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San Valentino e altri amori che finiscono male

Giulia Ciarapica

Sette romanzi d’amore che parlano di tradimenti, truffe, infelicità e morte prematura (meglio se omicidio). A voi la scelta per il regalo perfetto

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“Mi guardai intorno e il mio sguardo corse al soffitto, dove era ritratto Sansone accecato dai Filistei, ai piedi di Dalila. In quell’istante il dipinto mi apparve come un simbolo, una parabola eterna della passione, della voluttà, dell’amore dell’uomo per la donna. 'Ognuno di noi in fondo è un Sansone', pensai 'e alla fine viene tradito, in un modo o nell’altro, dalla donna che ama, indossi ella una camicetta o una pelliccia di zibellino'”.

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Per aprire il capitolo “c’eravamo tanto amati San Valentino edition” quale migliore citazione se non quella tratta dal romanzo erotico “Venere in pelliccia” di Sacher-Masoch (che, tra l’altro, festeggia i 150 anni dalla pubblicazione), ricordato dai più per l’intensa e accurata descrizione della parafilia che fu tipica dello scrittore, tanto che poi il neurologo Richard von Krafft-Ebing la ribattezzò “masochismo”?

   

Ma, erotismo e millantato amore a parte, il motivo per il quale celebriamo San Valentino è un altro, e riguarda nello specifico una data: il 14 febbraio del 274 colui che poi diventò San Valentino, appunto, venne decapitato. Non sappiamo con certezza se fu lo stesso che nacque a Terni nel 176 e che fu difensore delle storie d’amore ma anche guaritore degli epilettici (ecco), oppure se si tratti di un altro martire cristiano. Fatto sta che il San Valentino morto il 14 febbraio fu colui che celebrò il matrimonio misto tra Serapia, di fede cristiana, e Sabino, legionario romano pagano. Il matrimonio non era consentito ma Valentino unì ugualmente i due coniugi che, mentre venivano benedetti, morirono. A seguire, il martirio del celebrante. Insomma, tutto è bene quel che finisce bene.

      

E quindi, forti del fatto che “l’amore vince su tutto” come disse qualcuno un po’ di anni fa, abbiamo recuperato sette romanzi che parlano d’amore, e nello specifico di: tradimenti, truffe, infelicità e morte prematura (meglio se omicidio). A voi la scelta per il regalo perfetto.

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“L’eredità di Eszter” di Sándor Márai

“Non so che cosa mi riservi ancora il Signore. Ma prima di morire voglio narrare la storia del giorno in cui Lajos venne per l’ultima volta a trovarmi e mi spogliò di tutti i miei beni”. Inizia così uno dei capolavori di Sándor Márai, “L’eredità di Eszter”, in cui si narra la storia di una donna che vive un’esistenza piana e senza scosse nell’inconsapevole attesa del ritorno di Lajos, il solo uomo che abbia mai amato e che, però, le ha anche rovinato la vita.

 

Lajos è il genio della menzogna, un consumato attore che ogni giorno si esibisce sul palco della vita e a cui Eszter non può fare a meno di guardare con trasporto. Si consuma tra una bugia e l’altra, tra un inganno pronunciato con disinvoltura e una verità gridata con eccessivo fervore – e che, proprio per questo, suonerà sempre finta, posticcia – la storia di due individui destinati a un’eterna infelicità, perché “gli amori infelici non finiscono mai”.

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Maestro della parola nonché impavido ricercatore delle debolezze umano, Márai offre sempre al lettore la prova della sua indiscussa, geniale modernità.

“Le lettere da Capri” di Mario Soldati

Vincitore del Premio Strega nel 1954, questo è forse il romanzo più complesso di Soldati, quello più sfaccettato, in cui il tema della coppia e del tradimento si intreccia a quello più problematico della duplice confessione (tipico elemento narrativo soldatiano).

   

Tra finzioni, gelosie e profonde ambiguità, ecco dispiegarsi la storia di Harry, giornalista e studioso d’arte americano residente in Italia, sposato con Jane, sua connazionale, a cui si sente legato non tanto per una questione d’amore quanto di stima e di reciproca fiducia. Ma poi c’è Dorothea, la popolana per cui Harry prova una fatale attrazione fisica, quasi al limite dell’illecito: è proprio da questa passione dilagante che nasce la morbosità dell’aitante americano per la giovane romana.

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Questa lunga complicazione sentimentale che si svolge tra Roma, Parigi, New York e soprattutto Capri, vedrà il susseguirsi di intrighi amorosi che niente hanno a che vedere con il sentimento, e che soprattutto fotograferanno l’unione matrimoniale nel suo momento più meschino, quello della reciproca menzogna – con finale, beffardo e tragico, a sorpresa.

“Adolphe” di Benjamin Constant

Ecco, l’Adolphe di Constant è uno di quei romanzi (pubblicato all’inizio dell’Ottocento, precisamente nel 1816) che, oltre ad essere sempre attuale e di grande modernità, è diventato l’emblema degli amori infelici.

 

Il giovanissimo protagonista Adolphe, una volta terminati gli studi, incontra Ellénore, affascinante amante del conte di P. e ben più grande di lui, che decide che conquistare per pura vanità, quasi come fosse una sfida, e non per un reale desiderio di amore. Se inizialmente Ellénore diffida di quel giovane così intraprendente, a mano a mano decide di lasciarsi andare e, alla fine, è pronta a sacrificargli qualsiasi cosa, figli, marito, denaro e perfino la reputazione. Ma a quel punto, scemato l’iniziale entusiasmo, Adolphe inizia a sentirsi prigioniero di quella relazione che proprio lui aveva voluto e prende così ad allontanarsi.

