Palazzo Bernasconi a Milano

Il palazzo del sarto

Mariarosaria Marchesano

Com’è andata che a Milano Palazzo Bernasconi è stato acquistato da un “club” di 18 grandi famiglie

La recente vendita di Palazzo Bernasconi, situato tra corso Venezia e via Palestro, ha risvegliato la memoria di quanti custodiscono gelosamente vecchi ricordi e legende metropolitane su uno degli edifici storici più belli di Milano, che per 15 anni è stato il quartier generale del sarto di origini siciliane Gianni Campagna, scomparso nel 2017. Campagna è stato un esponente di spicco della moda milanese e internazionale anche se proprio con quest’ambiente ha avuto sempre un rapporto contrastato, lui che amava ricordare di aver fatto lunga strada dal paesino di Roccalumera, dov’era nato da una famiglia di agricoltori, a Milano, città in cui è sbarcato i primi anni Sessanta.

 

Dopo la sua morte è stato necessario mettere in piedi una complessa operazione finanziaria per cercare un nuovo proprietario dell’immobile di quattro piani e 4.000 metri quadrati costruito nel 1910 proprio di fronte ai giardini di via Palestro e al museo di Scienze Naturali. Le cose a Palazzo Bernasconi non sono andate proprio come Campagna aveva progettato. La crisi si è fatta sentire, si sono accumulati i debiti e una porzione dell’immobile da lui acquistato nel 1998 per 30 miliardi delle vecchie lire con l’aiuto di un socio americano (personaggio che in questa storia ha poi assunto un ruolo di primo piano) si è trasformata in una “sofferenza” bancaria, a causa di un contratto di leasing non onorato. Ebbene, la Banca Popolare di Milano ha messo in vendita il credito deteriorato aprendo così la strada alla cessione dell’intero palazzo (la restante parte della proprietà è stata mesa in vendita dalla Campagna&C).

 

Questa volta, a comprare un pezzo storico di Milano non è stato il solito fondo estero ma una compagine molto più ‘domestica’ e articolata, che ha avuto la pazienza di aspettare che tutti gli altri aspiranti acquirenti (sono arrivate una trentina di offerte da tutto il mondo) si arrendessero di fronte a una trattativa resa complessa da ipoteche e contenziosi anche tra gli eredi e i soci di Campagna. Alla fine, l’operazione si è chiusa qualche settimana fa sotto la regìa dello studio legale internazionale Dentons e con l’aiuto di un esercito di consulenti: il prestigioso palazzo è andato a 18 famiglie benestanti milanesi, genovesi e torinesi (non manca qualche dinasty estera) riunite in una sorta di “club deal” promosso dalla società Merope. Quest’ultima si occupa di gestioni patrimoniali e fa capo a Pietro Croce (un passato da banchiere d’affari in Jp Morgan e Ubs) e vede tra i soci di minoranza John Elkann e Federico Imbert (numero uno di Credit Suisse in Italia). Da rumors di mercato, Merope ha sborsato una somma che oscilla tra 30 e 40 milioni di euro per portarsi a casa l’immobile che ha in mente di ristrutturare e di concedere in affitto a una grande griffe internazionale oppure – a seconda delle circostanze di mercato – di rivendere al migliore offerente, mettendo la plusvalenza nelle tasche delle famiglie che hanno investito nell'affare.

 

Palazzo Bernasconi è il luogo dove Gianni Campagna ha coltivato il sogno di diventare il nuovo “Giorgio Armani”. A credere in lui, ma le circostanze su come si siano davvero conosciuti sono tutt'ora misteriose, era stato un cliente americano che frequentava abitualmente la galleria di Milano, ricco ed eccentrico: Ricky Adams. Quest’ultimo è diventato miliardario negli anni Ottanta, quando, dalle ricostruzioni che si possono fare spulciando gli archivi, da ex agente dell’Intelligence statunitense si trasformò in “Internet pioneer”, un pioniere della Rete, avendo scoperto il modo di estenderne l’uso dal settore militare a quello civile. Fu grazie a un prestito di 40 milioni di dollari elargito da questo signore – la cifra è impressa nella mente di chi ha memoria storica della vicenda – che Gianni Campagna comprò Palazzo Bernasconi facendone la sede della Campagna&C, oltre che della sua galleria di moda che, si narra, fosse tappa obbligata soprattutto dei vip americani più in voga in quegli anni, da Sharon Stone a Jack Nicholson (ma il sarto siciliano anche in precedenza aveva vestito clienti importanti come Sophia Loren, Gianni Agnelli ed Enrico Cuccia, solo per fare qualche nome). Campagna ha avuto, insomma, un “silent partner” che gli ha fornito i mezzi per costruirsi il suo posto nel mondo della moda che, peraltro, non ha mai mancato di criticare. E‘ stato proprio Ricky Adams, diventato nel frattempo proprietario di larga maggioranza della Campagna&C, avendo negli anni continuato a rifonderci soldi, a dare mandato a Dentons di vendere Palazzo Bernasconi per tentare di recuperare il più possibile.

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