Un "santino" per i magistrati della corrente dei "passionisti"
A questi pubblici funzionari fedeli alle proprie idee forse farebbe comodo riprendere il libro “Rapporti tra Pubblico ministero, polizia giudiziaria e difensore nelle indagini preliminari” del magistrato Adelchi D’Ippolito, ora sostituto alla procura di Venezia, scritto con Roberto Pisaniello e pubblicato da Giuffré nel 2013. L’autore, già in forza come pubblico ministero della procura di Roma e già vicecapo dell’Ufficio legislativo del ministero dell’Economia e Finanze con Giulio Tremonti, spiega molto bene che il Codice di procedura penale assegna al pubblico ministero il ruolo di direzione (e di responsabilità) dell’indagine. Ecco un passaggio così come riportato in un articolo dello Specchio economico (qui il pdf).
“Il pubblico ministero bravo non è testardo, non si accanisce, valuta le decisioni alla luce delle indagini, è capace di lasciare una pista non sostenuta dai risultati investigativi; deve confrontare la propria ipotesi investigativa con le risultanze; se esse non la confermano ed anzi la smentiscono deve sapere fare un passo indietro”.
Qualunque funzionario di Giustizia si sentisse a rischio "passionismo" può scaricare il memento di D'Ippolito, l'immagine a sinistra, per tenerlo a portata di mano (in automobile, sul frigorifero, in bagno o sul telefonino) e rileggerlo ogni volta sentisse la pulsione a esercitare una missione anziché una professione come dovrebbe. La preghiera del bravo magistrato.