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Per l'Onu il piano di Minniti contro le fake news è una fake news

David Allegranti

Lo Special Rapporteur dell’Onu per la Libertà di espressione, David Kaye, ha spiegato perché il protocollo del ministero dell’Interno è “incompatibile con gli standard di legge internazionale sui diritti umani”

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Roma. Ricordate il famoso “progetto Red Button contro le fake news” lanciato dal ministero dell’Interno giusto in tempo per la campagna elettorale? Era gennaio e veniva presentato così: “Si chiama Red Button, è il nuovo servizio on line offerto dalla Polizia postale su commissariatodips.it attraverso il quale è possibile segnalare contenuti che sembrano fake news, o notizie false”. E per segnalare una notizia “che si presume ‘fake’ trovata on line o nelle reti social basta andare su commissariatodips.it, raggiungibile anche dalla home page del sito della Polizia di Stato, e cliccare sul bottone ‘Segnala on line Fake news’, il red button: si apre cosi una maschera per la compilazione dei campi con le informazioni necessarie”. Il link alla pagina dedicata “Segnala una fake news” sul sito del Commissariato di Polizia di Stato online adesso non funziona più: “Siamo spiacenti, la richiesta effettuata non può essere servita. Vi preghiamo di segnalare il problema riscontrato cliccando qui". Il “Red Button” era stato attivato solo per il periodo della campagna elettorale? 
 
Comunque, giusto ieri lo Special Rapporteur dell’Onu per la Libertà di espressione, David Kaye, ha spiegato al governo italiano perché il protocollo del ministero dell’Interno è “incompatibile con gli standard di legge internazionale sui diritti umani”. Secondo Kaye, le restrizioni sulle “fake news” stabilite dal protocollo sono incompatibili “con i criteri di legalità, necessità e proporzionalità” stabiliti dall’articolo 19 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Al comma due e tre del patto c’è scritto che “ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta”.
 
L’esercizio delle libertà previste al paragrafo 2 dell’articolo 19 “comporta doveri e responsabilità speciali. Esso può essere pertanto sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie al rispetto dei diritti o della reputazione altrui; alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della sanità o della morale pubbliche”. Il protocollo intende combattere “notizie manifestamente infondate e tendenziose, ovvero apertamente diffamatorie”. Termini, secondo Kaye, “che non sono definiti e quindi sollevano preoccupazioni sulla vaghezza”.
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