Cosa c'è dietro le pagine pro Lega e M5s oscurate da Facebook

Enrico Cicchetti

Cancellate 23 fanpage che condividevano disinformazione, messaggi antisemiti, fake news. Biondo: “Sono strutture organizzate, ci sono mandanti e finanziamenti. Da chi provengono?”

Raggiungevano quasi 2 milioni e mezzo di follower. Facebook ha chiuso 23 pagine italiane – oltre la metà a sostegno di Lega o M5sche condividevano disinformazione, messaggi antisemiti, fake news contro i migranti e contro i vaccini. Immagini di film spacciate per fatti di cronaca, riciclaggio di follower, spam, falsi account. Si può pensare che sia come svuotare l'oceano con un cucchiaio. “Certo, è solo la punta di un iceberg”, spiega al Foglio Luca Nicotra, senior campaigner di Avaaz, l'ong fondata nel 2007 a New York che si occupa di campagne sociali e che ha dato il via alle segnalazioni sulla piattaforma. “Avaaz ha identificato altre 80 pagine e gruppi che sono ancora online. E ne potrebbero esistere delle altre. Ma quelle chiuse ieri avevano in totale più follower delle pagine ufficiali della Lega (506 mila) e Movimento 5 stelle (1,4 milioni) messe insieme”. 

 

L'indagine è parte di una campagna europea di Avaaz, lanciata per combattere la disinformazione in vista delle elezioni europee. Un gruppo di giornalisti investigativi, ricercatori e analisti sta monitorando questo genere di operazioni nel continente, con l’obiettivo di identificare le fake news prima che si diffondano, smantellare le reti che le manovrano, e lavorare con piattaforme social e governi per correggere le informazioni false. “Siamo contenti della reazione di Facebook – continua Nicotra – ma il fatto che un gigante digitale abbia dovuto appoggiarsi a un'inchiesta finanziata dal basso per oscurare canali anche già segnalati è preoccupante”. Molte delle pagine che sono state segnalate fanno parte da tempo delle liste di pagine bufala di siti come Butac o Bufale.net e addirittura alcune sono citate in un report dell’Agcom sulle fake news. “Alcuni profili usano delle tecniche per superare l'intelligenza artificiale di Fb e non farsi scoprire dall'algoritmo”, spiega Nicotra: le pagine “Noi Siamo 5 stelle” e “Lega Salvini Premier Santa Teresa di Riva”, sono state bandite per aver cambiato nome in maniera ingannevole, passando da temi locali a cause politiche. La pagina leghista, ad esempio, era in origine un’associazione di “allevatori della provincia di Messina”. La pagina è una di quelle che ha condiviso più spesso il video che mostra “migranti che assaltano i carabinieri” (che in realtà è la scena di un film).

  

   

Facebook ha agito su segnalazioni di violazioni delle condizioni d'uso della piattaforma, di profili falsi, contenuti d'odio e comportamenti non autentici o di spam delle pagine. Non è abbattendo una ventina di profili che si salva la democrazia dai rischi della disinformazione ma, sostiene Nicotra, “è comunque importante dare un segnale a chi li gestisce: non resterete impuniti”. “Sarà pure una goccia nell'oceano, ma creare pagine simili non è una cosa che si fa in cinque minuti: un profilo da un milione e mezzo di follower era stato realizzato in cinque anni di lavoro”. Lavoro è la parola giusta: dietro alle pagine c'è un sistema orchestrato, un'agenzia capace di realizzare “anche 200 post al giorno, in grado di raggiungere 200 mila interazioni”. Un dispositivo pianificato, strutturato e coordinato. Una macchina costosa.

   

“Ci sono dei gruppi organizzati dietro queste 23 pagine, dei mandanti”, aggiunge Nicola Biondo, raggiunto dal Foglio. Giornalista ed ex capo della comunicazione M5s alla Camera, autore di un libro sul “sistema Casaleggio”, Biondo spiega che “la gestione delle pagine di disinformazione assomiglia molto a un lavoro: ci sono finanziamenti? L'inchiesta ha fatto notare che la maggior parte di queste pagine molto frequentate nascono con nomi diversi: spesso vengono acquistate. C'è una filiera, un mercato, girano soldi. Da chi provengono? Sarebbe interessante che la magistratura indagasse, se ci sono dei reati”.

  

 

  

Insomma, la crisi delle liberaldemocrazie va oltre una manciata di profili sui social network e siamo tutti coscienti che se pure non ci fossero le fake news il mondo non sarebbe il giardino dell'Eden. “'Chiudiamo internet' è una provocazione intelligente, ma non può diventare una strategia globale”, prosegue Biondo. “Criminalizzare il web è una battaglia di retroguardia, altra cosa è dire che bisogna tracciare gli investimenti in rete, tanto che Scotland Yard l'ha fatto trovando entità russe o riconducibili a Mosca”. A inizio maggio, il gigante di Menlo Park aveva spento più di cento profili, pagine e gruppi falsi, riconducibili a due diverse operazioni russe per influenzare gli utenti in diversi paesi europei. “I metodi di raccolta del consenso e del potere sono diversi rispetto al passato, le nostre democrazie più fragili e meno tutelate, soprattutto se i nuovi metodi mancano di trasparenza. La macchina del fango da dove parte?”. 

  

“Questa vicenda è simile a quella della pagina 'Club Luigi Di Maio', compendio di tutta quella robaccia: antisemitismo, intolleranza, odio, bufale”, dice Biondo. Si riferisce alla storia di uno dei più noti gruppi di appoggio al leader grillino, sul quale Biondo aveva scritto un'inchiesta con David Puente pubblicata sul Foglio nel 2018:

  

 

La “bruttezza” della rete italiana viaggia in parallelo a quella del giornalismo italiano, dice Biondo: “Se tanti giornalisti avessero fatto più domande, o le avessero fatte meglio, girerebbero meno bufale e avremmo dato meno spazio ai bufalari. Ricordiamoci che le fake non sono solo su internet. In questo caos non possiamo migliorare il web escludendo Facebook, Google e gli altri. La rete va riformata con loro, non contro di loro”.

 

  

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