PUBBLICITÁ

Così Conte è pronto a fare squadra con il Pd contro il metodo Lezzi

Annarita Digiorgio e Valerio Valentini

Ilva e l’urgenza della continuità produttiva. Il premier al lavoro sul “Cantiere Taranto”. Tutte le nuove mine da disinnescare

PUBBLICITÁ

Roma. Sarà che in fondo comincia a vedercisi davvero bene, nel ruolo di “punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste”; o sarà, più semplicemente, che col M5s spappolato ha capito che deve essere lui a garantire la tenuta di quella maggioranza da cui dipende la sua permanenza a Palazzo Chigi. Sta di fatto che Giuseppe Conte ha deciso, tra le altre, di accollarsi anche la rogna dell’ex Ilva, rimasta sospesa tra i balbettii del governo e un accordo coi Mittal in cui il premier ancora spera, ma che è, ad oggi, assai fumoso. E come se non bastasse, Conte dovrà ora fronteggiare l’ennesimo agguato parlamentare del gruppo dei tarantini: quello, cioè, capitanato dal deputato Giovanni Vianello e dalla senatrice Barbara Lezzi. Gli stessi che già nei mesi scorsi hanno innescato le convulsioni della maggioranza intorno al famigerato, e tuttora irrisolto, nodo dello scudo penale. La prossima sedizione è prevista sul “Cantiere Taranto”, il decreto su cui a Palazzo Chigi sta lavorando, da dicembre, il sottosegretario alla Presidenza Mario Turco, tarantino pure lui. E stando alla fretta con cui ha sollecitato al ministero dello Sviluppo la stesura di alcuni emendamenti entro la giornata di ieri, pare proprio che la prossima settimana dovrebbe essere quella giusta per l’approdo del decreto in Cdm. Ma la battaglia politica si accenderà verosimilmente alla Camera, dove il provvedimento dovrebbe arrivare nel mese di febbraio.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Sarà che in fondo comincia a vedercisi davvero bene, nel ruolo di “punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste”; o sarà, più semplicemente, che col M5s spappolato ha capito che deve essere lui a garantire la tenuta di quella maggioranza da cui dipende la sua permanenza a Palazzo Chigi. Sta di fatto che Giuseppe Conte ha deciso, tra le altre, di accollarsi anche la rogna dell’ex Ilva, rimasta sospesa tra i balbettii del governo e un accordo coi Mittal in cui il premier ancora spera, ma che è, ad oggi, assai fumoso. E come se non bastasse, Conte dovrà ora fronteggiare l’ennesimo agguato parlamentare del gruppo dei tarantini: quello, cioè, capitanato dal deputato Giovanni Vianello e dalla senatrice Barbara Lezzi. Gli stessi che già nei mesi scorsi hanno innescato le convulsioni della maggioranza intorno al famigerato, e tuttora irrisolto, nodo dello scudo penale. La prossima sedizione è prevista sul “Cantiere Taranto”, il decreto su cui a Palazzo Chigi sta lavorando, da dicembre, il sottosegretario alla Presidenza Mario Turco, tarantino pure lui. E stando alla fretta con cui ha sollecitato al ministero dello Sviluppo la stesura di alcuni emendamenti entro la giornata di ieri, pare proprio che la prossima settimana dovrebbe essere quella giusta per l’approdo del decreto in Cdm. Ma la battaglia politica si accenderà verosimilmente alla Camera, dove il provvedimento dovrebbe arrivare nel mese di febbraio.

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

E’ lì che la pattuglia di grillini pugliesi presenterà un emendamento per annullare la continuità produttiva, ovvero la facoltà concessa ai grandi stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale di non interrompere la produzione anche nel caso in cui l’autorità giudiziaria disponga il sequestro degli impianti (previa autorizzazione specifica del ministero dell’Ambiente). Un intervento che si era reso necessario sin dal 2012, quando il governo Monti inserì il principio della facoltà d’uso nel primo decreto “salva-Ilva”, e poi ereditato in forma inalterata dai successivi provvedimenti sull’acciaieria, sempre e comunque nel limite stabilito del rispetto dell’autorizzazione integrata e del successivo piano ambientale. “Bisogna quindi risalire alla fonte, per intervenire in maniera efficace”, dice Vianello. “Si tratta di una forma di intromissione della politica nella magistratura”, spiega il deputato, che un emendamento analogo lo aveva già presentato, senza fortuna, dl dl crescita dello scorso anno.

 

 

Ora ci riprova, con un intervento che riaccenderà la diatriba politica. Perché, di fatto, l’abrogazione della continuità produttiva comporterebbe l’immediato fermo degli impianti tarantini, tuttora sotto sequestro. Un’ipotesi che troverebbe non solo l’opposizione del ministro Stefano Patuanelli, ma anche dello stesso Conte, convinti entrambi che l’unica strada per risanare l’Ilva sia proprio quello di garantire la continuità produttiva. E del resto sia il Pd sia Italia viva sarebbero risolutamente contrari a un simile intervento, che riproporrebbe lo stesso paradosso che paralizzò il governo sullo scudo penale: e cioè un manipolo di oltranzisti del M5s che tiene sotto scacco l’intera maggioranza. Certo, ora i grillini sono allo sbando, dopo la batosta emiliana e calabrese, e dunque con più agio Pd e Iv potrebbero contenerne le intemperanze. E però al contempo, l’entropia scomposta che scuote il M5s rischia di rendere ancora più incontrollabili le iniziative dei singoli. Spetterà a Conte dimostrare di saper ricondurre i dissidenti alla ragionevolezza. Qui si parrà la sua nobilitate.

PUBBLICITÁ

Annarita Digiorgio e Valerio Valentini

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