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Come uscire dall'ennesima sconfitta del riformismo italiano

Redazione

Da Craxi a Berlusconi fino a Renzi, chi ha provato a cambiare il sistema dall'alto non è mai stato capito. Occorre smontare quei sistemi statali, amministrativi, burocratici che hanno portato sempre verso la paralisi e il rinvio.

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L’esito del referendum, soprattutto per le sue dimensioni, esprime una nuova sconfitta del riformismo in Italia, dove in realtà è sempre stato respinto, da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi, fino a Matteo Renzi. Questi tentativi, diversi nel contenuto e nell’ispirazione politica, avevano in comune la direzione: dall’alto verso il basso. Chi governa con intenti trasformatori si rende ben presto conto che il sistema è talmente complesso e contraddittorio da frenare tutte le iniziative, annegandole in un marasma di contrasti giurisdizionali, sindacali, burocratici che provocano alla fine un immiserimento di tutti gli sforzi.

 

Per questo cercano di forzare la situazione migliorando l’architettura istituzionale, e su questo non ottengono il consenso necessario. Conservatori e antagonisti si coalizzano e insieme bloccano tutto. Lo aveva detto lucidamente Enrico Berlinguer quando aveva definito il suo orientamento contrario al riformismo come “conservatore e rivoluzionario”. C’è stato anche un altro tentativo riformista, teorizzato da Beniamino Andreatta e in parte realizzato da Romano Prodi: imporre le trasformazioni interne utilizzando costrizioni esterne. Il prezzo di questa tattica spregiudicata è la riduzione fin quasi a zero della indipendenza nazionale, o meglio una condizione asimmetrica dell’interdipendenza determinata dalla globalizzazione e dall’integrazione europea.

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Se le riforme italiane vengono quasi regolarmente considerate controriforme e respinte da settori assai ampi della popolazione è anche perché la loro concreta attuazione si scontra con un’organizzazione dello stato, delle rappresentanze sociali, di rapporti tra i diversi poteri, che porta sempre verso la paralisi e il rinvio. Finora si è cercato di correggere questa situazione dall’alto, come sarebbe più ragionevole, ma i vari tentativi sono stati respinti e non c’è ragione di pensare che domani capiterà qualcosa di diverso. Forse finché non ci sarà una ribellione dal basso contro il sistema che blocca tutte le iniziative innovative non sarà possibile dare uno sbocco riformatore alla paralisi del sistema. Paradossalmente forse serve una spinta eversiva per mettere ordine.

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