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Il Figlio

Post festa mobile

Giacomo Giossi

Padri e figlie nella corsa campestre dell’esistenza. Maschi perduti ma salvati

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Il sottotitolo colpisce subito, e altri racconti postemingueiani. Colpisce, ma non stupisce il riferimento ad Ernest Hemingway perché è immediato e saldo il corpo a corpo che contraddistingue la scrittura di Antonio Franchini. Ma citare Papa significa spalancare un vivido immaginario di lotta, e infatti ecco Il vecchio lottatore.

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Il sottotitolo colpisce subito, e altri racconti postemingueiani. Colpisce, ma non stupisce il riferimento ad Ernest Hemingway perché è immediato e saldo il corpo a corpo che contraddistingue la scrittura di Antonio Franchini. Ma citare Papa significa spalancare un vivido immaginario di lotta, e infatti ecco Il vecchio lottatore.

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Franchini apre a un confronto con un immaginario fortissimo del Novecento dentro al quale il suo realismo materico vive al massimo stato di grazia. Esplicitando Hemingway, Antonio Franchini ci accompagna in un mondo diverso in cui l’immaginario che prende il sopravvento e diventa sostanza del reale. La sua bravura sta nel portare questo movimento nella contemporaneità, in un oggi in cui spesso Hemingway viene frainteso e inscatolato a dei rigidi e antiquati concetti. Ecco invece una inedita e intima festa mobile dentro alla quale tutto si rimescola. Hemingway è colui che al meglio rappresenta l’infantilismo bambinesco di un secolo e al tempo stesso la sua virilità perduta, fallita e disperata. Un gioco tragico che ha come protagonisti padri e figli in un continuo scambio di ruoli. Un’affannata rincorsa verso il nuovo secolo in cui maschi perduti giocano in una perenne infanzia di guerra e di lotta.

 

Le Leonardiadi, il primo di questa bellissima raccolta di racconti, descrive così proprio il continuo cambiamento di ruolo a cui è destinata una relazione padri figli, ma con una variazione, il figlio qui è una figlia. Il padre protagonista del racconto vive in trepidante attesa il taglio del traguardo della figlia alla sua prima competizione campestre. Mille pensieri nella mente del padre: la fatica, l’ambizione. E poi la voglia di vincere e quella di partecipare, che non sono mai la stessa cosa, ma che stanno sempre lì insieme, arrampicate sul medesimo precipizio. Contemporaneamente fa capolino l’orgoglio, già perché mentre la figlia sta dando tutto, il padre che fa? Lui sta fermo, già dall’altra parte del fiume. Non sta correndo e già si sente stanco. Dentro il padre si annida sempre più il pensiero di un’incapacità che solo ora davanti alle falcate della figlia ha la forza di rivelarsi in maniera così nitida. Il padre comprende di non essere mai stato in grado nella sua vita di dare per davvero tutto e si ritrova così in cerca della figlia e della sua protezione, in un ruolo inedito che lo stupisce, lo angoscia e infine lo consola.

 

Chi è la figlia? E chi è il padre? Difficile durante questa corsa che li vede avvicendarsi in continuazione, comprenderlo pienamente. Legati sentimentalmente eppure mai uniti per davvero. Slitta allora lo sguardo del narratore sui corpi dando loro forma e significato, raccontando con il movimento lo stato sentimentale di una relazione in profonda mutazione. Stare nelle descrizioni è una lezione di Ernest Hemingway ancora validissima. Sì, contano i personaggi e i luoghi, ma sono riferimenti più facili, perché è nelle descrizioni, in quei continui slittamenti dello sguardo che Franchini dà forma alla sua poetica: scoprire in ciò che appare inscalfibile la sua frattura e in ciò che sembra perduto la sua stessa salvezza. I padri e i figli di questi racconti si mischiano e solo infine si ritrovano come naufraghi a bordo di vere scialuppe di salvataggio esistenziale. L’avventura non è che il fondale di un’esistenza che solo se messa a rischio rivela la sua forma originaria.

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Difficile governare una relazione nella sua purezza, soprattutto quando ci si accorge di essere contemporaneamente sia padri che figli. Non esiste in sostanza un sentimento possibile senza l’epica della volontà anche se questa porta inevitabilmente a naufragare. Non conta, saranno comunque lidi nuovi. L’annebbiamento negli occhi di chi ha esaurito il fiato per essersi lanciato oltre il confine non è altro che la consapevolezza di un corpo in un movimento ritmico che si esaurisce e si rinnova in continuazione: dai padri ai figli. Alle figlie.

 

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