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Si spaccano gli scissionisti: Emiliano resta nel Pd e si candida alla segreteria

Redazione

Il governatore della Puglia rimane nel partito per dare battaglia all'ex premier, il grande assente di oggi

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E dopo la scissione si scindono gli scissionisti. In un Nazareno assediato da tassisti e ambulanti inneggianti contro il governo e il decreto Milleproroghe si è riunita la direzione del Pd. Un passaggio "formale visto" che la riunione era stata convocata per nominare la commissione di garanzia che guiderà la fase congressuale. Ma che alla fine si è trasformato nell'ennesimo passaggio politico della travagliata storia del Pd. Roberto Speranza ed Enrico Rossi avevano già annunciato che avrebbero disertato l'appuntamento, sancendo quindi la loro uscita ufficiale dal partito. Ma alla fine i due hanno per strada Michele Emiliano.

 

Il governatore della Puglia ha infatti deciso di restare nel Pd e di candidarsi alla segreteria.  a quanto si apprende da parlamentari vicini al governatore pugliese ai quali ha spiegato che non si possono fare favori all’ex premier. L'orientamento è quello di condurre la battaglia nel partito e correre per la segreteria contro Matteo Renzi. "Mi candiderò alla segreteria del Pd
perché questa è casa mia - ha detto prendendo la parola in Direzione -. Mi candido accogliendo l'invito di tantissimi militanti. L'avrei voluto fare in assemblea ma il rispetto che ho per Rossi e Speranza non me l'ha consentito. Oggi vi ribadisco che mi candiderò alla segreteria del Pd. Questa è casa mia, è casa nostra e nessuno può cacciarmi o cacciarci via".

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Insomma il fronte degli scissionisti è già scisso. Con Emiliano che non rinuncia comunque ad attaccare Matteo Renzi: "Ha scelto di non partecipare alla direzione per rendere vani i tentativi di evitare la scissione. Ha scelto il conflitto per il conflitto, l'eliminazione dell'avversario dal campo, con i 'picadores' schierati'. Mi candido nonostante il tentativo del segretario uscente di vincere con ogni mezzo. Renzi ha fretta perché non vuole rinunciare alla posizione dominante e non concede agli avversari nemmeno il tempo necessario per girare la metà delle province. Si è inventato un congresso con rito abbreviato, da celebrare se facciamo i bravi a inizio di maggio e avendo respinto le primarie in autunno, tiene tutti sotto la spada di Damocle di andare ad elezioni anticipate".

 

L’ex premier è stato il grande assente della Direzione Pd. Anche se prima di salire su un volo per gli Stati Uniti, ha pubblicato la sua e-news. E dedicato un "pensiero speciale" agli scissionisti: “Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme, arrivando persino al punto di minacciare ‘le carte bollate’. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi. Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi”.

 

"Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna - prosegue il segretario uscente del Pd - l'alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo. Ieri un signore di Genova e uno di Milano - senza alcuna carica istituzionale - sono arrivati a Roma insieme e hanno spiegato ai rappresentanti di quella città che cosa fare e che cosa non fare nel governo del Campidoglio. Dall'altra parte accade che da vent'anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere". 

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La Direzione ha ovviamente dato il via libera alla commissione di garanzia. Mentre Andrea Orlando, un altro dei papabile per sfidare Renzi nella corsa per la segreteria, non ha ancora sciolto la riserva: "Ancora non ho deciso e comunque non mi baso sulle altre candidature".

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