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Medici disertori e aziende traditrici. Come nascono le fake news della pandemia

Luciano Capone

Da Napoli a Brescia. Giornalismo a colpi di pregiudizi

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Roma. Lo abbiamo visto chiaramente con la dichiarazione a dir poco infelice del presidente del Veneto Luca Zaia sui “topi vivi” mangiati dai cinesi: l’epidemia da coronavirus sta facendo emergere i nostri pregiudizi, verso gli altri, ma anche verso noi stessi. In questo clima bellico è proprio sulla base di due stereotipi consolidati, quello del dipendente statale meridionale assenteista e quello dell’imprenditore settentrionale avido, che da alcuni giornali è partito un infondato attacco ai supposti “disertori” e traditori.

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Roma. Lo abbiamo visto chiaramente con la dichiarazione a dir poco infelice del presidente del Veneto Luca Zaia sui “topi vivi” mangiati dai cinesi: l’epidemia da coronavirus sta facendo emergere i nostri pregiudizi, verso gli altri, ma anche verso noi stessi. In questo clima bellico è proprio sulla base di due stereotipi consolidati, quello del dipendente statale meridionale assenteista e quello dell’imprenditore settentrionale avido, che da alcuni giornali è partito un infondato attacco ai supposti “disertori” e traditori.

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Il primo caso riguarda i medici e gli operatori sanitari del Cardarelli di Napoli. Mercoledì il Fatto quotidiano titolava in prima pagina a caratteri cubitali: “Napoli, 249 dottori malati immaginari”. E poi: “Non solo eroi, ma anche disertori. Il direttore delle emergenze del Cardarelli: “Paura Covid: certificati medici fasulli per stare a casa”. La notizia si basava su uno sfogo scritto sui social da un medico del Cardarelli e, in fondo, era verosimile anche perché confermava certi pregiudizi sui servizi pubblici meridionali e, in particolare, sui napoletani: mentre al nord i medici “patrioti” lavorano con abnegazione, a Napoli ce n’è un numero abnorme che “diserta”, approfitta dell’epidemia per darsi malato con “certificati medici fasulli”. La prima pagina del Fatto ha scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica e provocato reazioni furiose da parte di alcuni esponenti delle istituzioni. Peccato che fosse falsa. Come ha poi specificato il direttore generale del Cardarelli, Giuseppe Luongo, i medici in malattia sono 33 e non 249 (tanto è vero, che in un tentativo posticcio di mettere le cose a posto, il Fatto quotidiano ha modificato la prima pagina sostituendo la parola “sanitari” a “dottori”, perché il dato dei 200 e passa si riferirebbe a tutte le figure professionali dell’ospedale napoletano). Dei 33 medici si sa per certo che “4 sono affetti da anni da gravi patologie e 4 sono risultati Covid positivi”. Inoltre il dato complessivo sarebbe degli assenti sarebbe nella norma. Se consideriamo che rispetto agli anni passati c’è un coronavirus in più (come dimostrano i 4 medici positivi), e che quindi anche chi ha sintomi leggeri assimilabili al Covid-19 deve stare a casa, allora è molto probabile che il tasso di presunto assenteismo ingiustificato (o diserzione) sia inferiore agli anni passati.

 

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L’altra notizia l’ha sparata Repubblica e riguarda un’azienda di Brescia, la Copan, che nel pieno dell’emergenza ha venduto mezzo milione di tamponi agli Stati Uniti: “La notizia appare sorprendente. Una ditta lombarda aveva a disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di tutto il nord ed invece è stata venduta oltre Oceano. Ci hanno battuto sul prezzo?”, scrive Repubblica. “I tamponi erano pronti a Brescia, nel cuore dell’epidemia, dove medici e infermieri lottano per bloccare il morbo prima che travolga Milano, dove ogni giorno migliaia di persone rischiano il contagio. Il nostro governo ne era informato?”. Anche qui è fioccata l’indignazione per una cosa che appare molto grave: mentre i suoi concittadini combattono e muoiono, l’avido imprenditore bresciano pensa ai danè e vende all’estero. Ma le cose non stanno così. Come ha spiegato l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, in Italia non mancano affatto i tamponi, ed è giusto che vengano esportati per aiutare gli altri paesi come noi importiamo mascherine. L’azienda ha precisato che loro sono in grado di lavorare 10 milioni di tamponi a settimana. Ciò che manca non sono i tamponi, ma la capacità di effettuare i test nei laboratori: per questo in Italia dall’inizio dell’emergenza ne sono stati fatti solo 200 mila.

 

Per fortuna la realtà smentisce due stereotipi, quello dello statale meridionale assenteista e dell’imprenditore avido del nord, ma purtroppo ne conferma un terzo: quello del giornalismo un po' cialtrone.

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