Il Borghese
Werner Sombart
Aracne, 470 pp., 36 euro
Werner Sombart (1863-1941) è stato uno storico e sociologo tedesco di fama mondiale.
La nuova edizione del testo di Sombart presenta una lunga ed esauriente analisi introduttiva di Trocini, che tenta in particolar modo di sviscerare le analogie e le differenze tra la metafisica marxiana e quella sombartiana. Malgrado le peculiarità del sistema sombartiano (lo “spiritualismo”, la visione anti meccanicistica della storia e la posizione anti tecnicistica), le due metafisiche presentano non pochi punti in comune. Fra questi, il più importante è l’ansia di spezzare l’incipiente fenomeno di alienazione dell’uomo da se stesso. Questo ci sembra il punto verso cui entrambi i sistemi convergono, seppur da percorsi (apparentemente) differenti: il meccanicismo dell’uno e l’organicismo dell’altro spingono nella stessa direzione. L’uomo non è più misura di tutte le cose, perché – come scrisse l’intellettuale ebreo Bin Gorion a fine Ottocento in un lavoro filosofico poco noto, ma riedito in Italia da Free Ebrei – è la “misura” a esser diventata misura di tutte le cose.
Che cosa intendiamo dire? Torniamo per un momento ai problemi della tecnica e della base “spirituale”. Sombart è destinato a diventare un classico dei prossimi decenni. La sua produzione contiene tutto ciò che oggi cerca il lettore medio interessato a costruirsi un’opinione (cioè una visione) del mondo globalizzato: presenta una filosofia della storia priva del determinismo marxiano; ammette l’esistenza di basi “biologiche” nella storia morale e intellettuale; fornisce un quadro cupo e preoccupante sull’uomo quale strumento della tecnica. Di fronte alla percezione della vittoria della misura (cioè dell’astrazione) sull’uomo (cioè della concretezza), di una prossimità spaziale e una continuità temporale ormai spazzate via per sempre, ecco che autori come il sociologo tedesco guadagnano e guadagneranno sempre più lettori.
IL BORGHESE
Werner Sombart
Aracne, 470 pp., 36 euro