Il premier Giuseppe Conte in visita al cantiere dell'autostrada Caltanissetta–Agrigento (Foto LaPresse)

La paralisi della Lioni-Grottaminarda è il simbolo dell'inconcludenza gialloverde

Valerio Valentini

Altro che sblocca-cantieri. Il governo stoppa da mesi l'arteria strategica tra la bassa Irpinia e il resto della Campania: 500 famiglie in crisi 

Roma. Una grande opera già avviata e quasi prossima alla realizzazione, dei finanziamenti già stanziati, un’economia che nasce tutt’intorno e, d’improvviso, lo stop dovuto all’atteggiamento bipolare del M5s. Non si tratta della Torino-Lione, anche se, forse per una sorta di riflesso condizionato, da quelle parti in tanti si riferiscono a questa strada a scorrimento veloce come alla “Tav del sud”. La Lioni-Grottaminarda è una arteria considerata strategica – da imprese, ministeri e sindacati – per potenziare i collegamenti della bassa Irpinia col resto della Campania e, in prospettiva, per avvicinare la costa salernitana a quella adriatica. E tuttavia ora sta lì, nella sua paralisi che perdura da due mesi e mezzo, a dare testimonianza dell’inaffidabilità di un governo che annuncia mirabolanti decreti “sblocca-cantieri” e che invece, a causa della sua sgangherata inconcludenza, i cantieri li condanna all’immobilismo.

 

Succede infatti che, per volere dell’esecutivo, a dicembre 2018 il M5s campano ottiene finalmente di vedere esaudito un suo storico desiderio: rimuovere il commissario Filippo D’Ambrosio, ingegnere romano, classe ’46 e formatosi in una lunga gavetta al Mise, nominato ormai sedici anni fa a sovrintendere ai lavori per la realizzazione della strada ideata all’indomani del terremoto dell’Irpinia del 1980. Commissario ad acta, però, non straordinario: costretto, dunque, a rispettare le leggi ordinarie con l’obiettivo di realizzare il collegamento tra i due comuni avellinesi per il quale, tra l’ottobre del 2011 e il marzo del 2012, la regione Campania guidata allora da Stefano Caldoro, attraverso il Cipe del governo Berlusconi, stanzia 290 milioni di euro, seguiti poi da altri 65 aggiunti a fine 2016, quando a Palazzo Santa Lucia c’è Vincenzo De Luca e a Palazzo Chigi Matteo Renzi sta per cedere il testimone a Paolo Gentiloni. Un’opera che insomma sopravvive all’avvicendarsi dei governi, col commissario D’Ambrosio che si vede rinnovare il proprio mandato di anno in anno, di proroga in proroga. E così, seppure con le consuete lungaggini, la strada avanza, e i cantieri restano aperti.

 

Fino a dicembre scorso: quando D’Ambrosio viene deposto, per volere bipartisan di Lega e M5s che contro di lui hanno a più riprese condotto aspre battaglie parlamentari a suon di interrogazioni. Il più accanito, in questa lotta, è senz’altro Carlo Sibilia, grillino di Avellino e sottosegretario all’Interno; ma contro il presunto “commissario fantasma” si era scagliata anche, nella scorsa legislatura, Giuseppina Castiello, leghista di Afragola e sottosegretaria per il Sud. L’agognata rimozione del commissario avviene quindi con l’emanazione della legge di Bilancio, la “manovra del popolo” in cui non viene inserito il rinnovo della carica. E, insieme a questo risultato, arriva però anche la paralisi. “Manca, di fatto, una stazione appaltante operativa. Si è fatto fuori il commissario senza prevedere alcuna struttura che dovesse sostituirlo nelle sue funzioni”, dice Mario Melchionna, segretario della Cils Irpinia. “I consorzi sono rimasti orfani del decisore. Le imprese non possono più muovere una pietra perché mancano le autorizzazioni sugli stati di avanzamento”, insiste. “Insomma, è tutto surreale. Una fesseria, una vergogna”. Mancano infatti circa sei chilometri, sui venti complessivi, da realizzare: ma da due messi è tutto fermo. “Sono oltre venti le aziende coinvolte”, spiega Melchionna, recitando un rosario di dolore ormai mandato a memoria. “Ci sono 200 lavoratori diretti, e almeno 300 dell’indotto che dall’inizio di gennaio stanno a spasso. Dicono di volere fare gli interessi del Sud, danno il reddito di cittadinanza a chi non ha lavoro, ma chi il lavoro ce l’ha lo mettono in mezzo a una strada”.

 

I grilloleghisti campani, in ogni caso, non vogliono sentire ragioni. Da più parti si è vociferato di una possibile analisi costi-benefici da realizzare prima di dare, forse, nuovo avvio all’opera. L’unico che si sta spendendo per la reintroduzione del commissario è Ugo Grassi, senatore irpino del M5s asceso a una fugace notorietà per essere stato l’autore – lui, docente di Diritto civile all’università Parthenope – del testo con cui Luigi Di Maio avrebbe dovuto chiedere l’impeachment di Sergio Mattarella. E il paradosso sta nel fatto, però, che Grassi è stato arruolato nel M5s proprio grazie a Sibilia, il più strenuo fustigatore del commissario D’Ambrosio. Nel frattempo, la strada tra Lioni e Grottaminarda resta lì, incompiuta. Un po’ come le velleità di un governo nemico delle imprese che spera di sbloccare i cantieri per decreto.

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