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Odessa, perla dell’umanità, diventa patrimonio Unesco in pericolo

Adriano Sofri

Se non avesse accolto la città nel suo Patrimonio, l’organizzazione delle Nazioni unite avrebbe rinunciato a una delle sue perle più preziose

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Odessa, dal nostro inviato. Mentre scrivo, pomeriggio di mercoledì, l’Unesco ha appena votato l’iscrizione di Odessa alla Lista del Patrimonio mondiale in pericolo. Si è svolta a Parigi, per due giorni, 24 e 25 gennaio, la 18esima sessione straordinaria del Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco, al cui ordine del giorno era iscritta la candidatura di Odessa (la città era nella lista provvisoria del Patrimonio fin dal 200). 9Lo scorso ottobre il presidente Zelensky aveva caldeggiato la richiesta intervenendo in video alla riunione parigina del board esecutivo dell’Unesco. “Date le minacce quotidiane di attacchi russi, dobbiamo fornire un chiaro segnale che il mondo non chiuderà un occhio sulla distruzione della nostra storia comune, della nostra cultura comune, del nostro patrimonio comune. Passaggio fondamentale dovrebbe essere la conservazione del centro storico di Odessa, una bellissima città, un importante porto del Mar Nero e un’importante fonte di cultura per milioni di persone in diversi paesi”.

 

Zelensky si era augurato l’esclusione dall’Unesco dello “stato terrorista” russo: il quale tuttavia fa parte, con altri 20 stati, del suo Comitato mondiale, oltre che delle Nazioni Unite e del loro Consiglio di sicurezza. D’altra parte, la sessione dell’Unesco fissata nel giugno 2022 a Kazan’, nel Tatarstan russo, era stata rinviata sine die, in un chiaro atto di solidarietà con l’Ucraina aggredita. Direttrice generale dell’Unesco è, dal 2017 e con la rielezione nel 2021, Audrey Azoulay, francese di genitori ebrei marocchini, già ministra della Cultura nel governo Valls. Azoulay aveva ringraziato per la fiducia mostrata nella capacità di protezione dell’Unesco, e descritto Odessa come “un crogiolo di scambi e migrazioni che ne hanno fatto un simbolo potente”.

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Come si vede, era Odessa, e la “conservazione del suo centro storico”, al centro delle attese, che avevano ricevuto il sostegno del ministero italiano della Cultura retto da Dario Franceschini, e la rilevante collaborazione al dossier preparatorio di esperti italiani. 

 

Poi però le cose si sono maledettamente complicate, come si deduce dalla “lettera aperta” indirizzata al Comitato nel giorno di apertura della sessione speciale, martedì, e firmata dal ministro della Cultura ucraino, O. Tkacenko, dal sindaco di Odessa, H. Trukhanov, e dall’ambasciatore ucraino presso l’Unesco, V. Omelchenko. La lettera ricorda che la richiesta è stata preparata in tempi stretti, a causa dell’urgenza minacciosa della guerra. Poi passa a una veemente protesta contro l’Icomos, il Consiglio internazionale per i monumenti e i siti, il quale verifica per l’Unesco le nomine al Patrimonio e cura la conservazione. In data 11 gennaio, “l’Icomos ha politicizzato il dossier ucraino includendo nella descrizione del bene informazioni sulla fondazione di Odessa per ‘decisione strategica dell’imperatrice Caterina II’” (Odesa, sia ripetuto di passaggio, è la grafia ucraina per la più diffusa Odessa). I firmatari, che si dicono sorpresi, scrivono, in uno stile a sua volta decisamente sorprendente in una sede e su un tema simile: “Non possiamo tollerare la presenza di narrazioni apertamente filorusse nel documento preparato dal Centro del patrimonio mondiale sulla candidatura ucraina, che contraddicono le argomentazioni del dossier originale ucraino”. Per “narrazione filorussa”, come i nostri lettori ormai sanno, si intende quella secondo cui “la città fosse stata fondata con un decreto dell’imperatrice Caterina II nel 1794”. Semplicemente, si tratta della narrazione fattuale e universalmente accolta, e che del resto fa gran spazio, fra i fondatori della città, al “napoletano” José de Ribas. Per respingerla, con un’intenzione certo patriottica ma altrettanto certamente fuori mira, la lettera ricorre a due argomenti. Il primo, che “il continuo sviluppo di Odesa come città portuale risale al XV secolo. Da allora fino al XVIII secolo era conosciuta come Khadzhibey, con una fortezza e un porto”. Ad affrontarla così, i firmatari avrebbero potuto spostare indietro di qualche altro secolo l’origine della città: non c’è metro quadro di Mediterraneo che non sia prodigo di antenati e dimore a qualunque causa. All’isola dei Serpenti, scavando un po’, si trova la tomba di Achille (per non dire dell’archeologia d’Israele, comprese le ultime notizie).

 

Ma l’argomento principale cui la lettera si appiglia somiglia a un gioco di parole: più esattamente, al peso assegnato alla parola “porto”. Zelensky aveva parlato della “conservazione del centro storico”, ricordando i requisiti più illustri e proverbiali, “una bellissima città, un importante porto del Mar Nero e un’importante fonte di cultura per milioni di persone in diversi paesi”. Nella lettera è il “porto” a diventare il soggetto della pratica. “Grazie al porto, la città è diventata un fenomeno di diversità culturale e di dialogo interculturale”. E siccome i consulenti dell’Unesco hanno “raccomandato di cambiare il nome dell’oggetto e di escludere il riferimento al porto”, i firmatari lo dichiarano “inaccettabile. Dopo tutto, sono proprio il porto e le aree portuali della città a essere attualmente presi di mira dall’aggressore”. E aggiungono: “La propaganda di Putin ha utilizzato il mito della ‘fondazione di Odesa da parte dell’imperatrice’, apparso nel XIX secolo, come una delle ragioni delle rivendicazioni territoriali della Russia sulle città ucraine e dell’inizio dell’aggressione armata”. 

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A chi ama con tutto il cuore Odessa, con due o una esse, e sta con tutto il cuore dalla parte dell’Ucraina aggredita e martoriata, piange il cuore a veder regalata a Putin e alla sua propaganda tanta storia e tanta lingua poetica e quotidiana. Il 28 dicembre è stata smantellata e immagazzinata alla meglio la statua di Caterina II e dei “fondatori di Odessa” dalla famosa piazza. La maggioranza degli odessiti non l’avrebbe voluto, eppure non sarebbe facile trovare fra loro dei devoti alla zarina: amavano la piazza. Si legge ancora nella lettera delle autorità ucraine: “L’Unesco non dovrebbe lasciarsi usare per scopi politici... Chiediamo agli stati membri del Comitato del patrimonio mondiale di non permettere che questa autorevole istituzione venga usata per manipolazioni politiche e per coprire l’aggressione russa contro l’Ucraina… Insistiamo per un approccio imparziale…”.
E’ finita come doveva. Se non avesse accolto Odessa nel suo Patrimonio, l’Unesco avrebbe rinunciato a una delle sue perle più preziose. L’Unesco, e l’umanità nel cui nome ha l’orgoglio di parlare. L’intera umanità.

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