Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante la visita alla città di Bucha (Ansa)

Un Foglio internazionale 

Guerra in Ucraina. “Dal punto di vista di Mosca, siamo in ginocchio davanti a lei” 

Il territorio che spetta alla Russia è un desiderio che non può spegnersi e cambia costantemente, spiega il ricercatore Peter Pomerantsev

Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere a cura di Giulio Meotti


 

Peter Pomerantsev è nato a Kyiv ed è diventato cittadino britannico. Ricercatore presso l’università Johns Hopkins, è l’autore di due libri di riferimento sul tema, tra cui “Rien n’est vrai tout est possibile. Aventures dans la Russie d’aujourd’hui”.

Cos’ha provato, lei che è nato a Kyiv, quando è scoppiata la guerra in Ucraina?

Un senso di impotenza e un senso di colpa, come molti amici ucraini che, quando è scoppiata la guerra, si sono arruolati nell’esercito. Ho appena ricevuto una foto di uno di loro, giornalista in una rivista molto hipster: ha imbracciato le armi. Lo stesso ha fatto un sociologo con cui lavoro spesso. Entrambi sono consapevoli di non essere dei bravi soldati, ma vogliono rendersi utili. Anche io cerco di esserlo, portando avanti le mie ricerche sulle condizioni di vita in Russia, parlando ai media indipendenti e a dei potenziali donatori. E poi lavoro sui crimini di guerra commessi in Ucraina all’interno di “The Reckoning Project Ukraine: Evidence and Testimony from Ukraine”, un progetto diretto dalla mia collega Janine di Giovanni con l’ambizione di ottenere giustizia davanti ai tribunali, ma anche di informare l’opinione pubblica.

 

Un mese prima dell’invasione, lei ha scritto in un articolo sul Time che la politica estera di Mosca non si riduce a degli interessi razionali ma è legata anche all’“intimità delle dinamiche familiari”. Cosa significa?

Facevo riferimento al modo in cui la Russia parla all’Ucraina, come un fratello maggiore al fratello minore. Kyiv viene deificata come “madre delle città russe”, poi relegata al rango di prostituta venduta all’occidente, o vittima di uno stupro “indispensabile” (da parte della Russia, ndr). È un linguaggio intriso di riferimenti familiari – in una famiglia molto infelice. La più infelice che ci sia! Ci si può allora spingere più lontano, studiando la definizione data della sfera d’influenza russa, che non si riferisce a degli interessi nazionali razionali, ma esprime l’accumulazione delle frustrazioni e delle umiliazioni. Il territorio che meriterebbe la Russia cambia costantemente: un giorno è l’Ucraina neutra; il giorno dopo è la totalità dello spazio russofono. E’ un desiderio fluttuante, che non può spegnersi. La Russia è come un figlio che non capisce bene i suoi limiti.

 

Prima dell’invasione, gli Stati Uniti avevano lanciato una campagna preventiva di rivelazioni e di denuncia delle intenzioni russe…

Tutti parlavano di rivoluzione, ma da allora non succede più nulla. Gli americani hanno fatto una cosa curiosa. Hanno lanciato una campagna di sanzioni, senza accompagnarla con una campagna di informazione in Russia. Ciò ha permesso a Putin di influire sulla percezione di queste sanzioni nel suo paese, il che è surreale. Il video di Arnold Schwarzenegger che si rivolge ai russi, lo scorso marzo, per dirgli “la verità sulla guerra in Ucraina”, ha avuto successo, ma questo genere di sforzi dovrebbe essere costante! «E’ una mancanza di professionalità quando tutto è una questione di percezione.

 

Quale dovrebbe essere l’obiettivo da raggiungere, secondo lei, in questo conflitto?

Che la Russia smetta di essere una minaccia per l’Ucraina e gli altri suoi vicini, sapendo che anche la Georgia e la Moldavia sono in parte annesse. Ma anche che smetta di costituire una minaccia per l’Europa. Abbiamo accettato di essere dominati dalla paura di un embargo sul petrolio e sul gas. Dal punto di vista di Mosca, siamo in ginocchio, le stiamo baciando i piedi. Impotenti in questa relazione abusiva. Prendiamo la questione alimentare. La Russia si comporta come un bambino pazzo con i giocattoli nucleari, che fa una crisi e dice: “Nessuno mangerà!”. La questione è dunque: come ridurre questa minaccia per tutti. Sul campo, l’Ucraina deve vincere la guerra. Ci saranno certamente delle negoziazioni, ma queste ultime devono svolgersi quando Kyiv sarà in posizione di forza. Molte persone intelligenti a Washington e altrove pensano che i trattati di pace riposino sulla bellezza e sull’estetica, che questi documenti debbano rendere tutti felici. E’ falso. Derivano da una situazione in cui ognuna delle parti prende coscienza di essere andata il più lontano possibile. Non sono le belle parole scritte da alcuni think tank, è una battaglia. E’ quando si è vicini alla morte che si trova un accordo.

Di più su questi argomenti: