Foto di Maria Lysenko, via Unsplash 

Il figlio

Meglio una figlia adolescente o una cotta non corrisposta?

Annalena Benini

Ti affacci emozionata alla porta della sua stanza, cerchi di essere cool e sei un accollo. E resti lì, sbatti gli occhi, cerchi di fare una battuta, inciampi nel portaombrelli. Ma lei non alza nemmeno gli occhi dallo smartphone

Tina Fey ha detto che avere una figlia adolescente è identico a quando ti piace qualcuno al lavoro. Ti piace qualcuno a cui ovviamente non piaci. Ti affacci già imbarazzata alla porta della sua stanza e dici, sistemandoti i capelli: un gruppetto di noi va a mangiare qualcosa, ma immagino che sarai molto impegnato. E sorridi, non sai dove guardare. Te ne vai subito, ma poi ritorni e proponi un caffè con una risatina. Vuoi essere cool, ma sei già un accollo. Succede negli uffici e nelle vie del mondo quando ci si prende una cotta non corrisposta, ma succede a cena, nei giorni feriali, e a pranzo, nei giorni festivi, quando la figlia adolescente si trova in casa ma è infastidita dall’interruzione e dall’invasione dei suoi spazi con abitudini borghesi e antiquate come il pranzo e la cena seduti a tavola magari a parlare di qualcosa. Interrotta stupidamente da qualcuno che con un sorriso speranzoso la invita ad andare di là, dove la aspettano piatti e bicchieri colmi delle cose che più le piacciono: che seccatura. 

 

Secondo la descrizione di Tina Fey le adolescenti, così come il tizio o la tizia della crush lavorativa, alzano gli occhi dallo smartphone o dal computer e ci guardano interrogativi, a noi scemi entusiasti di un piatto di pasta. Per mettere a fuoco chi siamo e perché siamo lì, prima ancora di concentrarsi sui suoni poco interessanti che escono dalla nostra bocca. E noi restiamo lì, sbattiamo gli occhi, cerchiamo di fare una battuta, inciampiamo nel portaombrelli.

 

Sono costretta a dichiararmi non completamente d’accordo con questa interpretazione, perché nel mio caso, quando le parlo, l’adolescente non alza affatto gli occhi dallo smartphone, nemmeno per lanciarmi un’occhiata di disappunto, emette al massimo un suono che se sono di buonumore interpreto come un: sì mammina vengo subito a mangiare, se sono nel pessimismo cosmico invece traduco spontaneamente in un: vattene, sgorbio. Ma soprattutto vorrei dire a Tina Fey, che è senz’altro all’ascolto, quindi sto dichiarando anche la mia non totale lucidità sull’argomento, che non ho mai permesso a nessuno che mi piacesse di trattarmi come mi tratta mia figlia adolescente. Nel momento in cui qualcuno (che non ho partorito) emette il primo suono gutturale, o dice il primo: boh, o si dimentica chi sono, o guarda i miei capelli con un sorrisetto ambiguo, o mi chiede com’è possibile che nel 2022 io non abbia ancora imparato a chiudere le finestre dell’iPhone, la crush smette di essere crush, muore, anzi non inizia nemmeno, e “addio sgorbio” lo dico io. 

 

È una posizione morale: ho cose più importanti da fare che ricordarti, sgorbio, che esisto, e aggiungerei di nuovo: sgorbio. Non si può piacere a tutti, sgorbio. Bell’errore, sgorbio. E così via verso l’infinito e oltre, dove io e lo sgorbio non ci incontreremo mai grazie al cielo, a meno che lo sgorbio decida di buttarsi nel fuoco per andare a raccogliere un fazzoletto che mi è inavvertitamente caduto dalla tasca, ma non è detto che lui sopravviva né che a me poi vada di parlargli. 
Non so se sia un atteggiamento femminista, ma è sicuramente autoconservativo e per nulla  invadente. Tu sei uno sgorbio e sei libero di andare per il mondo in tutta la tua sgorbietà, purtroppo non mi ricordo come ti chiami ma forse ti chiami direttamente: sgorbio. 

 

Ma eccomi di nuovo un po’ tremante dietro la porta della stanza di mia figlia, a sistemarmi i capelli dietro le orecchie prima di chiederle che cosa le andrebbe di mangiare, eccomi a zuccherarle il caffè, eccomi a chiederle se ha un film o una serie da consigliarmi, e incoraggiata dalla sua risposta (che contiene un certo numero di “boh” ma anche qualche indicazione) eccomi purtroppo mentre le butto lì che potremmo addirittura andare al cinema stasera, danno quel film figo, potremmo spararci il sushi subito dopo (io lo odio il sushi, ma a lei piace) e resto in attesa.

 

Lei alza un sopracciglio e dice soltanto: boh, no. Poi torna alle sue occupazioni: come il bello della scuola, come Robert Redford ne La mia Africa, come Dio con l’iphone in mano. Allora le dico: ma infatti, non va neanche a me. Mi alzo, fingo di avere cose da fare. E lei allora sogghigna: ti sei offesa, ti offendi sempre sorè. E l’altro figlio dice: sì, la mamma è permalosa in un modo assurdo, che accollo. Allora urlo, quasi piangendo: non sono permalosa, siete voi che siete due bestie! E me ne vado forse per sempre, offesissima, permalosissima, rifiutatissima: sgorbissima. 

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.