Da Mozart a Beethoven
di Eric Rohmer, Mimesis, 202 pp., 18 euro
Il regista Jean Marie Maurice Schérer e il regista Eric Rohmer erano la stessa persona. Personaggio bizzarro e
Nel dotto testo, mitigato da una prosa giornalisticamente concisa, Rohmer applica la sua “teoria delle forme” alla musica, in particolare di Mozart e Beethoven. Le loro opere sono in grado di tradursi in forme, linee, direzioni, curve, colori, profondità. Ecco, è proprio nella profondità di Mozart e Beethoven la chiave di volta: è la loro musica, secondo il regista francese, ad aver aperto la strada a quello che, nel tempo, si è rivelato il felice matrimonio tra cinema e musica. “Il cinema”, scrive Rohmer, “non dirà qualcosa in più di ciò che il pittore più sensibile, più intelligente o inventivo possa dirci circa l’essere del mondo. Qualcosa che finora, solamente la musica era stata in grado di esprimere. L’arte del cinema, in fondo, è di farci scoprire questa melodia, questo canto segreto degli esseri e del mondo che la percezione ordinaria ci dissimula”. Compito del cinema è, dunque, far vedere la musica. Giunto a conclusione del suo studio, Rohmer può così affermare che la musica è “vera sorella” del cinema: “Ciò che le unisce non è il Tempo che, al contrario le allontana, ma l’Armonia o, se si preferisce, la loro comune musicalità”.
DA MOZART A BEETHOVEN
Eric Rohmer
Mimesis, 202 pp., 18 euro