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I viaggi per mare di Vladimir K. e della sua grande nave-città Odessa

Adriano Sofri

Ci persone qui che danno l’impressione di pensare alla città come a un'imbarcazione. Lui ha partecipato a gare di yacht, in Turchia, al Pireo, ha visitato tutti i porti italiani, ha viaggiato sull’Orient Express. Cristiano ortodosso, russofono. Un’intera storia ora, per colpa di Putin, a rischio

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Odessa, dal nostro inviato. Ho conosciuto persone qui che mi danno l’impressione di pensare a Odessa come a una nave. Il nostro amico Vladimir K. è alto, forte, ha dei gran bei baffi, ma ora non sta bene. Ha avuto una gran vita, come molti dei nati in questa città, della leva del 1950. E’ nato da una dinastia marittima di quattro generazioni. Suo padre Michail, fuochista e caldaista sulle rotte del Mar Nero, eroe del lavoro nel 1960: il suo nome è inciso sul muro d’onore di fronte al teatro Nazionale. Vladimir va per mare da quando era un adolescente. Vela, pesca, poi la trafila dell’Istituto Nautico e della facoltà di ingegneria navale. Poi capitano nella Compagnia di Navigazione del Mar Nero, che non esiste più, e poi di navi di bandiera greca e di altre compagnie straniere. Ha solcato tutti i mari e tutti gli oceani. Ha trasportato di tutto, grano e soia e armi, al tempo dell’Urss: da Mykolaïv, per l’Angola, il Vietnam.... Ha imbarcato armati a Durban per vedersela coi pirati dell’Oceano Indiano. Ha partecipato a gare di yacht, in Turchia, al Pireo, ha visitato tutti i porti italiani, ha viaggiato sull’Orient Express. Su un’altra nave della Compagnia del Mar Nero, E’ cristiano ortodosso, russofono. Si è sposato a Odessa, aveva 21 anni, lei nemmeno. Il 24 febbraio era in un ristorante, con moglie e nipote. Non riusciva a crederci. L’intera storia di Odessa ora, per colpa di Putin, è a rischio. 

Su un’altra nave della Compagnia del Mar Nero, l’MC Ruby, un portacontainer che lui aveva comandato anni prima, nel 1995 c’era un altro capitano e un sovrintendente indiano. L’equipaggio ucraino scopre nella stiva un gruppo di clandestini africani, 7 ghanesi e un camerunense, caricatori di porto, che alla fine si sono imbarcati per arrivare in Europa. Non era (e non è) raro che succedesse. Non sapevano nemmeno dove fosse diretta la nave, ma pensavano che non ci fosse posto peggiore del Ghana. Avevano con sé acqua fresca e biscotti. 

Li buttano in mare, uno riesce a nascondersi, quando arrivano in Francia, a Le Havre, salta giù e riesce ad arrivare alla polizia. Arriva la stampa, vengono tutti arrestati, poi rimessi a bordo, l’insegna della nave coperta, nella sala ufficiali collocata una sedia e una lampada per gli interrogatori, il buco della serratura per i riconoscimenti. Il superstite ne riconosce 6, uno poi è scagionato. Fra loro il capitano, 57 anni, e il primo ufficiale, 37 – “un marinaio capace, purtroppo”. Non avevamo partecipato al massacro, ma non l’avevano impedito. Furono condannati a 30 anni, i marinai a 20, e uno assolto. Dopo 10 anni il capitano morì in prigione. Dopo di allora l’equipaggio diventò tutto indiano, e la nave cambiò nome, Eagle. 

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Dopo la pensione, Vladimir aveva trovato un lavoro, sempre marittimo, che gli permetteva di arrotondare. Da capitano era arrivato a prendere 10 mila grivne, di pensione 4.500. Il lavoro supplementare, per 5 giorni alla settimana, raddoppiava la pensione, e c’era il pasto diurno gratis. Ora l’azienda ha chiuso, come gran parte delle attività, riceve ancora 1.500 grivne. Però ha la casa, e un gatto. (Un euro oggi vale 43 grivne). 
Ieri ho visitato un vecchio ospedale di Odessa – ha un’ala nuova. Di fronte all’ingresso c’è un edificio solenne e malmesso nel quale lavorarono gli allievi di Pasteur. Ieri era una giornata particolarmente fredda, per il vento, ma di sole. E’ bello che l’ospedale si trovi nella parte alta della città, e finisca in un dirupo affacciato sul porto industriale e sul mare. In un giorno di vento così la vista arriva lontano. Il mare è mosso, blu e bianco, nonostante il suo nome.

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