La fogliata del sabato
Stéphane Charbonnier
Piemme, 135 pp., 12 euro
Ucciso da una fatwa, un editto di morte promulgato dai fondamentalisti islamici, Stéphane Charbonnier poco prima di morire aveva pubblicato queste “Fatwas de Charb”. Ode esilarante all’intolleranza della gente e della società. Quale migliore risposta alla fatwa intollerabile e reale contro di lui, che lo ha messo a tacere il 7 gennaio scorso, che prendere in giro tutto e niente con magnifica insolenza e autoproclamarsi “ayatollah”? Queste note hanno la stessa dolcezza, intelligenza e coraggio tranquillo che Charbonnier portava in un volto acerbo e che tutti oggi ricordano. Attraverso queste fatwe, Charb provoca con la derisione e l’autoironia. Una sorpresa iconoclasta che sfida ogni preconcetto. Con la categoria “presentatrici di calcio” è a dir poco perfido. “Quale mestiere potrebbe essere più degradante che mettersi a livello di un commentatore sportivo?”. Il migliore è l’ultimo capitolo, “A morte la paura dell’islam”. Charb parla di coloro che lo uccideranno: “Non sono niente, ma fanno paura. Sono una manciata, ma li si vede dappertutto. L’islam in Francia è lui: l’uomo dalla barba irsuta vestito da tubetto di dentifricio”. Chiedeva di non avere paura, Charb: “La nostra paura è complice di questi bastardi”. Charb demolisce i fanatici islamici nella loro comicità, loro che non volevano mai ridere: “Tarati dalla barba lunga che nella lingua del Profeta sputacchiano che bisogna sgozzare gli ebrei”. E ancora: “Se i sorci prendono d’assalto l’elefantiaca Repubblica e quest’ultima fugge chiamando la mamma, avremo perso. La laicità ha il culo abbastanza grosso per sedersi su questi parassiti e sterminarli”. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
Francesca Marzia Esposito
Baldini&Castoldi, 280 pp., 14 euro
Luce ha paura di tutto, degli uomini come della strada, di rimanere sola come di stare con gli altri. Nonostante questo, però, passa le giornate in solitudine, vivendo sul divano: “Il divano è perfetto, perché è equidistante da tutto il resto della casa dal momento che il letto è troppo a nord e la cucina è a sud”. Beve tè al limone, mangia fette biscottate con miele e marmellata e nel frattempo guarda ininterrottamente il Canale 32. Non ha scelta, perché è l’unico che prende la sua tv, un canale monotematico e senza tempo, interamente dedicato alle televendite e capace di ipnotizzarla con quella telecamera che va avanti e indietro a mostrare anelli e bracciali d’oro, mentre nel frattempo il sottopancia manda il numero da chiamare. Quel canale si limita a guardarlo (o è lui che la guarda?), non certo a capirlo, e la loro è una gara “a chi non si muove prima”. Quando è sfinita e non ne può più, fissa ‘l’Africa’, la macchia di muffa sul muro che è proprio dietro la tv, “una crosta di istanti eterni sulla parete”, ed è lì che il suo perdersi diventa quasi incontrollabile. Pensa che non ha un lavoro e che non può contare neanche sull’appartamento 51 sfitto da tempo, fino a quel momento la sua unica entrata. Vuole vivere così perché a casa le bollette e la spesa sono poca roba, tanto che il suo mantra è “a non fare si spende poco, a non essere si spende pochissimo o moltissimo”. Ma dipende. Guarda le televendite e mangia; mangia e guarda le televendite. Fissa il televisore, poi la macchia per poi tornare al televisore. Così, tutto il giorno, tutti i giorni. Si assenta e si perde nei suoi pensieri mentre intorno a lei le giornate si susseguono tutte uguali e senza che se ne accorga. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
Peter McPhee
Il Saggiatore, 356 pp., 26 euro
Poche figure come quella di Maximilien Robespierre – avverte nell’introduzione Peter McPhee, storico australiano con simpatie marxiste – hanno suscitato sentimenti e giudizi radicalmente polarizzati: eroe della giustizia per alcuni, archetipo degli orrori totalitari per altri. Le innumerevoli biografie sono spesso basate su pregiudizi ideologici, che chiedono ai relativamente scarsi documenti disponibili conferma di tesi preconcette. McPhee si propone un tentativo diverso: provare a capire, appoggiandosi il più possibile alle fonti, che cosa succede nella testa e nell’animo di un uomo che da una remota cittadina di provincia è stato catapultato al centro di eventi capitali della storia dell’umanità. E dedica così ampio spazio all’infanzia e alla gioventù di Maximilien, all’ambiente familiare, culturale e sociale in cui è cresciuto, tentando di scoprire quale immagine della vita potesse averne assorbito. Lo segue a Parigi, dove i corsi del giovane studente sono imperniati sull’antichità classica, e si appassiona a Cicerone e alla sua lettura in bianco e nero della congiura di Catilina, di qua le virtù repubblicane, di là le congiure di aristocratici depravati. E’ a Parigi che incontra Jean-Jacques Rousseau, forse di persona, certamente sui libri, nell’idea della bontà originaria del popolo, che vuole sempre il bene ma non sempre capisce quale sia, e ha bisogno di una guida che gli mostri il suo vero volere. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
BUCHI NELLA SABBIA – di Marco Malvaldi, Sellerio, 243 pp., 14 euro
I NAZISTI DELLA PORTA ACCANTO – di Eric Lichtblau, Bollati Boringhieri, 315 pp., 23 euro
UN’IPOTESI DI VIOLENZA – di Dror A. Mishani, Guanda, 299 pp., 18,50 euro
CONGO INC. IL TESTAMENTO DI BISMARCK – di In Koli Jean Bofane, 66th and 2nd, 288 pp., 17 euro