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Un grillino vicepresidente a Bruxelles. E ora per Grillo "l'Europa guarda al futuro"

Valerio Valentini

C'aveva provato a lungo, Fabio Massimo Castaldo e finalmente ha ottenuto l'incarico (insieme ad altri 13). Segno che l'europarlamento ora apprezza M5s? Non proprio

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Ah, saperlo prima, che bastava così poco per riabilitare l’Europa. La matrigna tutta austerity e banche, il tempio della tecnocrazia: finalmente s’è redenta. “C’è un’Europa che guarda al futuro”, twitta ora, giulivo, Beppe Grillo. Per farlo ricredere, è stato sufficiente che uno delle quattordici – quattordici – cariche di vicepresidente del Parlamento di Bruxelles venisse affidata a un esponente del Movimento 5 stelle. Nella fattispecie, a Fabio Massimo Castaldo, trentaduenne avvocato romano, molto ambizioso, già portaborse della senatrice Paola Taverna e membro del mini-direttorio romano nell’estate del 2016. 

   

Buona la terza, per Castaldo: nel senso che a ottenere quel riconoscimento c’aveva già provato, senza successo, all'indomani delle elezioni di maggio 2014 e poi di nuovo, e di nuovo invano, nel gennaio scorso, in occasione del rimpasto di metà mandato dell’europarlamento. Stavolta ce l’ha fatta: 325 preferenze su 563 votanti. Una maggioranza ampia, che testimonia solo in parte della fine dell’ostracismo di Bruxelles nei confronti delle truppe pentastellate, e che invece dice molto della grande piacioneria di Castaldo, uno che da tempo tesse relazioni trasversali mostrandosi affabile nei modi e moderato nei toni. Per lui hanno votato non solo gli euroscettici di varia risma, ma anche i tre eurodeputati di Mdp, ma anche molti popolari, conservatori inglesi, qualche esponente del Pd e socialisti belgi e francesi. “Fosse stato un altro grillino, col cavolo”, scherza un dem toscano che siede a Bruxelles. “Castaldo è in fondo uno ragionevole, tra i meno esagitati del suo gruppo”. Anche Marco Affronte, uscito dai Cinquestelle e confluito tra i Verdi dell'Europarlamento, conferma: “Fabio Massimo è uno in gamba, lavoro molto in tutti i sensi. E' uno che ci sa fare, e che per questa benedetta carica ha sudato molto”.

 

Ci puntava, insomma. Così come ci puntavano anche i vertici pentastellati – non David Borrelli, però, notabile del M5s a Bruxelles e fedelissimo di Davide Casaleggio, che così vede la sua stella oscurata da un suo collega. Per Grillo e Di Maio, comunque, poter spendere una figura istituzionale nella campagna elettorale italiana era importante. E dunque ci sta, che ora festeggino. Ma c’è qualcosa di eccessivo, e di patetico, nella loro esultanza. Così come nella loro ipocrita ansia di vedersi accreditati da quelle stesse istituzioni che fino all’altroieri ingiuriavano.

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