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Primafila

Creatività e artigianalità: il nuovo paradigma del saper fare secondo Gucci

Marco Bizzarri

Sono le qualità fondamentali per l'innovazione. Ma ora è necessario che cambi l’approccio culturale della società nei confronti dei mestieri, perché ogni persona coinvolta nella produzione ha fatto la differenza. Il comparto moda sta facendo la sua parte

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La distanza tra il mondo delle sfilate e Rubiera, il piccolo centro sulla via Emilia dove sono nato, è all’incirca quella tra la Luna e la Terra. Eppure, creatività e innovazione sono sempre state intorno a me: semplicemente, me ne sarei reso conto più tardi. Guardando indietro, però, gli indizi erano ovunque. “I cappelletti di Maria Pia”: li chiamavano tutti così. Da bambino, quando guardavo mia madre che faceva l’impasto, preparava il ripieno, stendeva la pasta seguendo sempre lo stesso rituale, le sue mani mi affascinavano per l’efficienza e la precisione dei movimenti. Non sapevo che quella ricetta era antica, tramandata attraverso i secoli e le generazioni, senza spazio (nella nostra famiglia) per aggiungere o togliere qualcosa. E tutto – ma proprio tutto – è fatto a mano.

Quella dei motori è un’altra passione nella mia terra che in questo non ha rivali: Ferrari, Maserati, Lamborghini. Modena, Bologna. Il sogno della velocità e della bellezza, nato quando il motore era alta tecnologia, l’aerodinamica quasi fantascienza. Con la passione per la gastronomia dalle mie parti si nasce, è come la passione per i motori: un dato di fatto, nell’aria che respiriamo. Poi, nella vita, magari uno finisce a fare altro. Come dice il mio amico e compagno di scuola Massimo Bottura, però, tra i molti doni che abbiamo ricevuto da questa terra c’è il senso del bello e del buono. Che è, prima di tutto, un valore. Innovativo per sua stessa natura. Agile, flessibile. Concreto. Ecco, il fatto a mano riassume questo senso del bello e del buono.

Se dovessi riassumere in poche parole il motivo per il quale uno dei principi cardine della mia carriera di CEO, specialmente negli ultimi sette anni a Gucci, è quello del legame inestricabile tra creatività e artigianalità direi che sono inseparabili perché insieme – e soltanto insieme – possono portare innovazione. E la moda è – dovrebbe essere, almeno – innovazione, costante dialogo con il presente portando il passato (quello che vale la pena di essere tenuto con sé) nel cuore.

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Da Gucci abbiamo la nostra École de l'Amour, una scuola artigianale molto molto speciale della quale siamo tutti molto orgogliosi: artigiani specializzati tramandano un sapere antico all’interno del futuristico Gucci ArtLab di Scandicci. Il piano formativo è unico, con la Scuola dei Mestieri (semestrale, pensata per formare figure professionali con competenze sull’intero processo di progettazione e realizzazione di prodotto di pelletteria), la Scuola di Fabbrica (bimestrale, pensata per formare “operatori di produzione” della pelletteria) e l’Accademia Tecnica (programma interno continuativo di corsi tecnici). Accanto alla tradizione c’è lo sguardo rivolto verso le nuove competenze: penso al team dedicato che segue il mondo del gaming  e del metaverse, una start up all’interno dell’azienda, un altro team dedicato lavora su data science, artificial intelligence e machine learning, e stiamo pensando a un percorso comune con l’università di Modena per avvicinare i giovani al mondo dei dati e alle applicazioni che possono avere per le eccellenze del Made in Italy.

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Se guardiamo al sistema Paese, il PNRR è un’occasione che deve essere usata non solo per rispondere ad una crisi sanitaria ed economica ma per ridefinire le priorità del nostro Paese ed investire in modo strutturale sulle filiere strategiche. I Programmi che lo compongono devono essere accompagnati sui territori con iniziative di sostegno per renderli fruibili da tutte le aziende. Le istituzioni devono fare sistema cercando di mettersi nei panni degli imprenditori e degli artigiani e non solo guardando le competenze dei singoli enti.

