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Un Foglio internazionale

Il caos secondo Putin

Figlio della fase morente dell’Urss, quando “il paese non esisteva più”, il presidente russo ha una strategia precisa per tornare agli antichi fasti

"Cosa vuole Vladimir Putin?”. Così inizia l’articolo dell’analista portoghese Bruno Maçaes sulla rivista New Statesman. “E’ difficile rispondere a questa domanda perché sembra esserci poca logica nelle sue azioni frenetiche. Il presidente russo ha cercato di diversificare l’economia del paese per renderla meno dipendente dal settore dell’energia, per poi abbandonare il progetto considerandolo utopistico. Sotto la sua guida, la Russia ha invaso l’Ucraina nel 2014 ed è intervenuta in Siria nel 2015, lasciando le truppe russe senza via di uscita. Il suo lungo regno (…) doveva portare ordine e continuità, ma ora la sua successione incombe come una roulette russa mortale. Putin parla ripetutamente del caos, e sembra considerare se stesso una creatura del caos che ha avvolto la Russia dopo il crollo dell’Unione sovietica tre decenni fa. Oggi né la Russia né Putin si fanno illusioni sul mondo”. 
 
Maçaes era presente al summit di Valdai, un incontro privato tra intellettuali e funzionari russi, in cui il presidente ha detto che il suo paese ha sviluppato “l’immunità di gregge all’estremismo”, che gli consente di sopravvivere ai “cataclismi socio economici” che verranno. Putin ha aggiunto che quelli che si sentivano i vincitori della guerra fredda e “hanno pensato di essere saliti sul Monte Olimpo, si sono presto accorti che la terra stava cadendo sotto i loro piedi”. Secondo il presidente russo, l’occidente ora deve prepararsi a cambiamenti profondi nel sistema internazionale. 

Per Bruno Maçaes questo discorso rivela la vera identità di Putin, e contiene il motivo per cui “viene visto come il demiurgo maligno, il grande tiranno Yaltabaoth, il Figlio del Caos”. Per gran parte dell’occidente, Putin è il primo responsabile del ritorno al conflitto, alla confusione e al disordine globale. “Per quanto possa sembrare paradossale, Putin si considera nella stessa categoria di Gandhi. Entrambi hanno distrutto degli imperi. Così come Gandhi ha avuto un ruolo decisivo nella fine dell’impero britannico, Putin un giorno potrebbe guardare indietro e compiacersi del ruolo avuto nella fine dell’impero americano postbellico, e la riapertura dei cancelli della Storia. In pratica, la Cina potrebbe essere il principale beneficiario di questi sviluppi. Come ha detto il presidente russo a Valdai: “‘Stiamo osservando che alcuni paesi sono in ascesa pur avendo molti problemi irrisolti. Ricordano i vulcani in via di eruzione, come quello sull’isola spagnola, che sputano lava. Ma ci sono anche dei vulcani estinti, dove i fuochi si sono a lungo sopiti e si sente solo il canto degli uccelli’. La prima frase è un riferimento alla Cina, l’ultima all’Europa. Per quanto riguarda la Russia, potrebbe essere vista come un portale, un passaggio tra un mondo e l’altro”. 

Putin è maturato nella fase morente dell’Unione sovietica e in quegli anni, come ha detto lui stesso in un’intervista, ha avuto la sensazione che “il paese non esistesse più. Che fosse scomparso”. Il poeta russo Joseph Brodsky è stato solo l’ultimo di tanti intellettuali russi a parlare della connessione tra il caos e il potere, che si alimentano a vicenda. Il potere necessita della confusione come fonte di legittimità. Il caos continua a esistere dietro la maschera della civilizzazione e il ruolo del sovrano consiste nella gestione del caos, nell’imposizione dell’ordine. Questo è il ruolo che vuole giocare Putin: vede il caos come un pretesto per l’esercizio del potere. Molti cercano un grande disegno, o una visione del mondo, ma Putin preferisce qualcosa di molto più fluido e volatile. Per lui i tentativi dell’occidente di eliminare il solo pensiero del caos dalla vita politica non sono altro che una finta, un pensiero ingenuo e inottenibile.

Maçaes racconta che, nel 2019, ha chiesto allo stratega e consigliere di Putin, Sergey Karaganov, quale fosse il piano della Russia in Siria. Questa è stata la risposta di Karaganov: “Non vogliamo creare un paradiso terrestre. Non siamo americani. Le cose sono già come le vogliamo. 
La Siria offre sconfinate opportunità commerciali e ci dà un notevole potere negoziale sull’Iran e l’Arabia Saudita”. Il messaggio era che la Russia non sentisse alcun bisogno di creare un ordine politico permanente in Siria. Il Cremlino capisce che l’Unione europea è talmente riluttante a confrontarsi con il conflitto e l’instabilità, che l’unico modo sicuro per respingere le ingerenze europee nel vicinato russo è quello di creare conflitti, disordini politici e dispute al confine. 

Più l’Ue cerca di essere un’isola di stabilità in un mondo dominato dal caos, più diventa pericolosa la sua posizione. La crisi lungo il confine polacco è un buon esempio. Lukashenko ha creato artificialmente una crisi migratoria che vede come la vendetta per le sanzioni imposte dall’Ue. Intanto il caos cresce e dato che Putin appare l’unico in grado di fermare il flusso di migranti, i leader europei gli stanno chiedendo di intervenire in Bielorussia. La strategia di Putin, spiega Maçaes, comporta molti rischi e la vera domanda è se il presidente russo riuscirà a controllare le forze del caos o se verrà divorato dai suoi stessi demoni. “Quest’anno al vertice di Valdai Putin ha portato quattro spettri: la pandemia, la crisi climatica, la minaccia di guerra e l’immigrazione incontrollata – conclude Maçaes –. Il suo discorso era pieno di riferimenti a questi quattro cavalieri. Mentre entriamo in una nuova epoca del caos, Putin potrebbe sentirsi ricompensato. Lui è un agente del caos o solo il suo profeta? Alcuni leader preferiscono l’ordine, altri il caos. Putin crede che la natura preferisca il caos, e che quindi i secondi leader siano destinati a vincere. La Russia sarà un uomo malato, ma un uomo malato con una pistola è sempre pericoloso, e in un mondo in sommossa potremmo tutti ritrovarci malati. Questa è la Russia che Putin spera di lasciarsi dietro”.

 

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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