Viva le stelle europee, ma stiamo attenti a non inciampare nei buchi neri
Transfer Union, Stati Uniti d’Europa, ministro delle Finanze europeo ecco dove rischiamo di finire inghiottiti con le nostre bandiere
Al direttore - Si mettano pure tante stelle europee sulle nostre bandiere. Ma facciamo attenzione a quanti vogliono far passare per stelle quelli che in realtà sono buchi neri: in cui finirebbero inghiottiti bandiere, noi e perfino l’Europa. Alcuni buchi neri sono in circolazione da tempo: uno si chiama Transfer Union. “Nicht in meinem Leben”, non succederà finché vivo, aveva detto la Merkel, e noi le auguriamo lunga vita. Non pensava all’AfD, che, se c’era, era fuori dal Bundestag; pensava alla Cdu-Csu, che allora era un blocco senza crepe. Mutualizzazione dei debiti, eurobond, fondo di garanzia dei depositi sopra i 100.000 € prima che le nostre banche abbiano ridotto gli Npl e l’esposizione al rischio sovrano della Repubblica, manderebbero a pezzi il consenso che in Germania c’è ancora per l’Europa (e a casa il politico che lo proponesse). Senza contare che c’è un giudice a Karlsruhe.
Del ministro delle Finanze europeo ancora non si è capito se è una stella o un buco nero; se è solo un modo per spostare dalla Commissione al Consiglio il controllo sui Bilanci degli Stati, oppure se dovrebbe avere autonomia impositiva. Non lascia presagire nulla di buono che dei 6 punti del discorso di Macron 3 sono nuove tasse, e che Bruno Le Maire, candidato a presiedere l’Eurogruppo, è accanito sostenitore della Web Tax. La concorrenza fiscale era una stella, ad alcuni pastori (irlandesi) ha consentito di uscire dall’arretratezza: ci vuol poco a prevedere che nella “visione giacobina” anch’essa finirà nel buco nero dell’armonizzazione fiscale. Noi pure abbiamo avuto tanto dall’Europa, da quella di Van Miert a quella del bail-in. Quanto ci avremmo messo altrimenti a liberarci dei monopoli pubblici, da dove avremmo tratto quel po’ di cultura della concorrenza che abbiamo assimilato? Quanto tempo, checché ora se ne dica, ci sarebbe andato per scoprire che cosa si nascondeva sotto la rispettabilità di certe strutture bancarie, e quanto ancor più pesante sarebbe stato il conto per il solito contribuente?
Serve invece che le istituzioni europee esercitino una spinta determinata, puntuale, costante, che induca l’Italia a realizzare gli aggiustamenti necessari. Come già avvenne con la privatizzazione delle imprese pubbliche e con le norme antitrust. Se il ministro delle Finanze europeo la esercita è benvenuto. Se viene pensato per aiutare i “paesi deboli” a non fare i necessari aggiustamenti, non vedrà mai la luce: ed è meglio così.