È necessario rafforzare gli investimenti nella formazione: la tutela del “saper fare”, per tutta l’industria culturale e creativa italiana, gioca un ruolo di assoluto rilievo. Il piano governativo mirato alla promozione dei lavori artigianali e manifatturieri va rafforzato e potenziato. Penso a progetti di comunicazione nazionali per valorizzare questi lavori manuali presso i giovani e le loro famiglie (sono lavori bellissimi, di enorme soddisfazione che purtroppo all’estero godono di molto più prestigio che in Italia, un paradosso); programmi di aggiornamento per gli insegnanti; semplificazione dei percorsi di creazione degli ITS sul territorio; incentivazione delle forme di partenariato fra aziende e scuole professionali; supporto alle aziende che investono in progetti sul territorio per la formazione professionale e la creazione di Corporate Academy mirate alla tutela del “saper fare” artigiano.

Ma soprattutto è necessario che cambi l’approccio culturale della società nei confronti dei mestieri. Abbiamo insegnato ai ragazzi che i lavori manuali sono di seconda categoria. Dobbiamo sforzarci di far capire che tutte le cose belle che vengono prodotte sono tali perché ogni persona coinvolta nel processo produttivo ha fatto la differenza e che ogni persona è legata a doppio filo (mai più vero che nella moda) agli altri colleghi in qualsiasi parte del mondo stiano lavorando. È il loro lavoro che dà prestigio alle firme.

Il comparto moda sta facendo la sua parte. Oggi circa il 35 per cento delle aziende Altagamma ha creato Corporate Academy interne per formare i giovani e un altro 15 per cento ha un dialogo aperto con le strutture sul territorio. Le aziende stanno investendo su questo aspetto, ma continuano ad essere in difficoltà nel preservare il “saper fare” italiano e nel reperire sul mercato del lavoro maestranze con le competenze necessarie. È indispensabile incentivare le aziende che intraprendono questo percorso e valorizzare questi esempi a livello nazionale.

I nuovi processi digitalizzati delle aziende richiedono il rafforzamento delle competenze del personale aziendale negli ambiti del digitale. Le aziende dovranno in futuro investire molto di più su questi aspetti e dovrebbero essere incentivate ad attivare percorsi di rafforzamento e aggiornamento delle competenze e formazione continua del personale.

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È un processo che proprio per la sua complessità richiede grande attenzione, e proprio perché è così importante va affrontato subito, senza esitazioni. Aziende come Gucci, fianco a fianco con le istituzioni, possono realmente portare al cambiamento. Cambiamento autentico, non misure posticce destinate a scollarsi nel medio termine. La tutela dei più piccoli e dei giovani talenti è essenzialmente responsabilità dei più grandi: come scrisse Isaac Newton, “se sono riuscito a vedere così lontano è perché ho avuto la possibilità di salire sulle spalle dei giganti”.

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Concludo questo mio intervento con una proposta di metodo: la filiera della moda è lunga e articolata. I 100 miliardi di fatturato del 2019 sono il frutto del lavoro di oltre 60 mila imprese di cui il 90 per cento ha meno di quindici dipendenti. Ognuna di esse deve rincorrere programmi pubblici nazionali e regionali per cercare di cogliere tutte le opportunità che il PNRR, i fondi della coesione europea e i fondi nazionali e regionali mettono a loro disposizione. Quello che auspico è un unico punto di accesso, uno sportello unico per la moda che consenta anche al piccolo laboratorio artigianale di poter dialogare in modo semplice ed ordinato con la PA. Il Paese cresce se la crescita coinvolgerà tutti. In caso contrario si rischierà di far aumentare i divari fra territori e fra aziende.

*Marco Bizzarri è presidente e ceo di Gucci

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