Un uomo per tutte le utopie
di Paolo Gulisano, Ancora, 168 pp., 15 euro
Un uomo per tutte le stagioni” si intitolava il film che Fred Zinnemann dedicò a Tommaso Moro, e l’espressione gli è rimasta appiccicata. Ma è una formula infelice. All’origine sta infatti l’appellativo che all’amico aveva dato Erasmo da Rotterdam nel loro amato latino, Omnium horarum homo: un uomo per tutte le ore. Perché Tommaso non si negava mai a nessuno:
Nato nel cuore di Londra nel 1477 da un padre avvocato che si era duramente sudato gli studi, anche Tommaso si laureò in Legge, intraprese la carriera politica, e presto si scontrò con la durezza del potere: allorché Enrico VII chiese al Parlamento un aumento dell’appannaggio, il giovane deputato si oppose, ottenendo il voto contrario della Camera; il sovrano allora gli inflisse una multa pesantissima, fece arrestare suo padre e cominciarono a circolare voci inquietanti sulla sua incolumità. Invitato dagli amici a venire a più miti consigli, Moro rifiutò di piegarsi e si preparò a emigrare; ma per sua fortuna la situazione si risolse presto con la morte del re. Il successore, Enrico VIII, lo stimava: lo reintegrò in Parlamento e gli affidò incarichi via via più importanti, fino a nominarlo cancelliere del regno. Amico di Erasmo, stimato dagli umanisti di tutta Europa, amato dal popolo per la sua vita semplice e caritatevole, la stella di Tommaso è allo zenit. Ma, come tutti sanno, Enrico si innamora di Anna Bolena, chiede l’annullamento del matrimonio con Caterina, il Papa glielo rifiuta e lui fa approvare dal Parlamento l’Atto di supremazia che lo proclama capo della Chiesa d’Inghilterra. Anche stavolta Tommaso non si piega, e l’ira del re è implacabile: la testa del ribelle rotola sul patibolo.
Nel frattempo, Tommaso aveva scritto “Utopia”, vocabolo e libro destinati a una fortuna straordinaria. Ma anche qui, osserva Gulisano, il significato dell’opera è stato frequentemente distorto, facendone il capostipite della letteratura rivoluzionaria, una lettura che sarebbe culminata con l’erezione di una statua a Moro in una piazza della Mosca sovietica. Al contrario – è la tesi del libro – “Utopia” è ben radicata nelle tensioni e nelle contraddizioni del suo tempo. Un’epoca in cui la civiltà organica e comunitaria dei secoli medievali stava cedendo il passo a una società basata su un deciso individualismo, dove potere e ricchezza erano ormai assurti a nuovi dèi (non a caso il manifesto della nuova politica, “Il Principe” machiavelliano, compare giusto un anno dopo “Utopia”); è in questo quadro che Moro rilancia “quanto di meglio la civiltà medievale avesse proposto, rielaborandolo in una nuova versione adatta alla nuova civiltà del Rinascimento”: una società basata sull’equilibrio fra individuo e collettività e fra legge e virtù. Dove, dulcis in fundo, diverse religioni convivono pacificamente: “C’è qualcosa di commovente nel modo in cui Moro difende la libertà religiosa, il diritto di professare culti diversi, soprattutto alla luce del destino che lo aspettava”. Non a caso nel 2000 Giovanni Paolo II lo avrebbe proclamato santo patrono dei governanti e dei politici.
UN UOMO PER TUTTE LE UTOPIE
Paolo Gulisano
Ancora, 168 pp., 15 euro