(foto LaPresse)

Il grande stop e come uscirne migliori. Cosa fare con le pmi

Daniele Bonecchi

Le analisi di Carlo Salvato di Bocconi. Diversi tipi di crisi, chi innova si salva. Come usare i fondi

Guardare avanti e cogliere tutte le opportunità. Per nulla facile, nel momento in cui amministrazione politica e imprese disputano sulla validità o meno del lockdown per le attività. Ma è questa, in sintesi, la scelta suggerita alle imprese da Carlo Salvato, professore ordinario presso il dipartimento di Management e Tecnologia della Bocconi. Suggerita in particolare a quelle che soffrono di più: le piccole e medie aziende del tessuto lombardo. La Lombardia infatti guida il treno Italia con 817 mila imprese attive e circa 4 milioni di addetti. Numeri (forniti dall’ufficio stampa della Camera di commercio di Milano) che ne fanno la prima regione, pesando il 16 per cento del sistema imprenditoriale italiano e il 24 per cento degli addetti delle imprese nazionali. Tra le province dopo Milano che è prima con 306 mila imprese e 2,2 milioni di addetti, vengono Brescia (con 105 mila imprese e 422 mila addetti) e Bergamo (con 85 mila imprese e 390 mila addetti), tra le prime anche in Italia. Il 99,9 per cento sono pmi e lo 0,1 per cento hanno oltre 250 dipendenti. 

 

Salvato è un esperto di situazioni complesse e di crisi. “Abbiamo fatto uno studio sulla fuoriuscita delle piccole aziende dalla crisi, dopo il terremoto de l’Aquila del 2009, e abbiamo verificato tre profili. Il primo riguardava chi soccombe ed è costretto a chiudere. Poi c’è chi mette in campo la resilienza, sa resistere e torna gradualmente alla “normalità”. Altri invece riescono a gestire la crescita post traumatica, ritrovandosi in una situazione migliore rispetto a quella precedente il dramma. Serve un atteggiamento mentale favorevole e azioni coraggiose per investire sull’innovazione, lo smartworking, sulla flessibilità della catena di fornitura, sulla digitalizzazione. Su questi interventi, spenti i fuochi dell’emergenza, i governi centrali e locali dovrebbero investire. Dunque non è solo una questione di cifre, ma di come vengono spese queste risorse”. Ma vediamo con ordine come affrontare questa emergenza sanitaria divenuta una catastrofe economica, a partire dalla Lombardia.

 

Partiamo dalla fotografia delle aziende in crisi. “Ci sono differenze molto rilevanti a seconda del settore in cui operano e del tipo di azienda”, spiega Salvato. “Ci sono settori che hanno cali pesanti, nella ristorazione parliamo del 75 per cento, invece altri ambiti stanno lavorando senza problemi perché non sono toccati dall’emergenza. In qualche caso gode di qualche vantaggio, ad esempio chi riceve forniture dalla Cina – che ora va verso la normalità coi prezzi in discesa – o chi si giova del calo inatteso delle materie prime, come il petrolio. Poi ci sono aziende che lavorano molto online che, contrariamente a chi gestisce negozi si strada, avendo investito molto in tecnologia digitale, ora si trova avvantaggiato. Difficoltà gravi nella logistica, soprattutto in Lombardia. Ma in ogni caso la preoccupazione cresce anche perché c’è il problema della tenuta dei clienti”. Milano città soffre. “Le attività della Milano post Expo sono in sofferenza, dall’accoglienza alla ristorazione, ma la crisi sanitaria non è finita e non riguarda solo l’Italia. Noi ne usciremo prima e i turisti torneranno in Italia a visitare le nostre città. Poi Milano ha investito anche sulle Olimpiadi 2026 e ci sarà una forte spinta”, rassicura Carlo Salvato. Ora però è il momento di mettere in sicurezza tante aziende e di dare qualche certezza ai lavoratori. “Dobbiamo distinguere gli interventi di carattere sociale, come quelli destinati alle persone che rischiano di perdere il posto di lavoro, e gli altri, quelli che riguardano la funzionalità aziendale, sono cose diverse. Al momento gli interventi delle istituzioni però non sono chiari. Perché c’è un danno immediato che l’impresa subisce, e riguarda soprattutto i dipendenti oltre che l’azienda. E qui valgono strumenti come la cassa integrazione, dove si potrebbe fare anche un po’ di sperimentazione. Il secondo livello d’intervento riguarda la tenuta dell’azienda, perché non tutte le realtà si rialzano allo stesso modo. Sono interventi per far tornare le aziende operative. Dalle imprese viene una richiesta per sostenere la cassa e il credito, i fidi assicurativi. Perché sono aziende che tra poco non avranno più fatture da presentare alle banche per ottenere un finanziamento, oppure avranno tante fatture insolute. E dunque c’è una esigenza di liquidità immediata: è una questione di vita o di morte. Ci sono diverse leve, quella fiscale, interventi per fornire garanzie al credito”, spiega Salvato. Ma bisogna guardare avanti, “e da tutte le catastrofi si può uscire con dei benefici”, spiega il professore della Bocconi. “Servono provvedimenti che consentano alle aziende di rimettersi in piedi, cambiando però, perché gli interventi a pioggia non sono efficaci. Concretamente: non ti do i soldi per imbiancare gli uffici ma per fare un salto in avanti, per informatizzare, per investire nell’industria 4.0. Certo questo riguarda le aziende più virtuose. E ora siamo in una fase ancora confusa, perché non è chiara l’evoluzione del virus. C’è molta gestione della quotidianità, però vedo in alcune aziende la volontà di cercare i benefici che emergono da una situazione drammatica. Dalle cose più semplice: come funziona bene lo smart working, chi si è attrezzato con strutture telematiche oggi è avvantaggiato e pensa di proseguire su questa strada. C’è chi si sta specializzando nelle vendite online e chi sta diversificando la logistica. Poi c’è chi, approfittando del calo degli impegni, ha aperto una riflessione sul futuro dell’azienda. Cosa assai difficile in tempi di ‘pace’. Poi c’è chi si sta attrezzando per partecipare alle gare per l’assegnazione di beni e servizi nella pubblica amministrazione. C’è spazio per fare strategia, oltre la quotidianità. Ci sono aziende che possono uscirne più forti”. Segnale chiaro al governo. Perché i 25 miliardi approntati per la crisi non finiscano nel ventilatore degli aiuti a pioggia.

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