di Codogno senza Maurizio Milani, che lui non è di Barbiana. Quelli che hanno comandato in Italia per alcun tempo li abbiamo sistemati tutti per le feste: morti nell’isolamento della disfatta, in esilio, in un carcere del popolo, seppelliti dal ludibrio, da ondate di antipatia ribellistica, ridotti alla sbarra a qualche metro (almeno questo) dalle toghe dei procuratori d’assalto oggi in rapida via di infezione, con la saliva alla bocca, spesso accusati di mafia e di latrocinio per lo più. Siamo allegri nella nostra ciarliera petulante intolleranza al potere, e questo non è il momento di essere ciarlieri né intolleranti al potere costituito.

 

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Un filosofo da cabaret ha scritto sul manifesto che ’o virùs è tutta una messinscena per affermare lo stato di eccezione, capite?, e dunque il Bisconte sarebbe una specie di Maresciallo von Hindenburg, in attesa dello Hitler della globalizzazione coatta. L’ho visto in televisione, il Maresciallo, nemmeno a reti unificate pubbliche e private ma su Facebook, che Dio perdoni la Rai, la Mediaset, La7 e compagnia, e mi è sembrato perfetto nella sua continenza da avvocato capitato lì quasi per caso, che si sforza di leggere il Bollettino sanitario nazionale qui invocato con largo anticipo, e offre finalmente delle consegne razionali, obbliganti, con un tono certo non brillante ma convincente, ed è questo che ci voleva: bisogna limitarsi per una volta a obbedire, se poi si voglia anche credere e combattere fate come volete, e finalmente rispettare i suoi pieni poteri.

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