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Ecco quindi che, sprofondando nella disperazione più buia, Ellénore comincerà ad ammalarsi per colpa di quell’amore tanto infelice e meschino, che sente non essere più ricambiato sebbene Adolphe, altrettanto infelice e vittima del senso di colpa, le resterà accanto fino alla fine.

“Bruges la morta” di Georges Rodenbach

“Avendo vissuto dieci anni accanto a una donna sempre cara, non poteva disabituarsene; continuava a pensare all’assente e a cercare il suo volto in quello di altre”. Non c’è pace per gli amori infelici, come scrive Márai, ma non c’è neanche pace per chi ha avuto il privilegio di vivere il vero amore e poi la sfortuna di perderlo per sempre.

   

È il caso di Huges Viane, che dopo la morte prematura dell’amatissima, meravigliosa moglie Ofelia decide di trasferirsi, assieme ai cimeli della defunta, a Bruges, dove vive nel ricordo dell’amata. Esce di casa, a passeggio per la città, soltanto quando si fa buio, ed è in una di queste lunghe e solitarie passeggiate che incontra Jane Scott, una ragazza che sembra la copia esatta di sua moglie.

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Immediata, si riaccende la passione in un sempre più incredulo Huges, fin quando però, col passare del tempo, il protagonista non si rende conto che la donna possiede soltanto l’aspetto della perduta moglie: capricciosa, irrequieta, futile, amante del lusso e della ricchezza, Jane non somiglia in niente alla venerata Ofelia. L’insana relazione tra i due, che cresce nella sua spietatezza di pari passo con la tensione che si accumula nelle pagine, giungerà alla sua conclusione in modo quanto mai tragico e assolutamente inaspettato.

“Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk” di Nikolaj Leskov

Una perla semi-dimenticata, una chicca letteraria che gli amanti del genere apprezzeranno senza meno: “Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk” è uno dei più famosi racconti lunghi della letteratura russa, e narra la storia di un amore ineluttabile, di una passione drammatica, senza via di scampo. La giovane Katerina Izmajlova, moglie di un ricco mercante, per vincere la noia della cittadina in cui vive si innamora di un lavorante del marito, ricambiata.

  

L’origine della putredine del suddetto amore, però, che non nasce spontaneamente, risiede proprio nella sua causa scatenante, ossia la noia russa, come la definisce lo scrittore stesso (“di nuovo si sentirà invadere da quella noia russa, la noia delle case dei mercanti, che dicono faccia venir voglia di stringersi una corda intorno al collo”), la quale diventa in un batter d’occhio la molla per innescare una passione divorante e possessiva, oscura, da cui partirà anche il desiderio di Katerina per la sua libertà negata.

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La forza di questa storia risiede sicuramente nelle battute finali, dove il ghiaccio della prigione siberiana si sposerà perfettamente con la sete di vendetta di una donna preda del delirio.

“L’angelo azzurro” di Heinrich Mann

Forse qualcuno ricorderà l’omonimo film con Marlene Dietrich, che è diventato motivo di culto per una intera generazione; ma è dalla genialità della penna di Heinrich Mann che tutto prende avvio. “L’angelo azzurro” è la storia del professor Unrat (che, letteralmente, in tedesco significa “spazzatura”), temibile insegnante di un liceo tedesco e strenuo difensore dell’ordine costituito.

  

Ora, come quasi tutti coloro che cercano di attenersi senza sgarrare alle ferree regole della legge, anche Unrat non mancherà di cadere nella tentazione più temibile di tutte: perdere il controllo della situazione, con il conseguente completo distacco dai valori borghesi – a lui sì cari –, perdendo completamente la testa per una canzonettista incontrata in un locale infimo, “L’angelo azzurro”, per l’appunto.

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Inizia così la sua discesa negli inferi, la sua personale rivolta anarchica contro le convenzioni che dominano l’ambiente della piccola città di provincia in cui vive, e infine la sua distruzione personale, come uomo e, più in generale, come essere umano. Tutto per colpa della strepitosa, provocante Lola Lola.

“È stato così” di Natalia Ginzburg

“Gli ho detto: - Dimmi la verità, - e ha detto: - Quale verità, - e disegnava in fretta qualcosa nel suo taccuino e m’ha mostrato cos’era, era un treno lungo lungo con una grossa nuvola di fumo nero e lui che si sporgeva dal finestrino e salutava col fazzoletto. Gli ho sparato negli occhi”. Concludiamo questa carrellata di consigli di lettura amorosi con un capolavoro tutto italiano, a mio avviso di gran lunga superiore perfino a “Lessico famigliare”, che pure è una pietra miliare della letteratura italiana del Novecento.

 

In “È stato così” la Ginzburg dà il meglio di sé narrando lo sfiancante percorso di un amore disperato e geloso, una confessione dettata dalla dolorosa, sofferta e al contempo malinconica lucidità di una moglie che per anni ha sopportato la relazione extraconiugale del marito. La lancinante infelicità di cui è pervaso il romanzo racchiude l’essenza della storia stessa, raccontata con un linguaggio semplice eppure appassionato, carico di adrenalina ma mai stucchevole. Il dramma che si consuma fra le quattro mura di casa e diventa subito alta letteratura. Eccolo, l’amore, o quel che sia.

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